2017

2017: cantieri, buoni propositi e giochi d’azzardo. Ma prima i fondamentali

La fine dell’anno e l’inizio di un nuovo anno sono da sempre il momento dei bilanci e delle aspettative. La politica non è esente da questa pratica ed anche a sinistra si fatica a seguire l’insegnamento di Antonio Gramsci che 101 anni fa, scagliandosi contro la ripetitività dei buoni propositi del Capodanno, li descriveva come scadenze “che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo ed il preventivo per la nuova gestione“.

E così si parla di “cantieri“, come quello che porta l’ex sindaco di Milano, stando sulla forma più che sulla sostanza, a proporre la Presidente della Camera come possibile “sparring partner” del segretario del PD nelle prossime primarie per la scelta leader del centrosinistra (che ad oggi non esiste). Un’idea che sembra nata sul presupposto che con la vittoria del Si non ci fosse alternativa al progetto renziano di un PD di centro che si sceglie comodi alleati sulle proprie ali, a destra ed a sinistra. Un cantiere che ha ancora il calendario fermo al 3 dicembre e che ha chiuso il bilancio di fine anno prima di saldare le fatture dell’ultimo mese.

Un altro cantiere è quello che ha visto sciogliere, nel disinteresse generale, Sinistra Ecologia e Libertà per vedere nascere Sinistra Italiana. Un’altra sigla che sorge dall’alchimia dei gruppi parlamentari e che sembra ripetere tante storie già viste. Tanti auguri, sinceramente. Con il rammarico, da dirigente del PD, di non aver potuto dare un seguito all’idea di una coalizione di centrosinistra capace di includere tutti i progressisti in un programma di governo alternativo alla destra ed ai populismi.

L’inizio del nuovo anno porta anche buoni propositi, compresi quelli destinati a rimanere tali. In questo elenco ci sono i goffi tentativi del Ministro Poletti di apportare modifiche di facciata al Jobs Act per non arrivare al voto sui referendum proposti dalla CGIL. C’è la presunzione di Matteo Renzi di essere il motore di una nuova fase di mobilitazione del PD dopo 3 anni di totale disinteresse verso il Partito. C’è la proposta di Ministro Orlando di chiedere una censura ai social network per limitare la diffusione delle false notizie e la risposta, altrettanto preoccupante, di Beppe Grillo che vorrebbe una giuria popolare sulla stampa.

E poi ci sono i giochi d’azzardo.

Come la scelta di legare al destino di un leader quello di un Partito (al quale abbinare di conseguenza la vita del Governo e dell’attuale Parlamento) senza cambiare la rotta che ci ha portato contro gli scogli con il voto del 4 dicembre.

O come la roulette russa di chi pensa che i 13 milioni di Si al referendum costituzionale possano tradursi in un voto alle elezioni politiche, dimostrando la stessa incapacità di lettura del paese di chi ha condotto una campagna demagogica sullo stipendio di 200 senatori pensando in questo modo “di battere i populismi” e rimotivare con un solo colpo di spugna tutti i delusi della rottamazione.

No, io non credo in nuove (false) partenze, nei perenni cantieri o in manovre spericolate che vengono spacciate per operazioni coraggiose.

Io credo che ci servano i fondamentali. Quelli di un progetto che riparta da una lettura del mondo e che ci consenta di rispondere alle fante persone spaventate da ciò che c’è fuori dalla porta di casa.

L’immigrazione, il terrorismo, il timore che il proprio posto di lavoro si sposti dove chi lavora viene pagato meno, costruiscono un unico grande strato di paura al quale la destra di Trump, della Le Pen o di Salvini stanno dando delle risposte.

Lo scorso autunno ci siamo stupiti ed indignati nel vedere gli abitanti di un piccolo paese della provincia di Ferrara fare le barricate contro un gruppetto di donne migranti, ma una volta spenti i riflettori e messe al sicuro le ragazze respinte, abbiamo dimenticato che Gorino è rimasta dove era. Con le sue paure e le sue contraddizioni.

La sinistra europea balbetta e non affronta i nodi sociali di fondo che spaventano gli europei.

Abbiamo la necessità di essere, come oggi fanno tanti amministratori locali, di fianco alle aziende che chiudono perché la produzione si trasferisce ad est o ai ragazzi dei call center che scappano dall’Italia perché il loro studio valga qualcosa.

Scriviamo leggi che rispondano a queste paure e facciamo funzionare la Costituzione così come è stata scritta, senza vivere nella perenne retorica delle riforme.

Scriviamo con le parti sociali un serio programma per indirizzare su settori capaci di creare lavoro il credito messo in gioco  per il 2017 dalla BCE. Riprendiamo, dopo la triste parentesi del prolungamento automatico delle concessioni sulla ricerca degli idrocarburi, un programma energetico che scelga le energie più pulite e le renda compatibili con la cura del paesaggio. Insomma, di cose da fare ce ne sono tante e basta che chi le ha sempre fatte si unisca per trasformarle in un progetto politico, facendo conseguire i contenitori ai contenuti.

La storia non ricorderà chi ha cambiato le costituzioni, la storia ricorderà chi ha saputo cambiare in meglio la vita delle persone.

Che sia questo il miglior augurio per chi, anche nel 2017, pensa che lavorare per migliorare il mondo possa essere “una prova che può riempire degnamente una vita“.

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