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Chi è Óscar Camps, il fondatore di Open Arms

Traduzione dell’articolo di Naiara Galarraga Gortázar pubblicato su El País con il titolo “Óscar Camps, una brújula ante los migrantes en el Mediterráneo” (23 agosto 2018).

È un uomo con una missione: che nessuno muoia affogato in mare. Óscar Camps, come tutti i marinai, ce l’ha nel DNA. La prima cosa di fronte a un naufragio è salvare vite. Tutto il resto, assolutamente tutto, passa in secondo piano per la squadra di Open Arms, che ha salvato 59.395 nel Mediterraneo durante gli ultimi tre anni. […] Il fondatore di Proactiva Open Arms incarna come pochi l’impegno di una manciata di ONG per evitare che le persone che salpano dalla Libia affoghino sulla rotta verso un’Europa che considera prioritario frenarle.

In acqua, di fronte a qualcuno che agita le braccia perché gli manca l’aria o è da giorni che, inzuppato di benzina, sta su un gommone, le cose si vedono molto diversamente da come si percepiscono nel salotto di casa o negli uffici. “Non è la stessa cosa vedere uno morto rispetto a vedere uno che muore”, spiegava Camps (nato a Badalona nel 1963) a El Periódico de Cataluña nel 2016, ricordando quella volta che recuperarono 29 cadaveri.

Bisogna tenere questo in considerazione, e la crescente ostilità nei confronti delle organizzazioni come quella che guida, quando si leggono i suoi tweet, quelli che Camps lancia come dardi contro i rappresentanti europei. “Faccio i complimenti alla Spagna per l’Aquarius, però non può continuare così,” ha dichiarato all’inizio del mese il commissario all’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos. Camps gli ha risposto con un tweet: “Io faccio i complimenti a lei. Invece di due giorni alla deriva li lasciamo tre, almeno affogano tutti. Noi risparmiamo qualche migliaia di euro di carburante, sicuramente la stessa quantità che lei utilizzerà per tre viaggi in prima classe e loro scompaiono senza testimoni.”

La missione secondaria di questo poliglotta – parla castellano, catalano, francese e inglese – che non terminò la laurea in Belle Arti è che il mondo sappia cosa accade in quegli angoli del Mediterraneo. Questa lotta fra la vita e la morte. Camps considera l’Europa dei 28 complice perché “sta formando cacciatori di migranti” attraverso la Guardia Costiera della Libia. Non si stanca di ripetere che l’UE non fa tutto quello che potrebbe fare per salvare i migranti.

Solo le ONG e la Guardia Costiera di Malta e dell’Italia hanno come priorità il salvataggio. Nonostante le navi militari europee debbano soccorrere chiunque ne abbia bisogno, la loro missione principale è proteggere le frontiere esterne e intervenire quando vedono un delitto. I critici di Camps lo tacciano di demagogia e un giudice italiano sta indagando due membri della sua ONG per aver favorito l’immigrazione illegale, però gli ha restituito la nave che era stata confiscata in forma cautelare.

Chi lo conosce, dice che è un uomo con molto carattere, impulsivo, però è una brava persona, che crede in quello che fa e dà battaglia. Nel settembre del 2015, la foto del bambino Aylan affogato e ritrovato su una spiaggia turca commosse milioni di europei. Però per lui comportò un cambiamento radicale nella sua vita professionale e personale. Scrisse a varie ONG (Medici senza frontiere, Sea Watch, MOAS, etc.), al governo spagnolo, a Frontex etc. per offrire l’esperienza della sua azienda, che gestiva centinaia di bagnini sulle spiagge spagnole. Rispose solo Sea Watch e quindi andò con il suo uomo di fiducia, Gerard Canals, a Lesbo (Grecia) per dare una mano. In poche ore erano in costume e salvavano siriani dall’acqua.

La ONG Proactiva Open Arms fu fondata quello stesso autunno, per telefono da quell’isola, su suggerimento di un dirigente di Human Rights Watch. Camps mise 15.000 euro dei suoi risparmi per una nave. Le prime donazioni arrivarono dall’Europa. […] Da quel momento in poi tutto è stato intenso e veloce. “È un idealista, un visionario, uno che indica la strada sa seguire. Óscar ci ha fatto fare abbastanza follie e ci ha fatto fare esperienze molto gratificanti”, racconta Canals, coordinatore delle operazioni della ONG.

Camps è la bussola di Open Arms. La sua è la prima ONG che ha avuto una nave da salvataggio nelle acque greche. Quasi tutte le persone che s’imbarcano sulla Open Arms […] sono volontarie. Camps e i suoi sono riusciti a far salire a bordo centinaia di professionisti. […] Camps è riuscito a fare uscire molti cittadini dalla loro comfort zone. […] E nella sua nuova vita è passato, come ha confessato, dall’essere “un cattivo padre a un pessimo padre” per i suoi quattro figli. La causa dei migranti ha portato Camps a curarsi poco della sua impresa – Proactiva Serveis Aquàtics, che vive di concorsi pubblici – fino al punto che ha dovuto lasciarla nelle mani di un fratello di Canals. La ONG ha anche pagato il prezzo del polarizzante processo indipendentista catalano. Le donazioni provenienti da fuori dalla Catalogna, la maggior parte, cessarono. L’organizzazione sostiene che il processo rese invisibile la loro causa per mesi.

Come il resto delle ONG, Open Arms sa di non essere la soluzione, ma un sintomo delle difficoltà, l’incapacità o il disinteresse politico nell’affrontare il fenomeno dell’immigrazione in maniera globale e serena. La sua missione ha però un impatto vitale per le migliaia di persone salvate. Al fondatore di Open Arms piace ricordare che molti fuggono anche dal terrorismo; e che anche gli spagnoli furono migranti fino a pochissimo tempo fa. La differenza è che quelli spagnoli erano invitati dai paesi che necessitavano di mano d’opera. Arrivare oggi in Europa per vie legali è praticamente impossibile. A parte per i geni o per i ricchi.

Copertina: Costhanzo

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