Pd351

Essere di sinistra oggi

Faccio davvero fatica ad analizzare la situazione politica attuale del mio partito. L’unica cosa che mi è chiara è che se devo cercare qualcuno che odi o consideri qualcun altro un nemico, basta cercare all’interno del PD stesso.
Fuori ci sono gli avversari, all’interno i nemici (con tutta probabilità io stesso sono il “nemico da abbattere” di qualcuno).
Faccio fatica a far mia questa logica. Non ho la presunzione di rappresentare la sinistra o qualcuno di diverso da me stesso, però incomincio a provare davvero fastidio nel vedere continui attacchi a una parte politica alla quale sento di appartenere (attacchi alle persone, alla loro storia non ai contenuti e ai concetti che esprimono).
Cosa vuol dire essere di sinistra oggi?
Sicuramente non ha lo stesso significato che aveva 20 anni fa. Cercare di interpretare l’oggi e il domani con il metro e gli strumenti di ieri è, a mio avviso sbagliato.
Oggi la sinistra deve interpretare un mondo che è cambiato, che non è più diviso (solamente) in “operai” e “padroni“. Oggi viviamo in una società di precari, di partite iva, di nuovi professionisti, di insegnanti, di artigiani che faticano tutti alla stessa maniera e che non hanno nessuno che provi a difenderli e a rappresentarli davvero. Soprattutto la sinistra ha smesso di rappresentare le nuove generazioni. Semplicemente abbiamo perso i giovani.
E per colpa nostra.
Se Grillo quei giovani li ha presi per “rabbia”, noi dobbiamo fare della loro situazione il nostro “leit motive” del processo di costruzione del nuovo pensiero di sinistra, cominciando a porsi delle domande e cercando di dargli delle risposte. Per esempio: come costruiamo la “continuità salariale” necessaria per potersi creare un futuro? Come ci immaginiamo i periodi di “vacatio” tra un contratto e l’altro? Come rappresentiamo le “partite iva”? Come estendiamo a loro i diritti base di un paese civile? Come assicuriamo a queste categorie il diritto ad assistere un malato o ad avere un figlio?, e potrei aggiungerne molte altre.
Le nuove generazioni non hanno paura della flessibilità (spesso tradotta in precariato), si sono “abituate” e l’hanno messa in conto, quasi si sono assuefatte alla situazione.
È la mancanza di una “via”, di un percorso da intraprendere, di un elevatore sociale reale (un tempo questa funzione sociale era svolta dalla scuola) che spaventa.
Occorre costruire le condizioni poiché ogni persona abbia la possibilità di potersi realizzare, iniziando dalla stessa linea di partenza. Oggi la disillusione e la rabbia nascono da lì. C’è la rassegnazione, la consapevolezza che è quasi inutile studiare. che non serve faticare, impegnarsi o sacrificarsi. Si abdica ormai al fatto che con tre lauree o vai all’estero, oppure ti troverai a sperare di trovare un lavoro precario e sottopagato.

Il messaggio e il pensiero che la sinistra deve ricostruire e far passare è proprio che vuole ridare la possibilità di costruirsi il futuro attraverso il sacrificio, l’impegno e il merito, e non in base al censo. Garantirlo. Combattendo la diseguaglianza ed il primato della finanza, del profitto e della speculazione sulla solidarietà, sul diritto e sul lavoro.
Deve affermare il principio che chi sbaglia paga, che il furbo non vince sull’ onesto, che chi non lavora va punito e non difeso a prescindere. Questo per tutelare proprio coloro che si comportano bene, per far sì che il merito torni ad essere veramente il cardine della nuova società. Ma un merito che nasce dal principio di uguaglianza, di solidarietà e di condivisione.
Questo e altro si può costruire solo se si ha il coraggio di confrontarsi, di discutere e soprattutto di rispettarsi.
Questo all’interno di un partito si può fare solo attraverso un congresso, attraverso un confronto di tesi e di idee.

Personalmente non credo che Renzi sia il “male assoluto“, ma per quanto possa non condividere molte delle scelte da lui fatte, non lo è neanche D’Alema. E soprattutto non sono dei “paria” coloro che oggi faticano a stare nel Pd, che si sentono schiacciati da una logica personalistica e verticistica e che oggi stanno facendo scelte diverse, anche dalle mie. Si apra un confronto. Finiamola di dire “andatevene” e si cominci a discutere. Finiamola con veti e minaccie incrociate.
Il PD è ancora la casa del pluralismo o di democratico è rimasto solo il nome?
Recuperiamo il senso del rispetto, del confronto e della comunità.
Altrimenti abbiamo perso tutti.

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