Crisi1

Economia italiana: tra stagnazione, deflazione, impoverimento generazionale e disuguaglianze.

 

I dati economici pubblicati ieri dalla Banca d’Italia e dall’Istat, in aggiunta con alcune anticipazioni del rapporto SVIMEZ per il 2016, non sono affatto incoraggianti per il nostro Paese. Vorrei però prima dire un postulato a priori, anche perché da qualche giorno in giro e sui social si sente di tutto e di più: dal ritorno dei gufi, alla più semplice demonizzazione di chi contesta le scelte del Governo. Sono dell’idea che quando si parla di Economia e delle” tasche degli italiani”, c’è assai poco da demonizzare e ancora di meno da narrare; anche perché contro qualsiasi narrazione che si voglia fare c’è la durezza dei dati macroeconomici e sociali.

Ieri sono stati resi pubblici i dati economici.  Mentre l’Istat ha certificato un aumento rispetto allo scorso trimestre del PIL dello 0,0% e il proseguimento del livello di deflazione con un inflazione al -0,1%; la Banca d’Italia ha pubblicato i dati relativi al debito pubblico, che ha raggiunto il nuovo record storico di 2.248 miliardi. Il Tesoro ha risposto che la situazione di stagnazione economica e deflazione non costituisce una sorpresa, in quanto Brexit e altri fattori esogeni erano già noti da tempo per quanto riguardava il loro impatto sulla crescita economica. La nota stonata, di tutto quanto è la bilancia commerciale con l’estero che segna un surplus di 4 miliardi; c’è da chiedersi alla luce di questo dato quanto effettivamente la Brexit o la questione terrorismo abbiano potuto diminuire il valore delle nostre esportazioni e dei nostri scambi commerciali con l’estero; che invece sembrano non risentire affatto della complessa situazione internazionale.

Va detto anche che sicuramente la nota positiva è che il Governo ritorna a spendere dopo anni di austerità e lo dimostra anche lo sblocco dal parte del CIPE di 40 miliardi in investimenti infrastrutturali, che però già erano stati stanziati dalla legge di stabilità e crescita del 2014. Tuttavia la spesa pubblica in più è stata utilizzata male, non ha fatto leva sugli investimenti e quindi sul moltiplicatore, causando un arresto della crescita del PIL. Invece di diminuire l’IRES sulle imprese sarebbe più utile fare leva sugli investimenti pubblici e privati per far crescere il PIL.

In verità la situazione di stagnazione economica già si sarebbe potuta avvertire guardando al Rapporto annuale dell’ISTAT per il 2016, una vera e propria fotografia del nostro Paese.  Al netto dei 600.000 mila posti di lavoro che si sono generati in questi due anni, di cui quasi la metà sono contratti precari o voucher; l’Istat dipinge le nostre giovani generazioni come “senza speranze”.  Sono infatti il 70,1% dei ragazzi di 20-29 anni a vivere a casa con i loro genitori; a causa non solo dell’aumento dei tempi di formazione, ma soprattutto a causa della scarsezza delle opportunità lavorative e della precarietà oltre che della scarsezza dei salari.  A questo dato sulla condizione delle giovani generazioni se ne devono aggiungere almeno altri due per avere un quadro chiaro:  il basso tasso di natalità e il calo della propensione al matrimonio. Su entrambi questi fattori la causa maggiore è proprio quella della stagnazione economica e di una forte debolezza salariale, specie tra i giovani occupati.

A questi dati profondamente preoccupanti sulla condizione giovanile vanno aggiunti i dati del Censis e le dichiarazioni di varie istituzioni, come il Presidente dell’INPS Tito Boeri, che solo qualche mese fa affermavano che i giovani nati dal 1980 in poi non solo avranno problemi a trovare un occupazione stabile ma avranno anche una pensione più bassa rispetto a quella dei loro genitori.

Il quadro della situazione economica delle diverse generazioni disegnato dall’ISTAT, aggiunto al recente Rapporto McKinsey  va a creare un quadro fortemente desolante dal quale è fondamentale trovare una via d’uscita. Secondo il Rapporto McKinsey  ha preso in considerazioni le 25 economie occidentali più rilevanti e ha valutato la situazione d’impoverimento intergenerazionale tra queste. Il risultato ha una portata importante: in Italia il 97% delle famiglie italiane tra un decennio si ritroverà in una situazione patrimoniale uguale o più bassa rispetto a quella di partenza, negli USA sono l’81% delle famiglie, in Svezia solo il 20% (quello svedese è il risultato più basso). Abbiamo quindi davanti a noi una situazione d’impoverimento generale e globalizzato, secondo lo stesso McKinsey sono quasi 580 milioni di giovani dei diversi paesi occidentali a vivere il problema dell’impoverimento intergenerazionale.  E il rischio di questo, come ne parlavo tempo fa in un altro articolo sull’Argine, è quello di uno scontro intergenerazionale tra giovani e anziani.

Accanto ai dati sconfortanti sui giovani e ad una prospettiva generalizzata d’impoverimento, vi è in Italia anche l’aumento delle disuguaglianze economiche. Per l’ISTAT l’indice di Gini, che misura la concentrazione del reddito, è allo 0,51 ( il valore massimo è 1); in Italia il 20% della popolazione detiene il 67,7% della ricchezza mentre il 60% ne detiene il 14%, è il dato certificato dall’Oxfam.

La proposta politica di Enrico Rossi – Davanti a questa situazione di stagnazione, alla quale si sovrappongono in Italia una crisi sociale e una crisi demografica; la sinistra e il Partito Democratico non possono rimanere in silenzio con la sola scusa di “non dire nulla per non attaccare il Governo”. Poche sono state le analisi sentite alla luce dei nuovi dati macroeconomici. Enrico Rossi (Presidente della Regione Toscana e candidato alla guida del PD) ha provato, nel mezzo della divisione no-si al referendum di queste ultime settimane, a parlare delle questioni reali del Paese  sia in suo recente post su Facebook nel quale rilancia alla necessità di una Finanziaria ad Ottobre 2016 che guardi esclusivamente al rilancio degli investimenti pubblici e privati, aiutando i privati che investono, piani nazionale per l’occupazione e politiche di redistribuzione della ricchezza.  E sia nell’intervista-manifesto “Rivoluzione Socialista”, i cui Rossi lancia la sua idea: un sistema di welfare universale, maggiori spese sulle politiche sociali e una forte leva sugli investimenti pubblici e privati per far ripartire la crescita economica.  Questa è la strada da seguire, e non è un caso infatti che di giorno in giorno i sondaggi vedono un aumento di consenso a livello nazionale attorno alla proposta politica di Enrico Rossi.

Commenti