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Conte al Quirinale per dimettersi. Crisi dall’esito non scontato. Impervia la strada di un accordo Pd-Cinquestelle. Elezioni anticipate sempre possibili

Il peggior governo della storia della Repubblica è arrivato al capolinea. E così il presidente del Consiglio Conte, con un bel discorso al Senato, degno di miglior causa e di miglior esecutivo, e dopo una uno sbrindellato dibattito parlamentare, si è recato dal Presidente della Repubblica al quale ha rappresentato di considerare esaurita l’azione del Governo. La crisi è così formalizzata e Mattarella farà un rapido ma approfondito giro di consultazioni. Le soluzioni possibili di cui si parla nelle più o meno informate ipotesi sono: un accordo tra Pd e Cinquestelle per un governo, per alcuni istituzionale, per altri di ampio respiro e magari di legislatura, o il ritorno alle urne con un governo di garanzia con un ministro dell’Interno in grado di garantire tutte le forze politiche. Vedremo.

Intanto il discorso di Conte è stato all’altezza della storia parlamentare del Paese. Non ha fatto alcuno sconto a Salvini, sottolineando quelli che ha considerato i maggiori episodi di slealtà ed inadeguatezza costituzionale: dal non essersi presentato in Parlamento per spiegare il suo coinvolgimento o meno nel cosiddetto Russiagate e dei suoi rapporti con il suo amico e collaboratore Savoini, alle numerose assenze in momenti decisivi dell’azione di governo, alla inopportuna continua esibizione di simboli religiosi in occasioni pubbliche di confronto politico. Insomma il presidente del Consiglio non ha nascosto che il ministro dell’Interno abbia tenuto comportamenti inadeguati rispetto al dettato costituzionale e alle consuetudini istituzionali. Facendogli anche notare di aver aperto una crisi e reclamato elezioni senza prendere il disturbo di far dimettere i suoi ministri.

Naturalmente la risposta di Salvini non si è fatta attendere. Ed è stata tanto piccata quanto scomposta. Piccata quando ha detto che non si pente di alcuna cosa fatta durante il suo mandato. Piccata allorchè si è messo a spiegare di essere lui ad essere stato tradito da un accordo dei Cinquestelle con l’ex segretario del Pd Matteo Renzi. Insomma sono volati gli stracci. Renzi, nel suo intervento, non ha raccolto queste provocazioni o accuse secondo i punti di vista, limitandosi ad un discorso, che tendeva più a segnalare una sua presenza nel dibattito politico, soprattutto quello all’interno del Pd, che indicazioni precise per superare la crisi.

Comunque, ora la crisi è formalizzata ed è nelle accorte mani del capo dello Stato, il quale seguirà alcuni punti fermi. Non ammetterà tecniche dilatorie (l’ultima volta la crisi è durata quasi tre mesi). Non sarà lui a imporre o suggerire formule risolutive. Ma se mai svilupperà una certa maieutica socratica, tesa a ottenere risposte dai partiti. I quali però dovranno essere molto chiari nell’illustrare con chi e con quali numeri costruire una maggioranza parlamentare. E con quali programmi che dovranno conformarsi alle esigenze di una rigorosa manovra di bilancio e di una solida collocazione della politica comunitaria. A proposito entro il 26 dovrà essere indicato il nostro candidato alla commissione Ue.

Da domani cominciano i giochi anche nei e trai partiti. C’è la direzione del Pd. Con Renzi e i suoi (terminologia spesso abusata dall’ex segretario) forti del controllo nei gruppi parlamentari vorrebbero un governo con una maggioranza imperniata su un accordo con i grillini. Il segretario Zingaretti finora non ha nascosto molti dubbi su questo percorso, sostenendo che se governo deve essere questo deve essere forte rappresentativo, insomma all’altezza dei problemi del Paese. Quanto all’eventuale ipotesi di maggioranza Ursula (Cinquestelle, Pd, Forza Italia che hanno votato a Strasburgo a favore della presidente della Commissione), e affacciata da Romano Prodi per ora non sembra aver fatto molta strada, visto che Berlusconi continua a cercare spazio nel e per il Centro-destra.

Conclusione: l’ipotesi elettorale, una volta formalizzata la crisi, e neutralizzata l’ipotesi di una conduzione dal Viminale di Salvini, resta attuale. E forse per il centrosinistra, se avesse una buona dose di coraggio e determinazione, non sarebbe alla fine il peggiore dei mali.


Foto in evidenza: Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte durante il suo intervento al Senato, ai suoi lati Matteo Salvini e Luigi Di Maio

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