1ELEZIONI_2018

Contraddizioni, veleni e paradossi di una brutta campagna elettorale. Verso un risultato pasticciato

A due settimane dal voto e dopo una prima parte di campagna elettorale, tanto iraconda e stizzosa nei toni quanto confusa nei contenuti, è l’incertezza e il pessimismo a dominare nelle analisi e nelle previsioni degli osservatori politici. L’incertezza non è tanto su chi vincerà le elezioni, quanto sulla possibilità o meno di concretizzare in una maggioranza di governo un risultato elettorale che si preannuncia comunque confuso. E se questo è il quadro si capisce anche quanto rilevante è stato il fallimento di una legge elettorale fortemente voluta dal Pd e imposta a colpi di fiducia dal Governo presieduto da Paolo Gentiloni.

Cominciamo dalle forze in campo: due coalizioni composte da partiti diversi con programmi tra loro diversi e, talvolta, addirittura confliggenti tra loro (centrodestra e centrosinistra), un movimento (Cinque Stelle) che si presenta in autonomia e punta ad avere i due gruppi parlamentari più forti nel prossimo parlamento, una lista di sinistra (Liberi e Uguali) che, in attesa di farsi partito, unisce coloro che pur puntando a dare al Paese soluzioni di governo, non ritiene che il Pd guidato da Renzi sia da considerarsi nella storia e nella tradizione della sinistra riformista italiana.

Partiamo dalle coalizioni, in particolare quella di centrodestra, che, stando ai sondaggi sinora conosciuti e conoscibili (da ieri la diffusione di queste rilevazioni non è consentita), dovrebbe essere in testa pur non raggiungendo quel quaranta per cento necessario per ottenere maggioranze parlamentari nei due rami del Parlamento. A formare questa coalizione sono Forza Italia con il suo leader incandidabile e come tale fuori dalla possibilità di essere il futuro presidente del Consiglio, che però rivendica a sè la decisione su chi dovrà esserlo; la Lega che, oltre ad avere un programma in molti confliggente con quello di Forza Italia, rivendica la presidenza del Consiglio per il suo leader Matteo Salvini, prevedendo di prendere più parlamentari di Forza Italia; e Fratelli d’Italia guidati da Giorgia Meloni la quale si candida ad essere il primo presidente del Consiglio donna della storia d’ Italia. Ci sono poi altre rappresentanze (le cosiddette terze gambe) che attraverso il sapiente dosaggio di candidature potrebbero arrivare in Parlamento secondo i complicati meccanismi della legge elettorale. La previsione è che la coalizione di centro destra avrà comunque difficoltà (sempre che tenga al suo interno) ad avere autonomamente la maggioranza parlamentare.sia alla Camera che al Senato.

Ancora più difficile è che quel risultato lo possa ottenere la coalizione cosiddetta di Centrosinistra, guidata e voluta da Renzi, con la quale sinora i sondaggi non sono stati particolarmente generosi. Il partito guida è naturalmente il Pd che tuttavia è stimato tra il 20 e il 25 per cento. Mentre i partiti alleati non otterranno facilmente quel 3 per cento necessario per partecipare alla divisione dei seggi proporzionali. Un 3 per cento che al momento sembra alla portata (possibile ma non probabile) della sola lista Più Europa guidata da Emma Bonino, che se raggiungesse quella quota, potrebbe sottrarre al partito di Renzi una decina di seggi. Più che problematico che questa quota possa essere raggiunta tanto dalla lista Insieme (socialisti di Nencini, Verdi e ulivisti prodiani) quanto dalla lista del centro cattolico (Lorenzin, Casini). E non è un caso che i leader di queste formazioni abbiano ottenuto dei buoni collegi uninominali. Tipo Casini a Bologna. Proprio ieri intanto Romano Prodi ha tenuto a far sapere di auspicare che a guidare il prossimo Governo sia Paolo Gentiloni e contemporaneamente ha fatto sapere che voterà per la lista “Insieme“, forse la più piccola all’interno della coalizione guidata da Renzi.

Quanto ai 5 stelle guidati da Luigi Di Maio, sono accreditati di un buon risultato, che potrebbe collocarli al secondo posto dopo la coalizione di centrodestra e prima di quella renziana , mache comunque non consentirebbe loro di avere una maggioranza a Camera e Senato. In questo caso, da primo partito rispetto anche a quelli in coalizione i grillini rivendicano l’incarico a formare il nuovo Governo. Cosa che tuttavia non risulta da nessuna parte, visto che il nostro sistema costituzionale, attribuisce questa scelta alla valutazione in perfetta autonomia da parte del presidente della Repubblica, dopo che avrà fatto le sue consultazioni con i gruppi parlamentari.

Molti dicono che il nostro sistema è ormai tripolare. Direi che questo lo si può dire fino ad un certo punto: in queste elezioni c’è per la prima volta la presenza di Liberi e Uguali, che vuole rappresentare la sinistra di governo che punta alle riforme che non siano le controriforme: scuola, lavoro, diminuzione delle diseguaglianze sociali. Un buon risultato di questa formazione chiaramente di sinistra, ma per nulla massimalista, come dimostra, a cominciare da Grasso la storia dei suoi dirigenti, presenterebbe una novità importante nel panorama politico. In grado anche di dire la sua per favorire il superamento delle molte difficoltà che le forze politiche e il presidente della Repubblica dovranno affrontare nel difficile percorso per dare al Paese un Governo che sia il più autorevole possibile e che ci rappresenti al meglio soprattutto in Europa.

Se questo è il quadro generale è più che probabile che nè la coalizione di centrodestra nè quella di centrosinistra otterranno la maggioranza di governo necessario. E allora? Si parla molto, più tra i commentatori che tra i protagonisti, di una grande coalizione. La quale, però, è già difficile da formarsi tra partiti solidi e coesi come abbiamo visto anche in Germania. Figuriamoci tra coalizioni, a loro volta formata da partiti tra loro in competizione (vale soprattutto per il centrodestra come abbiamo visto). E poi se, per esempio, ipotizzassimo un accordo (erroneamente va sotto il nome di “inciucio“) tra Renzi e Berlusconi (un Nazareno bis) siamo sicuri che la coalizione di centrodestra non si spaccherebbe?. E comunque se anche si facesse, stando ai numeri dei sondaggi, tutto sarebbe meno che “una grande coalizione” visto che a stento e con difficoltà avrebbe la maggioranza dei seggi in Parlamento. Vale la pena di fermarsi qui per quanto riguarda le previsioni. Forse è anche il modo migliore per consentire al presidente Mattarella di svolgere nelle migliori condizioni possibile il suo difficile e necessario ruolo istituzionale.

Un’ ultima considerazione. In questi ultimi giorni si è acceso uno scontro particolarmente acceso tra il Pd e il movimento Cinque Stelle sulla questione dell’uso che alcuni parlamentari grillini avrebbero fatto dei propri rimborsi elettorali. Non mi pare sia una questione di rilevanza penale. Ma se mai riguarda lo statuto e le regole interne di un movimento che più di altri sembra aver assorbito i peggiori veleni dell’antipolitica. Colpisce che andando a Napoli (molte delle previsioni dicono che le elezioni si decideranno con il voto del Mezzogiorno) il segretario del Pd Matteo Renzi abbia preferito lanciare durissime e generalizzate accuse di disonestà nei confronti del suo concorrente elettorale (i grillini) e non abbia detto qualcosa di rassicurante sui riflessi politici del caso che vede coinvolto un familiare del presidente della Regione De Luca, a sua volta assessore al comune di Salerno, in una indagine sul traffico di rifiuti. Vale la naturalmente la regola, evocata proprio da Renzi, per la quale la politica non interviene quando indaga la Magistraura. Ma questo vale per le inchieste e anche, quindi, per questa inchiesta. Ma forse, quando ci si trova dinanzi ad una famiglia nella quale uno fa il presidente della Regione, un altro l’assessore e un altro ancora è candidato con forti garanzie alle elezioni parlamentari, è il caso che un segretario di partito, anche senza evocare i lanciafiamme, qualche problema se lo ponga. In fondo Napoli era la città dei Gava. Guai se la Campania fosse percepita come la regione dei De Luca. La questione meridionale, come ci ha insegnato Salvemini, è anche e soprattutto il problema del buon governo.

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