Mario Draghi

Draghi, bazooka dimezzato. Che significa per l’Italia?

Nella riunione odierna della BCE il Presidente Mario Draghi ha annunciato due importanti novità: 1) il mantenimento del livello dei tassi di interesse sui finanziamenti alle banche europee e quello sui depositi delle stesse presso la BCE; 2) l’estensione del programma di acquisti di asset (in massima parte titoli sovrani) fino almeno a settembre 2018 e la sua riduzione da 60 a 30 miliardi di euro mensili.

In apparenza sembra l’inizio di un allentamento della politica di espansione monetaria, in realtà si tratta di una continuazione e, aggiungo, financo un ampliamento del periodo di “tassi zero” che caratterizza da diversi anni l’Eurozona.
Per capire meglio la sostanza del problema – che i mercati hanno ben compreso facendo scendere i tassi e gli spread di quasi tutti i paesi rispetto ai bund tedeschi – bisogna andare alle tecnicalità e ad alcuni dettagli di non poco conto.
Intanto, il primo risultato è che la BCE a settembre prossimo avrà comprato altri 270 miliardi di titoli europei (30 miliardi per i nove mesi di estensione). Il secondo punto è dato dalla dichiarazione di Draghi che reinvestirà i titoli in scadenza precedentemente acquistati e che questi rappresentano una cifra imponente. Da notizie raccolte da operatori professionali dovrebbe trattarsi di altri 18 miliardi in media mensili che vanno ad aggiungersi ai 30.
Ancora, esiste una norma interna della BCE in base alla quale possono essere acquistati soltanto titoli, il cui rendimento negativo sia sotto il -0,40%, cioè il tasso negativo che le banche pagano in caso di deposito della propria liquidità nella banca centrale. Danno, ad esempio, rendimenti negativi più ampi molti titoli a breve termine tedeschi e di atri paesi virtuosi, che quindi non possono essere acquistati.
Infine, un punto molto importante riviene dal differente utilizzo che i paesi dell’Eurozona hanno fatto del Quantitative easing e degli enormi risparmi conseguiti nel costo del debito pubblico. Diversi Stati, a partire dalla Germania, hanno approfittato di questa contingenza estremamente favorevole per ridurre il rapporto del proprio debito pubblico rispetto al Pil, in molti casi ottenendo un avanzo nei loro bilanci tra entrate ed uscite dello Stato e, quindi, riducendo anche in termini monetari lo stock di titoli pubblici collocati sul mercato.

Nel bollettino di settembre la BCE afferma, infatti, che il rapporto debito-PIL dell’Eurozona, nei tre anni di quantitative easing, è calato in media di 5 punti, passando dall’89% all’84% . I paesi che hanno prodotto nuovo debito in misura ingente sono Francia e Spagna, coi loro deficit sopra il 3% e naturalmente l’Italia che, pur avendo deficit inferiori (2,2% nel 2017 e 1,6% previsto per il 2018) ha inondato i mercati di un ammontare di titoli pubblici che la collocano al terzo posto nella graduatoria mondiale per quantità emesse.

Si ritiene pertanto che la BCE avrà la possibilità di assorbire agevolmente il nuovo debito dei paesi in deficit.
Sia per effetto delle attese decisioni dell’Istituto centrale di Francoforte sia per l’aggravarsi delle tensioni politiche in Spagna si sta riducendo il divario di rendimento tra i Bonos decennali e i BTP di pari durata, oggi 36 punti base, (154 rispetto al Bund i BTP e 118 i Bonos) contro gli oltre 60 p.b. dei mesi scorsi. Ciò significa che con una politica economica attenta e con il rispetto del programma di risanamento del debito ora indicato dal Governo, il nostro paese potrà avvicinarsi ai tassi sul debito dei paesi più virtuosi.

Commenti