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Attentato in Nuova Zelanda, la leadership forte e calma di Jacinda Ardern

La prima ministra della Nuova Zelanda Jacinda Ardern è stata messa duramente alla prova dall’attentato terroristico più grave della storia moderna del paese, che ha colpito due moschee di Christchurch. Cinquanta persone sono state uccise da un estremista di destra australiano, che aveva come punti di riferimento molti suprematisti bianchi, fra cui Luca Traini e Anders Breivik.

«Potrai averci scelto, ma noi ti rifiutiamo completamente e ti condanniamo» ha dichiarato, nel corso di una conferenza stampa convocata nelle ore immediatamente successive all’attentato. La mattina dopo, era a Christchurch con buona parte dei ministri del suo governo e dei leader dell’opposizione. Vestita di nero, con un velo orlato d’oro, ha confortato le persone colpite dalla tragedia, le ha consolate, le ha abbracciate, ha camminato mano nella mano con loro. Ha dimostrato una leadership forte e calma, piena di empatia, che ha tracciato la strada da seguire per il post-attentato.

«Il dibattito quotidiano in Nuova Zelanda non è stato pervaso dall’odio e dalla rabbia», dice la professoressa Jennifer Curtin, direttrice dell’Istituto di politiche pubblice dell’Università di Auckland, «ma dall’idea che possiamo farcela, possiamo guarire, possiamo superare questo momento».

Parlando in Parlamento, martedì, Ardern ha aperto il proprio discorso con il saluto arabo «As-Salaam-Alaikum», che la pace sia con voi. Si è poi rifiutata di pronunciare il nome dell’attentatore, così da non dargli il potere e la notorietà che tanto desiderava, preferendo pronunciare il nome delle vittime, esortando tutti a farlo. Domani tornerà a Christchurch, per l’inizio dei funerali e per rassicurare la comunità che quello che è successo non verrà mai dimenticato.

Intanto ha annunciato leggi per restringere l’accesso alle armi semi-automatiche, supporto economico e logistico per i costi dei funerali e visti accelerati per i parenti che stanno cercando di raggiungere la Nuova Zelanda per salutare i propri cari.

La leadership ferma e compassionevole di Jacinda Ardern si conferma femminista anche in questo, poiché rifiuta le muscolari e inutili modalità patriarcali. Ed è solida, al contrario di quella urlata, fragile e machista dei vari Donald Trump e altri leader autoritari della destra mondiale.

«Martin Luther King – commenta Suzanne Moore sul Guardiandiceva che i veri leader non cercano il consenso, ma lo plasmano. Ardern ha plasmato un consenso differente, dimostrando capacità di azione, affetto, unità. Il terrorismo vede le differenze e le vuole annullare. Ardern vede le differenze e vuole rispettarle, accoglierle, stabilirci un legame. Questa è un’agnostica che dimostra che l’amore smantella l’odio. Questa è leadership […]».

P.S. Mucad Ibrahim (3), Atta Elayyan (33), Daoud Nadi (71), Sayyad Milne (14), Naeem Rashid (50), Talha Rashid (21), Zeeshan Raza (38), Ghulam Husain, Karam Bibi, Haroon Mehmood (40), Syed Jahandad Ali, Syed Areeb Ahmed, Sohail Shadid, Farhaj Ahsan (30), Hosne Ahmed (44), Zakaria Bhuiyan, Mozammel Haque, Omar Faruk (36), Abdus Samad (66), Hafiz Musa Vali Patel (52), Khaled Mustafa, Hamza Mustafa (16), Linda Armstrong (65), Amjad Hamid (57), Matiullah Safi (55), Hussain al-Umari (35), Tariq Omar (24), Lilik Abdul Hamid (58), Maheboob Khokhar (65), Ramiz e Asif Vora, Ansi Alibava (24), Junaid Kara/Ismail, Mohammed Imran Khan (38), Ozair Kadir (25), Mounir Suleiman, Ashraf Morsi, Ahmad Gamaluddin Abdel Ghani, Ashraf al-Masri, Abdukadir Elmi (70), Musa Nur Awale (77), Abdul Fattah Qasem Ibrahim Qasem, Ali Mahmoud Abdullah Al Madani, Kamel Mohamad Kamel Darweesh… (in aggiornamento)

Foto: Jacinda Ardern (Christchurch City Council)

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