Finanziamento_partiti

E se una soluzione fosse il ritorno al bistrattato finanziamento pubblico dei partiti?

C’è gran confusione, accompagnata da non irrilevanti irritualità, nel percorso accidentato che porterà alla presentazione delle liste elettorali. Abbiamo visto la questione degli apparentamenti e delle coalizioni con la complessa vicenda dedlla convergenza Bonino-Tabacci, che potrebbe (ma non è ancora certo) entrare in coalizione con il Pd di Renzi, dell’escamotage del riciclo di vecchi simboli per evitare l’odiosa e insidiosa raccolta di firme per le liste elettorali che non sono derivazioni di forze presenti nell’attuale Parlamento.

Colpa in gran parte del cosiddetto Rosatellum e di chi lo ha imposto a colpi di fiducia, ma non solo. Perchè quanto sta succedendo in queste ore è in gran parte dovuto a un generale clima anti-politica, talvolta imposto da chi, a parole, si presenta come alternativa a ogni deriva populista. La quale, come vedremo, è certo patrimonio dei Cinque Stelle, ma talvolta pervade forze di meno breve tradizione come Forza Italia, la Lega, e persino il Pd di Renzi.
Su “Repubblica” di ieri un interessante articolo di Carmelo Lopapa ci informava di un vero e proprio prezzario che viene richiesto da alcune forze politiche per candidature ad un seggio “sicuro” (?) alle prossime elezioni. Naturalmente ci sarebbe molto da discutere sul concetto di sicurezza, alla luce delle confuse regole del Rosatellum. Comunque per Forza Italia servono 30mila euro. Evidentemente Berlusconi si è stancato di mantenere da solo quel partito. La Lega di Salvini ne chiede 20mila, spiegando che le casse sono vuote per il sequestro dei beni disposti dalla Procura di Genova. La quale è impegnata in una inchiesta (ricordate Bossi, Belsito e la family?) sull’irregolare uso del finanziamento ai gruppi parlamentari del Carroccio. Più modeste invece le prtese di Fratelli d’Italia (in fondo è la vecchia destra sociale) che si limita a chiedere 5mila euro per un buon posto in lista.

Fin qui il Centrodestra. Quanto al Pd sono note le vicessitudini che hanno portato alla chiusura dell’Unità e alla messa in Cassa integrazione di gran parte dei dipendenti del Nazzareno. Eppure se le casse del convento sono vuote, il priore del Convento può contare, per mandare avanti la baracca, su diversi strumenti collaterali di finanziamenti: fondazioni non legate direttamente al Pd in grado di finanziare iniziative costose e di forte rilievo organizzativo e politico come le tante Leopolde o similari iniziative. Naturalmente non tutti i finanziatori di queste Fondazioni possono essere resi noti per rispetto della privacy.
Vale lo stesso per quanto riguarda i 5 stelle, i quali, è vero hanno rinunciato a molti dei benefici economici riconosciuti a partiti e parlamentari, ma al tempo stesso non hanno mai fatto chiarezza sui reali collegamenti organizzativi e politici con la Casaleggio associati su gestione del web e quant’altro.

Insomma si ha la sensazione che si vada verso una sorta di esternalizzazione e privatizzazione della gestione della politica. Colpa dei partiti leggeri o liquidi o meno invasivi? Forse. Anche se questi partiti, poi, si accorgono di aver bisogno di soldi quando si arriva al momento elettorale. E quindi, visto che il convento è povero, si va alla ricerca di frati ricchi, da candidare.
C’è da chiedersi se, a questo punto, non sia da auspicare e, magari, da proporre (nella nuova Legislatura) un ritorno al finanziamento pubblico della politica, per ripristinare l’opportuna trasparenza e il metodo democratico anche all’interno dei partiti come peraltro è scritto nella nostra Costituzione. Un brocardo del diritto romano recitava: “Pubblicum ius est quod ad statum rei romanae spectat, privatum quod ad singulorum utilitate“. E nulla è più “pubblicum” della politica. Come nulla dovrebbe essere più lontana da essa (intesa come ricerca del bene comune) che la “singolorum utilitate”.

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