Alice nel paese delle meraviglie

I media nel paese delle meraviglie

La decisione di Rossi e Speranza (e di molti altri) di uscire dal Pd sta costringendo tutti a rivedere lo schema con cui finora si sono analizzati gli scenari politici italiani. Le analisi fatte fino a sabato scorso non reggono più. Prima di sabato, il giorno della presentazione di “Articolo1-Movimento Democratico e Progressista” alla Città dell’Altra economia, lo schema era semplice, Renzi da una parte con i suoi e la minoranza dem a “gufare”, ad ostacolare. Ora che Rossi e gli altri se ne sono andati, quasi si rimpiange la loro uscita. La vecchia narrazione, l’unica da cui si fa fatica a distaccarsi, non regge più. Bisognerebbe invece prendere atto che l’architrave della propaganda renziana è caduto. Altrimenti invece che raccontare la realtà si resta schiavi di un paese delle meraviglie che non non c’è.

Renzi, da Fazio a “Che tempo che fa“, è tornato sull’”ossessione”, ha descritto la scissione come un disegno “di Palazzo scritto, ideato e prodotto da Massimo D’Alema”. Niente di nuovo nelle parole dell’ex premier ed ex segretario del Pd. Come se non fosse accaduto nulla, in Italia e nel Pd in questi anni. Sono bastati tre giorni in California per tornare in Italia e ripresentarsi con l’abito nuovo, come se il 4 dicembre non ci fosse mai stato, come se il Pd fosse un partito da scalare come nel 2013 al grido di “rottamazione”. Ma oggi c’è un problema rispetto al 2013: i “rottamati” e altri eventualmente da “rottamare” nel Pd non ci sono più e Renzi piuttosto che differenziarsi da Emiliano ed Orlando riesce a parlare solo di D’Alema. Che non si fa pregare: é Renzi ad aver “distrutto il Pd, lo ha svuotato di contenuti democratici e ne ha completamente svilito l’ispirazione ideale e politica”. E Pierluigi Bersani da Modena, in un’affollatissima assemblea organizzata dal neonato Movimento Democratico e Progressista: “Adesso lui ricerca il regista, ma non sia cosi umile: il regista è lui, ha fatto tutto lui, la disgregazione di questo partito ha un regista, e questo regista si chiama Renzi”.

Ma ora che D’Alema non fa più parte del Pd, come non ne fanno più parte Bersani, Speranza, Rossi, Francesco Laforgia (neo capogruppo del Movimento alla Camera) si fa fatica a rivedere l’analisi, ad abbandonare la vecchia strada. Ancora ci si attarda a parlare di quelli che sono usciti, per esempio, del trio che doveva essere Emiliano-Rossi-Speranza diventato il duo Rossi-Speranza. E si gioca a descrivere Rossi che indossa i panni del “poliziotto cattivo” (nel nuovo Movimento) al posto di quelli abituali di “ribelle educato” (che aveva evidentemente nel Pd) e un Rossi che rientra subito nei ranghi istituzionali di Presidente di Regione, “nei panni del non-populista e non-trinariciuto”. Tre volti in una stessa persona!

Nella foto: Enrico Rossi interviene a Toscana Tech

Ma di che si parla? Rossi istituzionale è il Rossi che ieri è intervenuto a “Toscana Tech” dove si è parlato di innovazione e Toscana 4.0. Una realtà, quella toscana, nella quale operano 1600 aziende ad alto valore tecnologico, di cui 75 spin-off della ricerca pubblica, dove si contano 46 mila addetti, 180 laboratori di ricerca e le Università, spin-off e start up all’avanguardia e un trend in crescita di circa il 6% all’anno e un fatturato che ha superato i 18 milioni di euro. Sono dati del 2014. Oggi va anche meglio.
A “Toscana Tech” ha partecipato anche la commissaria europea Corina Cretu: “Leonardo da Vinci sarebbe contento oggi del lavoro che si sta facendo”. Di quale lavoro? Lo ha ricordato Enrico Rossi: grazie ai fondi europei la Toscana è la prima regione italiana per export, un risultato dovuto ad una intuizione, quando, ricorda Rossi, si scelse di concentrare i finanziamenti europei sulle aziende più dinamiche che investendo creavano un valore aggiunto per l’intera economia. In queste aziende l’occupazione è cresciuta del 3.8%.

Allora, di quanti Rossi si sta inutilmente parlando? Servirebbe uno sforzo, ammettere che Rossi è uno solo, sia quando stava nel Pd sia ora che ne è uscito. Se certi risultati sul piano istituzionale si è riusciti ad ottenerli, fino a far diventare la “Toscana regione di riferimento in Europa” (parole della commissaria Corina Cretu), bisogna farsene una ragione: può capitare che si possa essere di sinistra, senza dover rinnegare storia ed ideologia e nello stesso tempo saper amministrare una regione. Il tentativo di rimozione di una politica a cui anche lo stesso Pd ha dato il suo contributo non funziona.

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