Rutte

Due notizie buone e una cattiva (per l’Italia)

Due notizie buone accanto a una cattiva.
In Olanda il partito di centrodestra del premier Mark Rutte ha vinto le elezioni politiche, fermando il partito di estrema destra antieuropeista di Geert Wilders, la cui possibile affermazione aveva messo in allarme i mercati per un possibile effetto contagio su altri Paesi europei, alle prese con importanti tornate elettorali. Insomma, un voto, quello olandese, per l’Europa e contro gli estremisti.
Negli Stati Uniti la presidente della Federal Reserve, Janet Yellen ha annunciato un rialzo dei tassi di interesse di un quarto di punto, indicando come possibili altri due rialzi nel corrente anno. Tutto in linea con le aspettative degli analisti, atteso che negli Stati Uniti, con la crescita dell’economia, si sta rafforzando anche il mercato del lavoro (disoccupazione scesa al 4,7%). Nel comunicato della Yellen spicca, tuttavia, un elemento di novità: con l’inflazione verso il 2% – l’obiettivo della FED (lo stesso della BCE) – le previsioni dei tassi a breve USA salgono a 1,5% a fine 2017, al 2-2,25% a fine 2018 e al 3% per il 2019.

La notizia cattiva è che, con l’inflazione annuale nell’Eurozona a febbraio, salita al 2%, rispetto all’1,8% di gennaio (in Germania è già arrivata al 2,2%), si avvicina il momento per la BCE di dare il via a un rialzo dei tassi di interesse, necessario anche per compensare il sistema bancario delle perdite subite con la politica dei tassi zero o negativi in atto.

Questo è un grosso problema per la finanza pubblica italiana, che si aggiunge alla pressione dell’Unione Europea sul governo Gentiloni affinché attui entro il 30 aprile una manovra correttiva da 3,4 miliardi. Lo stato dei conti italiani (oggetto del rapporto ai sensi dell’articolo 126 del trattato sul funzionamento dell’Unione, pubblicato il 22 febbraio scorso) sarà discusso lunedì 20 a Bruxelles.
Un passo verso la procedura d’infrazione che potrà essere evitata solo con un intervento credibile sui conti. Con il rischio ulteriore di revoca di una parte della flessibilità, concessa nel 2016, e la crisi dell’architettura dei conti pubblici del governo Renzi per il biennio 2016/2017; con la possibilità che venga persino richiesta la restituzione di altri 3,4 miliardi. Nel 2016, si legge nel rapporto “le condizioni per la flessibilità (concessa all’Italia, ndr) per gli investimenti – cioè che questi rimangano almeno allo stesso livello dell’anno precedente – attualmente non sembrano rispettate”. In sostanza, il governo non ha mantenuto la promessa di usare la flessibilità solo per investimenti, avendola usata in parte per altri scopi. Si tratta di 3,4 dei 19 miliardi di flessibilità del 2016 (il resto dei 19 miliardi viene giustificato dalle riforme, dalle spese per i migranti e dalla negatività del ciclo economico). La Commissione, una volta noti i dati Eurostat sugli investimenti, deciderà a maggio se sono ancora valide o meno le motivazioni per quella flessibilità.
Secondo la UE quest’anno il deficit salirà al 2,4% del PIL e il debito al 133%; un anno, il 2017, nel quale si sarebbe dovuta realizzare una riduzione dello 0,6% del rapporto debito/PIL e invece si avrà un aumento dello 0,4%.
Per questa ragione l’Italia rischia la procedura per “deficit eccessivo basato sulla regola del debito”, cioè la norma che impone di correggere il deficit per ridurre il debito pubblico.

Insomma, il rapporto fa un’analisi cruda della situazione e la correzione “vera” di 3,4 miliardi è inevitabile. Ne va della credibilità dell’Italia verso i propri partner, e coi tassi e gli spread in aumento, anche verso la Spagna, un paese in passato considerato meno solido, la credibilità è tutto.
Questa la pagella che sarà sottoposta all’Eurogruppo del 20 marzo; questa l’eredità di tre anni di governo Renzi, iniziati tra tante aspettative di crescita e di risanamento e conclusi malamente.
Fonti europee assicurano comunque che, se la manovra da 3,4 miliardi sarà completa e credibile, il problema della flessibilità per gli investimenti 2016 – cioè gli altri 3,4 miliardi – troverà una diversa soluzione, altrimenti le questioni si sommeranno e scatterà la procedura d’infrazione.
D’altra parte, la debolezza strutturale dell’economia italiana limita il potenziale di crescita: da metà 2016 le tante difficoltà interne hanno impedito l’avvio di nuove riforme e rallentato l’iter di quelle già approvate. Sarebbe servita una agenda ambiziosa di riforme strutturali, ben realizzate, per avere un impatto significativo sulla sostenibilità del debito che, secondo il richiamato rapporto, “rimane una grande fonte di vulnerabilità nel medio periodo”.
L’Europa non sembra propensa ad accettare le attenuanti per il 2017 presentate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, come la bassa inflazione.
Ragion per cui la “manovrina” diventa più importante che mai ed è bene che si faccia ponendo lo sguardo sulla Legge di bilancio per il 2018, sulla quale la Commissione Europea, i nostri partner e i mercati misureranno la volontà italiana di rispettare finalmente le regole del Fiscal Compact, fin qui rinviate anno per anno.

Nella foto di copertina: L’esultanza di Mark Rutte, il leader del partito liberal democratico che ha vinto le elezioni politiche in Olanda.

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