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Facilitazioni di Bruxelles: tanto rumore per nulla? La trattativa non è conclusa

Ieri sera le agenzia hanno aperto con la notizia: “La Commissione UE ha autorizzato, in base alle regole sugli aiuti di Stato, l’introduzione di uno schema di garanzia per le banche italiane fino al 31 dicembre 2016. Lo schema copre misure di supporto alla liquidità in favore di banche solventi come misura precauzionale”.
Sembrava l’ombrello a garanzia totale dei rischi delle banche italiane, almeno di quelle “significant” e con i requisiti patrimoniali e di solvibilità a posto. Molti giornali hanno presentato la decisione come la soluzione definitiva dei problemi del nostro sistema bancario.
In mancanza di altre precisazioni sul valore del provvedimento mi sono esercitato nella lettura attenta, anche fra le righe, delle varie notizie cercando, attraverso alcuni indizi di arrivare a una conclusione.
LA GARANZIA SOLO FINO A DICEMBRE – Intanto va detto che il via libera è limitato alla liquidità e che dura fino al 31 dicembre 2016. Si tratta di 150 miliardi, al massimo, di garanzie pubbliche per eventuali esigenze di liquidità delle banche (solo di quelle con i requisiti a posto) che non possono essere soddisfatte dal “quantitative easing” della BCE, ad esempio, per mancanza di “collaterale”, cioè di titoli o crediti da dare in garanzia a BCE a fronte della liquidità. Ci sono anche dei limiti per singola banca (5% delle passività e 500 milioni) e, come si sa, la BCE ha dichiarato solennemente che mai farà mancare liquidità alle banche. Una copertura quindi di ultima istanza, già sperimentata nel 2012 con il primo intervento a sostegno della liquidità da parte di BCE. Questo il primo indizio.

RENZI PUNTAVA  A BEN ALTRO – Il secondo indizio è la notizia, filtrata da Bruxelles, che la facilitazione è stata autorizzata domenica scorsa, cioè ben prima del vivace scambio di dichiarazioni tra RenziMerkel nelle conferenze stampa di mercoledì. Ciò significa che l’Italia intendeva ottenere ben altro, che la Cancelliera ha stoppato.

LA REAZIONE DEI MERCATI – Il terzo indizio, a questo punto quasi una prova, è dato dalla reazione dei mercati. Dopo una fiammata nel mercato “after market” di ieri sera, cioè le transazioni che avvengono dopo la chiusura della borsa, oggi l’andamento dei titoli bancari è di nuovo contrastato.
Restano fermi quindi il “bail in” e il divieto di aiuti di stato, almeno per ora.

IRROBUSTIRE IL FONDO ATLANTE – Il mio giudizio è che la trattativa non è conclusa e che un primo obiettivo – positivo e conseguibile – possa essere rappresentato dalla possibilità di usare tale facilitazione per irrobustire il Fondo Atlante, utilizzandolo come veicolo per far smobilizzare alle banche parte delle sofferenze, come ho scritto nell’articolo di ieri su questo giornale, a prezzi vicini a quelli di bilancio. Cioè trasferendo il rischio di perdite agli azionisti ed obbligazionisti di Atlante, questi ultimi incentivati ad intervenire nel fondo stesso potendo godere della garanzia (in forma di fideiussione) statale. Si parla infatti in questi giorni di affidare a un nuovo Fondo Atlante 500 milioni residuati dalla lunga e positiva attività della SGA (la bad bank che ha gestito con ottimi risultati i crediti deteriorati del default del Banco di Napoli) e 600/700 milioni dalla Cassa Depositi e Prestiti. Un veicolo destinato solo a rilevare parte della zavorra di sofferenze delle banche e che punta ad un patrimonio di 5 miliardi almeno e, forse, come ipotizzato sopra, ad una raccolta obbligazionaria garantita dallo Stato.
Le stesse fonti governative hanno precisato che il nuovo strumento a tutela della liquidità non sarà usato a breve ma che è politicamente importante il via libera di Bruxelles, anche se la Commissione dice apertamente che “non ci si aspetta” che venga attivato.

Tanto rumore per nulla? Certamente no.
Una garanzia del genere serve a tranquillizzare i depositanti, specie quelli delle banche potenzialmente a rischio “bail in”. Però non è questo ciò che serve al sistema italiano e, a mio giudizio, anche alle altre banche europee. La notizia che Deutsche Bank sia stata giudicata molto rischiosa per l’enorme operatività in derivati è illuminate ed anche il colosso tedesco ha toccato nei giorni scorsi i suoi minimi di borsa da 30 anni.
In proposito, dal Forum delle Banche Centrali di Sintra, alcune fonti che preferiscono non essere citati per la delicatezza della situazione, sostengono che, mentre i riflettori dei mercati sono puntati sulle banche italiane a causa del peso degli Npl, il sistema bancario europeo ha altri “elefanti nella stanza”, come Deutsche Bank, con i suoi derivati, la cui situazione peggiora in una situazione di bassi tassi d’interesse come quella attuale.
La discussione con Bruxelles non è quindi finita. Sono convinto che alla fine si troverà una soluzione soddisfacente e che questa verrà più per le difficoltà tedesche che per quelle italiane.
Se ciò avverrà sarà una buona rivincita per il nostro Presidente del Consiglio ed un successo italiano in Europa

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