Banca Valsabbina

Banca Valsabbina e MPS. Come cambia il mondo

La notizia è questa: una piccola banca popolare della provincia di Brescia, la Banca Valsabbina, ha siglato un accordo volto all’acquisto di sette filiali da un gruppo bancario in difficoltà, che venne nazionalizzato dal Governo austriaco prima dell’entrata in vigore della direttiva BRRD. Si tratta di sportelli in perdita localizzati a Bergamo, Brescia (2), Verona, Vicenza, Schio e Modena, con 33 addetti.
Una acquisizione che è figlia del nuovo contesto del sistema bancario italiano ed europeo: la Valsabbina riceverà, infatti, quasi 20 milioni dalla venditrice a titolo di contributo.
L’alternativa sarebbe stata la chiusura, come gli altri sportelli di Hypo – per anni presente nelle pubblicità con lo slogan di “prima banca austriaca in Italia” – che hanno cessato l’attività il 30 dicembre scorso, col licenziamento collettivo dei 104 dipendenti. Insomma, si è trattato di una operazione di salvataggio, di reciproco interesse.

Parliamo di questa piccola storia perché emblematica del cambiamento epocale intervenuto nel sistema bancario. Per raffrontarla con quella del Monte dei Paschi, che nove anni fa sotto la guida di Giuseppe Mussari, acquistò per 9 miliardi Banca Antonveneta per diventare la terza banca italiana e tentare anche la conquista del Nord Est.
Fu quello l’inizio della più grande crisi bancaria italiana: MPS, a novembre 2007, spese 9 milioni per ciascuno di quei mille sportelli, riconoscendo a “Santander” un “avviamento” che oggi appare incredibile.
Oggi, invece, la banca bresciana, riceve quasi 3 milioni come avviamento negativo per ognuna delle filiali rilevate.
Antonveneta, all’epoca, era una banca già deprezzata dalla morte del suo leader storico, Silvano Pontello e dai due cambi di proprietà succedutisi in poco più di due anni (ABN Amro nel settembre 2005, dopo la battaglia contro la Popolare Italiana, e Banco Santander per pochi mesi nel 2007, dopo l’OPA su ABN Amro).

Un cambiamento epocale frutto della rivoluzione avvenuta nel mondo del credito, dominato dalla concorrenza e dai servizi online. Un sistema sempre più in difficoltà a disegnare un “modello di business” per filiali e dipendenti, rispettando il taglio dei costi imposto:

dai coefficienti patrimoniali posti dalla Vigilanza BCE;
dalla crescita dei crediti “non performing”;
dai bassi tassi di interesse che non permettono di scaricare i costi operativi sullo “spread” tra raccolta e impieghi.

Altro aspetto di rilievo di questa operazione è rappresentato da una seconda operazione: la Valsabbina ha anche acquisito da Hypo una piccola parte dei propri crediti in Italia. Si tratta di un portafoglio di mutui ad andamento regolare, di 120 milioni di euro prevalentemente erogati nel Nord , ma con un rapporto tra debito residuo e valore delle garanzie inferiore al 40%. Una percentuale, questa, ampiamente in grado di garantire un recupero totale in caso di insolvenza del cliente. Anche questa acquisizione è significativa del cambiamento dei tempi.

La crisi in atto nel sistema bancario italiano porterà all’espulsione, nei prossimi anni, di diverse decine di migliaia gli addetti con l’attivazione del fondo esuberi, sempre che non sia necessario ricorrere a misure più drastiche, come quelle adottate da Hypo.
I primi segnali – dopo le chiusure di sportelli e razionalizzazioni già programmate – li vedremo già nelle prossime settimane, quando saranno presentati i nuovi piani industriali di Unicredit e del Monte, alle prese rispettivamente con un aumento di capitale di “mercato” per 13 miliardi ed una ricapitalizzazione mista “pubblico-privato”, fino a 8,8 miliardi, seguendo le norme del “burden sharing” (cioè con il coinvolgimento degli obbligazionisti subordinati).

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