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Balzo dell’inflazione. Svolta per la politica dei tassi zero?

Balzo dell’inflazione in Germania a dicembre: + 1,7%. Una inversione di tendenza sui tassi di interesse?

I dati preliminari, resi noti dall’Ufficio di Statistica Federale, dicono che, nel mese di dicembre 2016, il tasso di inflazione tedesco è salito all’1,7% annuo, a fronte di un +0,7% a novembre.
Il risultato è l’indice dei prezzi più alto da luglio 2013, un dato superiore alle attese e determinato dai prezzi dell’energia e dell’alimentare.
Anche il dato relativo all’Eurozona è schizzato a +1,1%, contro +0,6% di novembre per effetto dei prezzi energetici (2,5%), dei servizi e degli alimentari (+1,2%) . ’inflazione core (che esclude energia e alimentare) è aumentata dello 0,9%.
L’aumento dei prodotti “oil & gas” fa crescere l’inflazione anche in Italia: +0,5% annuo.

Sembrano notizie secondarie, da relegare in fondo alle pagine economiche, ma in realtà rappresentano l’inizio di una svolta per la politica dei “tassi zero”. Di ciò si è visto un iniziale cambiamento nella riunione dell’8 dicembre 2016 nella quale la BCE ha mantenuto invariati i tassi zero sui prestiti alle banche, decidendo però di ridurre gli acquisti programmati da 80 miliardi al mese a 60 miliardi da aprile a dicembre 2017.
Con tale annuncio dando il via ad un aumento dei tassi specie sulle scadenze più lunghe dei titoli di Stato europei, il che è positivo per banche commerciali come italiane, che si indebitano a breve ed erogano prestiti a più lunga scadenza.

L’intesa del 30 novembre dei paesi OPEC, per ridurre le estrazioni, potrebbe far salire ancora i prezzi del greggio con l’effetto mediato di centrare l’obiettivo del 2% di inflazione nell’area euro finora non raggiunto con le immissioni di liquidità della BCE.
L’inflazione non sarà ben accolta dai consumatori e potrebbe frenare i consumi. Con la doppia negatività di una inflazione “cattiva”da petrolio e di una BCE costretta a ridurre gli stimoli monetari prima della ripresa dell’economia e dell’occupazione, gli obiettivi finali della politica di tassi bassi. Di buono resterebbe solo l’effetto di anticipo degli acquisti che si accompagna alla crescita dei prezzi.

Per quanto attiene alla reazione dei mercati, bisogna capire se questi dati saranno duraturi.
Secondo l’economista di Commerzbank, Marco Wagner, “è improbabile che l’aumento dei prezzi dell’energia dia in maniera durevole una spinta ai prezzi al consumo come quella di dicembre”. La lenta crescita e l’alta disoccupazione ridurranno l’inflazione di fondo, il che non farà cambiare la politica monetaria della BCE ancora convinta della debolezza di fondo dei prezzi al consumo nei prossimi mesi.

Qualcosa di più si saprà in primavera quando la BCE presenterà i dati del primo trimestre 2017, probabilmente concentrando la sua attenzione sull’inflazione “core”, più bassa di quella totale, per non far alzare troppo i tassi.
Il Presidente della BCE, Mario Draghi troverà certamente una rafforzata opposizione tedesca, preoccupata dall’elevato differenziale d’inflazione della Germania con gli altri Paesi euro, il che rende difficile una politica monetaria che soddisfi tutti.
Si sa quanto siano sensibili all’inflazione i tedeschi. Se a gennaio verrà confermato l’1,7%, ciò darà ai conservatori, come il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann più spazio per chiedere una fine anticipata del quantitative easing anche in funzione delle elezioni che si terranno in autunno in Germania.
Da anni i risparmiatori tedeschi soffrono per i tassi negativi dei “bund”; ora che l’inflazione si avvicina al 2% sarà facile per i partiti di opposizione criticare la cancelliera Angela Merkel che “non li difende dalla BCE”.
Pronte le dichiarazioni in tal senso: “Questo balzo dell’inflazione è un segnale affinché si esca dalla politica monetaria espansiva della Bce”, dice Clemens Fuest, responsabile dell’istituto economico IFO in una intervista al Frankfurter Allgemeine Zeitung, aggiungendo che, “se queste cifre saranno confermate per l’Eurozona nel suo complesso, la Bce dovrebbe concludere il suo programma di acquisto di titoli di Stato a marzo 2017”.
E si rafforzeranno le posizioni di chi, come David Folkerts-Landau, capo economista di Deutsche Bank, è convinto che, se non farà altre riforme, l’Italia dovrebbe uscire dall’euro.

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