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Enrico Rossi: «Contro nazionalpopulisti serve fronte comune per l’Europa» . «I Socialisti cambino rotta »

I nazionalpopulisti vogliono far saltare l’Europa e l’Italia sarà l’epicentro di questo terremoto. Questa è la posta in gioco rispetto alla quale dobbiamo darci una strategia politica per il bene dell’Italia e dell’Europa.

Chi non accetta o non capisce questa premessa rischia di agevolare i nazionalpopulisti. Chi sono? Marine Le Pen, Viktor Orban, Matteo Salvini, Frauke Petry e Steve Bannon, l’ideologo dell’alt-right americana, che ha trasferito a Bruxelles i suoi uffici. Questi estremisti, figli della post-democrazia e della crisi dell’antifascismo, governano ormai paesi importanti come l’Italia, l’Austria, l’Ungheria, la Polonia e puntano al cuore dell’Europa. Viktor Orban è un grande elettore del Partito popolare europeo a cui è concesso di violare i Trattati e i diritti umani. La sua venuta a Milano ha avuto un chiaro intento: convincere Matteo Salvini a entrare nel PPE, per cambiarlo definitivamente.

Non si tratta di un assedio, ma di una mutazione genetica del campo moderato-conservatore già in corso, confermata dall’indicazione di Manfred Weber come Spitzenkandidat (candidato “guida”) del partito popolare alla guida dell’Europarlamento. Weber è il capo dei cristiano-sociali bavaresi e i suoi programmi sono austerità in economia e blocco delle frontiere. Questo asse tra le destre sovraniste e il principale partito di governo europeo pone un quesito cruciale per i socialisti, che sino ad ora, a partire dalla Germania, hanno perpetrato le larghe intese in una evidente posizione di subalternità.

Probabilmente non abbiamo mai riflettuto fino in fondo sulla crisi identitaria della democrazia tedesca. Nel corso degli anni, la Germania della Merkel – mantenendo rapporti bilaterali con la Russia, la Turchia e i paesi di Visegrad, ed esercitando un dominio commerciale e finanziario nel continente – ha prodotto una frattura politica e sociale catastrofica nel resto dell’Europa. E il dividendo politico più importante è stato incassato da nazionalisti e populisti.

Per i socialisti europei si impone un cambio di rotta. Le elezioni del 2019 incombono. Il tempo sta per scadere, ma è questa l’occasione. Nelle ultime settimane, soprattutto in Italia, su iniziativa di Massimo Cacciari e di altri autorevoli intellettuali, circola la proposta di un fronte europeo transnazionale che tenga insieme socialisti portoghesi e spagnoli, Macron e Tsipras. La proposta, oltreché ragionevole, è lungimirante e va condivisa. Non sarà certo semplice costruire un’alleanza di questo tipo senza un soggetto politico unitario, ma occorre concentrare ogni sforzo per aggregare la cultura liberale, quella socialista e quella cristiana. Tutte le forze progressiste dovranno operare con una strategia comune per scongiurare che l’internazionale sovranista finisca per divorare definitivamente i moderati e i ceti popolari.

Se questo non accadrà, correremo il rischio di consegnare le masse europee a questi estremisti che, essendo la minoranza organizzata più efficiente su scala transnazionale, possono cannibalizzare il dissenso, il malessere sociale e i voti d’opinione. Alla luce di questa posta in gioco e del precipitare degli eventi, il congresso del Partito Democratico si riduce, a mio parere, a una faccenda interna. Spero che le ragioni identitarie connesse a questo congresso non finiscano per offuscare il quadro generale e i rapporti sempre più stretti che corrono tra il futuro del paese e il contesto internazionale.

Ad esempio, trovo incomprensibile e fuori tempo la discussione sul rapporto della sinistra con i 5 Stelle per due ordini di motivi: il primo è che i 5 Stelle, come la Lega, non fanno mistero del loro programma massimo che consiste nell’abolizione del Parlamento e nel superamento della democrazia rappresentativa; la seconda è che all’interno del Movimento 5 Stelle non esiste alcuna dialettica tale da rompere il blocco nazionalpopulista. Quella dei 5 Stelle è doppiezza e calcolo politico per competere con la Lega in una logica dentro-fuori, sistema-antisistema, senza modificare i piani del governo, tradotti giorno per giorno dalle iniziative di Matteo Salvini: blocchi navali, sequestri di persona, criminalizzazione degli immigrati, deregolamentazione della detenzione di armi, sgomberi, oltraggio continuo alla Costituzione.

Chi non denuncia e non ferma queste iniziative, pur avendone la facoltà, ne è complice. Per questo i progressisti e i democratici, oltre i confini degli stati nazionali, dovranno unirsi contro l’Idra del nazionalpopulismo. Per recuperare gli elettori che ci hanno voltato le spalle, non dobbiamo trattare con le nomenklature dei nostri avversari, ma dobbiamo rinnovare i nostri gruppi dirigenti e proporre programmi radicali di cambiamento. Per queste ragioni, quello del fronte unico europeo dei progressisti non potrà essere solo un gioco in difesa dello status quo. Al contrario, dovrà essere un ritorno ai principi dell’europeismo e alla loro carica rivoluzionaria. Una difesa comune, il raddoppio del bilancio europeo per finanziare solide politiche sociali, l’unità fiscale, uguaglianza dei diritti dei lavoratori dell’Unione, un grande piano Marshall europeo per l’Africa e la trasformazione dell’Europa nel più grande spazio per la conoscenza, la democrazia e il progresso sociale. Cara sinistra, hic Rhodus, hic salta.

L’intervento è stato pubblicato da Huffpost Italia:

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