Col DEF 2017 il Governo conferma gli obiettivi di riduzione del deficit pubblico verso lo zero nei prossimi anni, con effetti positivi anche nel rapporto debito/Pil. Il deficit scende al 2,1% nel 2017 (con la manovra correttiva), all’1,2% nel 2018 (senza richieste di flessibilità prima della legge di bilancio) e allo 0,2% nel 2019. Il rapporto debito/Pil nel triennio avrebbe il seguente trend: 132,5% nel 2017, 131% nel 2018 e 128,2% nel 2019. Ciò anche con 5 miliardi all’anno di privatizzazioni. Se ciò accadrà continuando nel rigore negli anni a venire, per l’Italia si aprirebbe un futuro radioso.
Sono obiettivi realistici? Per arrivare all’1,2% di deficit 2018 serve l’aumento di IVA e accise sui carburanti, da tre anni inseriti nei DEF e disattivati nelle leggi di bilancio del Governo Renzi. Da qui possono arrivare 20 miliardi nel 2018 e 23 miliardi nel 2019, altrimenti occorrerà un mix di tagli e tasse di pari importo o nuova flessibilità (per meglio dire, nuovo debito). Aumentare IVA e accise ha il “pregio” di spingere l’inflazione, nel DEF prevista in aumento verso il 2%, il valore che la BCE si propone di raggiungere con la politica monetaria espansiva.
Far scattare le clausole permette di prendere due piccioni con una fava: dai 20 ai 23 miliardi strutturali per le casse dello Stato; spingere l’inflazione e il PIL nominale, che è il denominatore del rapporto debito/PIL.
Molto meglio quindi le clausole. Altrimenti avremo altre tasse, l’inflazione non salirà; la discesa del rapporto debito/PIL sarà affidata solo alla crescita reale (il risicato 1% previsto); il debito resterà inchiodato al 133%.
Rispettare il Fiscal Compact conviene? Assolutamente si. Il rigore nei conti pubblici è garanzia per i mercati, il che paga in termini di spesa per interessi sul debito. Finora la riduzione del deficit è derivata solo dal calo del costo del debito, per la politica monetaria della BCE. Perché scenda ancora e si stabilizzi alla media dell’Eurozona, devono scendere gli spread sui titoli di Stato (per il BTP a 10 anni è a 200 punti base rispetto al Bund). Ciò si ottiene convincendo i mercati della solvibilità dello Stato italiano. Altre vie non esistono. Ottenuto il risanamento, andrebbero tagliate decisamente le spese, per ridurre le imposte e attivare politiche di sostegno ai redditi ed ai consumi.
Questa è strada migliore, ma non verrà seguita perché è una strada che a breve fa perdere consenso.
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Nella foto di copertina: Il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni