Trump

Brexit, Trump e la nostra occasione persa

Molti analisti politici stanno paragonando i voti su Brexit ed elezioni americane a quello sul referendum italiano del 4 dicembre. In ultimo, il prestigioso Wall Street Journal che l’altro ieri, 16 novembre, titolava “Dopo Trump e Brexit, tutti gli occhi sono sul referendum costituzionale italiano – il voto del 4 dicembre è la prossima opportunità per gli elettori di una potenza economica per dare un bel calcio all’establishment”. Ecco io mi voglio interrogare su quanto siano sensati questi paragoni, ancor prima che sul realismo della previsioni catastrofiche legate ad un’eventuale vittoria del NO (che per chiarezza dico subito sarà il mio voto). La questione che mi pongo è: chi è l’antisistema in Italia in questo referendum? 5 Stelle e Lega Nord schierati con il NO bastano per liquidare la questione? Io non credo.

Qualche giorno fa un amico giornalista mi diceva convinto “Renzi è la risposta più convincente che le democrazie occidentali hanno trovato finora rispetto alle pulsioni antisistema”. Effettivamente Renzi è qualcosa di spurio, simile ma non sovrapponibile alle tendenze liberal del socialismo italiano degli 80 e alla terza via blairiana del decennio successivo, il tutto condito in una salsa cattolico-democratica che in Italia non si può dire sia stata storicamente estranea al potere politico e istituzionale. Di sicuro può essere simile a Cameron nell’aver investito tutto in un referendum con un coinvolgimento del capo dell’esecutivo in prima persona – e forse avrebbe dovuto trarre prudenti insegnamenti da quel voto -, ma difficilmente è paragonabile a Hillary Clinton, establishment democratico americano per eccellenza, che avrebbe fatto apparire la ditta di bersaniana memoria un manipoli di rivoluzionari. D’altra parte è stato indiscutibilmente “anti” nella sua ascesa prima alla guida del PD poi del paese, e lo ha confermato negli ultimi mesi impostando una campagna referendaria contro la vecchia politica, in maniera non dissimile da Trump alle prese con i tradizionali politici di Washington. A essere cattivi, si potrebbe dire che anche la vicenda delle bandiere UE sparite dalle inquadrature delle conferenze di Renzi siano un’idea di marketing politico più vicina a Farage che ai sostenitori del “remain”. Come vedete ogni paragone è estremamente forzato, dunque?

La mia risposta potrebbe essere deludente. Nel referendum italiano non ci sono sistema e antisistema. Ci sono due conservazioni. La prima pro-attiva che ritiene necessario un cambiamento di una buona parte delle nostre istituzioni repubblicane per dare tranquillità e segni di controllo a chi ci guarda da fuori e realmente avrebbe il potere di metterci in difficoltà. In primis i poteri finanziari e quelle istituzioni economiche europee che già il 15 agosto 2011 con la loro famosa lettera delineavano al premier Berlusconi i passi necessari per “stabilizzare” il nostro paese, passi che sarebbero poi stati seguiti in maniera molto fedele dai vari governi fino ai giorni nostri. La seconda conservazione è forzatamente passiva, dato il carattere “prendere o lasciare” di un referendum confermativo. Una conservazione prudenziale di chi, senza negare la necessità di cambiamento, non ritiene che questa riforma sia il cambiamento giusto per l’Italia e preferisce stare fermo un giro in attesa di condizioni politiche più appropriate a nuovi disegni costituzionali.

E in definitiva, al di là del conto delle schede, questo referendum si tradurrà in una grande occasione persa. L’occasione di educare gli elettori alla costituzione, farla conoscere a fondo per permettere un voto consapevole, diffondere quell’educazione istituzionale che tanto ci manca, magari aprire le sedi del nostro PD a dibattiti liberi fra persone interessate innanzi tutto a capire la materia del contendere. Al contrario hanno prevalso gli slogan, i “meno politici” e i “Renzi a casa”, lasciandoci una carta costituzionale che probabilmente uscirà delegittimata agli occhi di una parte consistente della nostra famiglia politica, delegittimando le fondamenta stesse del nostro stato. Fondamenta, regole, istituzioni, oggetti delicati che si rafforzano con il tempo e che permettono a USA e UK di vivere con più stabilità – quella vera – le proprie scelte politiche, anche quando sono dirompenti, e che permettono loro di dire che in effetti “comunque il sole sorgerà domattina”.

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