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Il contratto di governo, il Pd che si sgretola e la sinistra che non riesce ancora a farsi partito.

Se, come la maggior parte degli osservatori mostra di ritenere, siamo al finale della lunga partita per risolvere la crisi di governo, è facile concludere che non è un bel finale e che le prospettive per i suoi attori e protagonisti non sono per nulla incoraggianti.

Sul tavolo al momento c’è un “contratto” di governo, a proposito del quale Ferruccio de Bortoli sul “Corriere della sera” di oggi sostiene essere caratterizzato da “vaghezza programmatica” e raccolto “in un lungo documento programmatico povero di numeri“. Eppure è attorno a quel documento che si sono confrontati, tra alterne vicende, i due protagonisti (Lega e Cinquestelle) del tentativo di formare il governo tuttora in corso, e proprio quei contenuti sono stati già sottoposti al giudizio (positivo in larga parte) degli elettori dei due rispettivi partiti o movimenti in due bizzarri e irrituali “quasi referendum“. Ed è quel documento, sul quale altrettanto irritualmente esponenti della Ue, e non solo, hanno manifestato la propria irritazione, che domani Di Maio e Salvini porteranno al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, assieme al nome (almeno si spera) per il conferimento dell’incarico.

Fin qui il fronte della formazione del Governo e vedremo domani quelli che saranno i risultati e, soprattutto, quali saranno in proposito le decisioni e le mosse del presidente della Repubblica. Vale la pena ricordare che sul piano politico un primo risultato è già l’evidente spaccatura nel Centrodestra tra Forza Italia e Lega, scolpito con grande clamore dal “motu proprio” con il quale, in assoluta solitudine, Silvio Berlusconi ha chiesto gli fosse assegnato l’incarico di formare, sulla base della sua grande esperienza internazionale, il nuovo Governo.

Ma tra i protagonisti (sarebbe più esatto dire i mancati protagonisti) della crisi politica ci sono anche il Pd e la sinistra. Cominciamo dal Pd. Non è stata certamente una buona apertura di partita all’indomani del risultato elettorale, quella del partito del dimissionario (?) Renzi. I fatti sono noti ed è inutile dilungarsi in proposito. Basta ricordare che la prima mossa è stata quella di rivendicare da subito il ruolo di opposizione, indipendentmente dai risultati delle consultazioni del capo dello Stato, perchè così avrebbero deciso gli elettori. Di qui il tifo renziano perchè Di Maio e Salvini provvedessero loro a dare un governo al Paese. Il tutto al netto della successiva evocazione dei pop corn. Poi, finalmente, ieri la più volte rinviata assemblea nazionale del partito. La quale, però, ha deciso (in apertura dei lavori e a maggioranza sulla base di una proposta del presidente Orfini) di rinviare a una successiva riunione (pare a metà luglio) ogni decisione in merito alla guida del partito. Alla fine della riunione, poi, l’approvazione all’unanimità della relazione di Martina: perchè se la si vota tutti sarà come non la avesse votata nessuno. Naturalmente non sono mancate proteste esplicite e pubbliche e anche qualche contumelia in privato. E, dulcis in fundo, a conferma e rappresentazione della grande confusione che ormai domina nel partito il segretario dimissionario che se ne va e rinuncia a intervenire. Ma soltanto dopo aver fatto circolare il suo intervento (quello non pronunciato in assemblea) perchè i suoi contestatori interni sapessero regolarsi.

Infine LeU. L’assemblea è prevista per il prossimo 26 maggio. L’obiettivo emerso dalla riunione della settimana scorsa di Articolo 1 è di rompere gli indugi e avviare nei tempi strettamente necessari un percorso costituente per farsi partito e interloquire con coloro che anche nel Pd pensano ad un solido ancoraggio alla sinistra e alla sua storia. Anche nell’assemblea di ieri non sono mancati interventi di rilievo in tal senso a cominciare da quello di Peppe Provenzano. Ma anche qui siamo in ritardo e non mancano preoccupazioni e dubbi che rischiano di diventare resistenze a scelte ormai improcrastinabili.

Foto in evidenza: Orfini, Martina, Marcucci durante una fase dei lavori dell’assemblea nazionale del Pd

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