Banchetto Art.1

Caro amico ti scrivo e ti spiego

Caro Sandro,
sono stato molto colpito dal tuo commento ad un mio articolo, proprio qui su l’Argine, in cui invitavo quei compagni che con me stanno dando vita a questa nuova avventura in Art. 1-MDP di non limitarsi alle critiche a Renzi e al renzismo, ma concentrarsi sull’elaborazione di una proposta politica originale e allo stesso tempo alternativa laddove ritenessimo inconciliabile la nostra visione di società con quella che la maggioranza del PD intende proporre. Hai scritto che “avete sostituito Berlusconi con Renzi. Il nemico è necessario, le idee lo sono meno”. Colpito, non offeso o amareggiato sia ben chiaro perché ciò che tu scrivi mi induce sempre ed inevitabilmente a riflettere. Ci siamo conosciuti ben 35 anni fa a Firenze, entrambi studenti universitari fuori sede, tu dall’Abruzzo io dalla Puglia, tu già brillante studente di Scienze Politiche io neo studente di Giurisprudenza (senza ulteriori aggettivi). Ci univa la militanza nella FGCI ed è stato grazie a te se, oltre alla mia assoluta ed indiscussa ammirazione per Enrico Berlinguer ho scoperto e apprezzato Giorgio Amendola. Avevate entrambi un tratto in comune: ortodossi nella pratica, liberi e critici nel pensiero.
In verità la stessa ammirazione per quel gigante della politica la nutriva anche mio padre e per ciò stesso la consideravo una “roba da vecchi”. Il fatto che un mio quasi coetaneo nutrisse lo stesso interesse mi incuriosì moltissimo.

Questa premessa era necessaria non solo per testimoniare la stima (immutata) nei tuoi confronti, ma per spiegare il perché le tue affermazioni mi inducono alla riflessione. E ho riflettuto. No, caro Sandro, non considero Renzi né l’erede naturale di Berlusconi né, conseguentemente, un nemico. A dirla tutta, non ho mai considerato nemmeno Berlusconi un nemico, quanto piuttosto un irriducibile avversario e considero, in questa particolare fase politica, anche Matteo Renzi un avversario (senza ulteriori aggettivi). Sono certo che tu, come tantissimi altri che lo hanno sostenuto e lo sostengono, rifiuti l’idea che molti tentano di affermare (vedi 5 Stelle, Lega e, purtroppo, Macron) che la distinzione destra/sinistra sia ottocentesca e superata. Renzi, di converso, insiste su una “sinistra moderna” senza però che siano chiari i contorni della sinistra che ha in mente e cosa effettivamente determini la modernità. Spero converrai sul fatto che la mozione “Avanti, insieme” non aiuta a dissipare i dubbi. Si insiste molto sulla necessità di combattere i populismi e il pericolo che essi rappresentano per l’Italia e per l’Europa ma non una seria analisi sul come si sono affermati e, soprattutto, per causa di chi, salvo una generica e confusa attribuzione di responsabilità alla sinistra anni ’90.

Vorrei, ad esempio, che chi ha mostrato politicamente attenzione al mondo del lavoro e ai conflitti che all’interno di esso si producono, e tu sei tra questi, mi spiegasse cosa significa affermare che “il lavoro è profondamente cambiato e bisogna rimetterlo al centro dando nuovi diritti. Nuovi diritti non vuol dire arroccarsi a difesa di un mondo che non c’è più, ma dare a tutti l’opportunità di agire attivamente in un mondo che cambia”. Giustificare una norma sul mercato del lavoro che ha, di fatto, ristretto alcuni diritti sulla base della una generica affermazione “di un mondo che non c’è più” è politicamente ed intellettualmente inaccettabile. Quel mondo esiste ancora e ci sono norme che continuano a garantire diritti a milioni di lavoratori, quelli della mia generazione. Altre, invece, che contraggono diritti in cambio di lavoro e l’unica garanzia è la speranza di nuove decontribuzioni. Oltre che, ovviamente, di tenuta della domanda e della produzione. E ciò riguarda soprattutto i giovani.
Anche sul versante delle risorse necessarie a garantire gli investimenti e la copertura di nuove e generalizzate riduzioni fiscali, nulla di nuovo se non ulteriori, ipotetici ed oscuri tagli alla spesa. Considererai anche tu, da sempre attento alle dinamiche economiche pubbliche e private, che non si contrastano le politiche di austerità che questa Europa impone se non si va alla radice del problema e cioè mettendo radicalmente in discussione le teorie macroeconomiche che le sostengono. E la sola e semplice richiesta di maggiore flessibilità sui conti pubblici non mi sembra vada in questa direzione.

Non è azzardato, né diffamatorio, dire che il PD attuale si è caratterizzato, e continuerà probabilmente a caratterizzarsi, per (legittime) politiche di centro. Il Partito della Nazione, appunto. Sia chiaro, non nego la natura e la propensione riformista di Renzi e del PD. Ritengo, però, che il riformismo sin qui realizzato e che si annuncia non è in grado di risolvere strutturalmente i nodi (enormi) che abbiamo di fronte e che mettono in discussione la natura e la qualità della democrazia. Non ha in sé una necessaria nuova visione della società, non mette in discussione, evitando di affrontarle, le cause che hanno determinato la crisi economica globale e di cui non abbiamo ancora finito di pagarne il prezzo e ai cui pericoli non siamo ancora del tutto scampati. Non individua e non tenta di individuare, per dirla con Reichiln oltre che con Gramsci, un “nuovo blocco sociale” di riferimento, la necessità di realizzare una “nuova alleanza” tra lavoro e capitale produttivo che sappia arginare e contrastare chi specula sul debito e la disperazione sociale. Io sono convinto, e sono certo che lo sia anche tu, che trovare idee e modi per un nuovo equilibrio tra capitale e lavoro possa produrre molti più posti di lavoro del Jobs Act.

E’ ingeneroso affermare che da questa parte, la mia, manchino le idee. Personalmente, come è noto, provengo ad un’area del PD, quella che si riconosceva in Enrico Rossi, che delle idee e delle proposte ha fatto il suo carattere distintivo. Lo riaffermo e lo rivendico. Se hai un po’ più di tempo di Walter Veltroni, ti invito a leggere “Rivoluzione Socialista”. Spero, e lavoro per questo, che quelle idee e quelle proposte possano diventare (parte) della base programmatica di Art. 1-MDP. Certo, nessuno di noi ha la presunzione di ritenere di essere dalla parte della ragione in assoluto. Sono solo idee e come tutte hanno il dono/limite della relatività anche se contaminate da un necessario ed ineludibile determinismo.
Infine, caro Sandro, pensi che per tutto ciò che ho scritto ci meritiamo l’infamante accusa di “traditori”?
Ti abbraccio.

Nella foto di copertina: Un banchetto di Articolo Uno a Reggio Emilia

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