Evasione_Fiscale

Il buco nero dell’evasione fiscale: come rendere l’Italia un paese fiscalmente normale

Portare il tax gap nella media UE e recuperare non meno di 50 miliardi l’anno è solo un problema di volontà politica.

Una seria proposta politica dovrebbe porsi l’obiettivo prioritario di portare il tax gap nella media UE in una legislatura (5 anni), consentendo all’Italia di disporre, in breve tempo e in pianta stabile, di non meno di ulteriori 50 miliardi di euro ogni anno e di rimuovere la scandalosa anomalia italiana che toglie risorse al Paese, aumenta le diseguaglianze e ne mina l’economia sana. E’ solo un problema di volontà politica.

La campagna elettorale ha rimesso al centro del dibattito politico nel modo peggiore il tema delle tasse. I media enfatizzano le ricette miracolistiche di non poca parte dei nostri politici (flat tax al 15 o al 23%, abolizione bollo auto, etc.), dimentichi degli enormi danni causati nel recente passato dalla loro sciagurata insipienza fiscale, lastricata da una serie infinita di sanatorie e condoni dichiarati o mascherati. Da ultimo la riapertura della rottamazione delle cartelle esattoriali, quella delle liti fiscali pendenti e la voluntary disclosure.

Allo stesso modo il carnet della politica si riempie tutti i giorni di una pletora di promesse di spesa di chiara natura elettorale, totalmente prive di una seria copertura economica. Qualcuno ha quantificato in circa 200 miliardi le promesse elettorali finora proposte senza copertura.

E’ appena uscito uno studio sulla stima dell’evasione fiscale prodotto dall’Ufficio Valutazione Impatto del Senato della Repubblica che tiene conto dell’under reporting, cioè la tendenza dei cittadini a dichiarare nelle indagini campionarie un reddito inferiore a quello reale.

II risultato della ricerca conferma la scandalosa anomalia italiana, caratterizzata da una evasione di massa che non ha eguali in ambito UE, come emerge in modo palese dalla relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva anno 2017, pubblicata dal MEF.

LA STIMA DEL MEF – La stima dell’evasione fiscale (esclusa quella contributiva) nel 2015, relativamente al 76% delle entrate teoricamente soggette ad evasione, ammonta a quasi 95 miliardi di euro. La stima, effettuata con metodologia top down, cioè basata sul confronto tra i dati fiscali e quelli dei flussi di Contabilità nazionale, include le maggiori imposte, cioè IRES, IRPEF da imprese e lavoro autonomo, lavoro irregolare e locazione, IVA, IRAP, IMU, CANONE RAI. Mancano le addizionali irpef ed altre specifiche tipologie di tributo (imposte registro, tasi, imposte di fabbricazione e altro). Sono fuori dal calcolo anche i fenomeni di elusione fiscale, che rappresentano le forme di illecito fiscale più praticate dai grandi contribuenti e dalle multinazionali e che hanno interessato negli ultimi anni in modo rilevante l’attività dell’Agenzia delle entrate. Sulla base dei predetti dati, relativi al 76% dell’entrate teoricamente soggette ad evasione, è attendibile stimare l’evasione fiscale complessiva del 2015 in circa 125 miliardi di euro.

In particolare per quanto riguarda l’IRPEF, il cui gettito viene assicurato per oltre l’80% da dipendenti e pensionati, soggetti com’è noto a ritenute alla fonte, l’ammontare evaso relativamente al lavoro dipendente irregolare è stimato nel triennio 2012-14 in 4.337 milioni di euro ogni anno, con un gap di appena il 3,2%, quello delle piccole imprese e dei lavoratori autonomi nel triennio 2012-14 in ben 30.669 milioni di euro ogni anno, con un gap del 66,6%, in crescita nel 2015 a 31.611 milioni di euro, con una propensione all’evasione di circa il 67,2%. L’evasione IVA è stimata nel 2015 in 34.771 milioni di euro, gap del 26,4%. Rispetto al 2014 si è avuto un decremento attribuibile all’introduzione dello split payment e all’estensione del reverse charge (riforme suggerite dall’ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco).

L’evasione IRES è stimata nel 2015 in 10.299 milioni di euro, con un gap del 27,7%, quella IRAP è pari a 6.181milioni di euro, con un gap del 22,1% (che sale al 29,7%, se si scorporano i soggetti passivi enti pubblici), l’IMU evasa ammonta a 5.195 milioni di euro, con un gap del 26,9%, l’evasione relativa alle locazioni è stimata in 1.333 milioni di euro e il gap del 15,3%, quella del canone Rai ammonta a 1.008 milioni di euro con un gap del 36,9%.

LE STIME UE SUL GAP IVA – Da un recente studio finanziato dalla Commissione europea è emerso che in Italia nel 2015, la differenza tra le entrate Iva previste e quelle riscosse è stata del 25,78% pari a due volte la media europea (12,77%), più di due volte il gap Iva francese (11,71%), quasi tre volte il gap Iva tedesco (9,56%) e sette volte quello spagnolo (3,52%).

Le stime UE del tax gap Iva italiano nel 2015 ammontano a € 35,1 mld, con un lieve scostamento rispetto al gap IVA calcolato dal MEF (34,8 miliardi di euro). In valore assoluto il divario italiano dell’IVA di 35,1 miliardi su un ammontare complessivo in ambito UE di 151,4 miliardi, risulta essere il più alto tra 27 Paesi della Ue.

Lo studio UE ha il pregio di consentire il confronto del tax gap dell’Italia con quello degli altri Paesi UE, utilizzando il medesimo metodo, informazioni attendibili e dati omogenei.

GLI INCASSI DA ATTIVITA’ DI ACCERTAMENTO E CONTROLLO TRIBUTARIO NEL 2016 – Per quanto riguarda il contrasto all’evasione il MEF ha quantificato il maggior gettito realizzato nel 2016 in 19 miliardi, con un incremento del 28% rispetto all’anno precedente. L’analisi del dato, cioè la disamina delle somme incassate dalla reale attività di accertamento sostanziale, rispetto a quelle derivanti da semplice liquidazione automatizzata delle dichiarazioni e dalle procedure informatiche centralizzate, fa emergere una ben più triste realtà. Dei circa 19 miliardi di euro complessivi, 8 miliardi sono relativi ad imposte a suo tempo dichiarate e non versate (il fenomeno è legato all’utilizzazione generalizzata del tardivo versamento come sistema di finanziamento delle imprese), 500 milioni sono dovuti a versamenti a seguito di specifiche comunicazioni per favorire il ravvedimento spontaneo, 4.1 miliardi sono stati versati dai contribuenti che hanno aderito alla voluntary disclosure, 342 milioni sono conseguenti al semplice controllo documentale delle dichiarazioni (ad esempio per spese mediche detratte non spettanti, etc.).

In conclusione il maggior gettito attribuibile all’attività di controllo sostanziale si riduce nel 2016 a “soli” 6.133 milioni di euro, ivi compresi interessi e sanzioni, con un sensibile decremento (- 17,3%) rispetto al 2015, anno nel quale sono stati incassati 7. 403 milioni dall’attività di controllo sostanziale. L’anno 2016 è segnato anche da una rilevante riduzione dell’attività di accertamento sostanziale da parte dell’Agenzia delle entrate. Gli accertamenti ordinari (IIDD, IVA, IRAP) eseguiti sono stati 199.990, rispetto a 301.996 del 2015 con un decremento del 34% e si è verificata anche una sensibile riduzione delle verifiche e controlli mirati nei confronti delle imprese e dei professionisti. I controlli sostanziali eseguiti nei confronti dei contribuenti inclusi nei 10 studi di settore più significativi corrispondono appena all’1,9% del totale dei soggetti considerati, pari a circa 3,5 milioni di contribuenti. La notevole riduzione dell’attività di accertamento è da mettere in relazione all’impegno straordinario richiesto al personale dell’Agenzia delle entrate per la gestione della voluntary disclosure (323.861 atti di adesione relativi alle istanze presentate dai contribuenti che hanno aderito alla sanatoria sui redditi illecitamente detenuti all’estero), nonché ad una sensibile riduzione del personale, in particolare dei quadri dirigenti, ridotti a meno di un terzo.

COME SI PUO’ BATTERE L’EVASIONE DI MASSA – Una efficace strategia di contrasto all’evasione delle piccole imprese e dei professionisti dovrebbe:

– tendere ad avvicinare, per quanto possibile, le modalità di accertamento delle relative basi imponibili e di liquidazione delle imposte a quelle adottate per i redditi di lavoro dipendente (attraverso un’ampia utilizzazione della ritenuta d’imposta);
implementare l’uso degli strumenti informatici (tracciamento dei pagamenti e dei documenti fiscali e utilizzo ottimale dell’incrocio dei dati) al fine di favorire la naturale emersione delle basi imponibili (compliance)
introdurre momenti di confronto informativo preventivi all’adempimento fiscale, allo scopo di responsabilizzare i contribuenti e i loro consulenti in sede di determinazione degli imponibili annuali.
ottimizzare la frequenza e qualità dei controlli (anche ex ante) su piccole imprese e professionisti.
recuperare la funzione deterrente del sistema sanzionatorio e escludere qualsiasi tipo di condono.

CONCLUSIONE – E’ davvero stupefacente come in uno Stato come il nostro, gravato da un debito pubblico di circa 2.300 miliardi di euro, pari al 132% del PIL, i cui interessi passivi assorbono ogni anno una fetta importante della spesa pubblica, si taccia sul buco nero dell’evasione, la cui soluzione rappresenta la chiave di volta per dare risorse e credibilità al Paese.

Rendere l’Italia un Paese fiscalmente normale, proponendosi di portare nel tempo di una legislatura il tax gap italiano nei limiti della media UE è possibile. E’ solo un problema di volontà politica.

Porsi l’obiettivo di recuperare in breve tempo un maggior gettito annuale di non meno di 50 miliardi, per finanziare il welfare e creare, soprattutto per i giovani, vero lavoro e non assistenza, investendo, in particolare al Sud, in progetti di recupero ambientale e archeologico, di manutenzione degli edifici pubblici, di rilancio del turismo, di modernizzazione dell’agricoltura (sostenibilità ambientale e agricoltura biologica), di sviluppo tecnologico e infrastrutturale e altro , non è una chimera.

(1-continua)

L’articolo, che vi proponiamo in due puntate, è già apparso sulla rivista online www.fiscoequo.it

Commenti