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Come evitare le clausole IVA

Se verrà scartata la possibilità di andare ad elezioni subito, un governo giallo–rosso di legislatura, con un Presidente e ministri di valore (tecnici e politici, amministratori locali di provata efficienza), troverebbe un alleato importante per disinnescare, nel 2020 ed anche nel 2021, le clausole IVA.

Questo alleato si chiama “spread” e cerco di spiegarne il motivo, partendo da un dato: il costo che il Tesoro dovrebbe sostenere per interessi sul debito pubblico nel 2020 potrebbe attestarsi sui 65 miliardi di euro. Una cifra enorme, superiore al costo complessivo per l’istruzione (dalla materna al dottorato di ricerca), doppia rispetto a quella della Francia, che ha pure un ammontare di debito pubblico superiore a quello italiano, più che tripla rispetto alla Germania.

Oggi lo spread viaggia attorno ai 200 punti base, solo perché si profila un’altra maggioranza. Ben più alto sarebbe se si fossero inseguite le ipotesi della Lega di abbinare la cosiddetta Flat Tax all’IVA da sterilizzare e ad altre misure da assumere in deficit.

Uno spread a 200 punti – in presenza di un tasso negativo di circa 50 punti del Bund tedesco – significa che, oggi, per collocare un BTP a 10 anni il Tesoro dovrebbe corrispondere ai risparmiatori ed agli investitori un interesse annuo di circa l’1,5% (lordo).

Con un governo di legislatura, credibile ed ancorato all’Europa, è prevedibile che questa differenza tra il BTP a 10 anni e l’analogo Bund tedesco, scenda sotto i 100 punti (del resto, con sistemi produttivi non migliori del nostro, il Portogallo, ad esempio sta a 86 e la Spagna a 77). Come noto a tutti, la differenza tra l’Italia e gli altri due paesi latini sta solo nella differente affidabilità e credibilità, come debitore, del precedente governo, non certo nella qualità dei rispettivi sistemi produttivi. Basti ricordare che ancora oggi l’Italia è il secondo paese esportatore d’Europa, con un saldo attivo della bilancia commerciale attorno ai 50 miliardi, che ha consentito – tra l’altro – l’importante risultati di azzerare il debito estero

Uno spread sotto i 100 punti significherebbe per l’Italia la possibilità di collocare titoli di Stato a 10 anni pagando un interesse irrisorio, meno dello 0,50%, ma soprattutto (normalmente i tassi crescono al crescere della data di scadenza del debito) di poter pagare tassi sotto zero fino a 5, 6 o 7 anni.

Poiché tra quest’anno e il prossimo, il Tesoro dovrà collocare sul mercato (tra titoli in scadenza e nuovo debito) oltre 400 miliardi, una gestione accorta del debito pbblico (al MEF sanno bene come farla) consentirebbe di portare a zero, o sotto zero, il costo delle nuove emissioni di titoli pubblici. Il beneficio si amplierebbe nel 2021 e 2022, in presenza della quasi certa riedizione, a breve, del programma di acquisti di titoli, da parte della, BCE per stimolare un’economia europea a forte rischio di recessione.

Per conseguire tali importanti risultati, ovviamente, l’eventuale nuovo governo dovrebbe accrescere la propria credibilità rispetto all’attuale (non è difficile), mantenere salda l’appartenenza all’Europa, all’euro ed all’alleanza atlantica (anche questo non è difficile) e infine negoziare un livello di deficit accettabile per la Commissione europea e per i mercati (2%?).

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