Crediti_deteriorati

Il dibattito europeo sui crediti deteriorati ancora irrisolto

La Vigilanza europea a inizio ottobre ha posto in consultazione nuove norme che fissano un tempo massimo per eliminare i nuovi NPL (non performing loans, cioè crediti deteriorati). La regola vale per i crediti della specie dal 2018 in poi, indipendentemente dalla loro data di inizio: due/tre anni per i NPL non garantiti e sette anni per quelli garantiti, dopo i quali il loro valore di bilancio va azzerato. Tali termini, causa la lunghezza e farraginosità nelle procedure giudiziarie di recupero crediti, hanno suscitato non poche critiche.

Nella difesa dell’italianità si sono spesi l’ABI, la Banca d’Italia, politici e giornalisti. Le lamentele sono contro le cessioni “affrettate” e il rischio di “svendite”. L’ABI in particolare auspica una modifica delle norme per non penalizzare l’Italia.

Sull’argomento il Presidente della BCE, Mario Draghi, aprendo il Forum sulla vigilanza bancaria a Francoforte, ha rilanciato l’allarme sui NPL delle banche europee: “Abbiamo bisogno di uno sforzo congiunto da parte di banche, autorità di vigilanza, legislatori e autorità nazionali in modo da affrontare questa questione in maniera ordinata… creando un sistema in cui i non performing loans possano essere gestiti e smaltiti in maniera efficiente“.

Anche se i NPL in Europa, tra il 30/6/2016 e il 30/6/2017, sono scesi di 142 miliardi (795 miliardi; 5,5% del totale crediti), diverse banche non riescono ad ammortizzarli velocemente, avendone tanti in bilancio. Seppur in calo e ai livelli più bassi da marzo 2013, i NPL italiani (263 miliardi) sono quasi un terzo di quelli dell’Eurozona. In BCE ritengono che nelle nostre banche ci sia molto da fare e che si tenda a negare l’importanza del problema NPL.

Secondo Draghi, i controlli rigorosi della Vigilanza europea hanno portato a livelli di capitale più elevati e a un sistema bancario più resistente ai rischi di instabilità. Le banche sane hanno aiutato a trasmettere all’economia la politica “accomodante” della BCE, con una espansione virtuosa del credito che ha favorito una crescita economica più forte.

Sui NPL, i ministri finanziari dell’eurozona la pensano come la Vigilanza europea, la cui Presidente, Daniele Nouy, si è vista approvare i nuovi criteri. Nel suo intervento alla riunione dell’Eurogruppo la Nouy ha confermato che le regole saranno applicate ai nuovi NPL e non coinvolgeranno lo stock di crediti dubbi, un aspetto questo che prima o poi dovrà però essere affrontato.

Sul tema continua lo scontro tra Italia e BCE – Eurogruppo; una battaglia importante per le banche italiane che, prime in Europa, hanno visto applicare le regole del burden sharing nei salvataggi bancari. Le perplessità italiane sono state espresse dal Presidente del parlamento europeo, Antonio Tajani, che ha sostenuto le richieste a non proporre regole analoghe per le sofferenze già in essere.
L’establishment bancario italiano teme che nuovi accantonamenti provochino una stretta al credito e una nuova frenata dell’economia.

A Francoforte, viene reso merito all’Italia per i risultati ottenuti – per esempio da Intesa SanPaolo, UniCredit e Mediobanca – notando però che diverse banche hanno situazioni gravi. Viene poi sottolineato che i prezzi bassi dei NPL sul mercato, un fattore che limita la riduzione dei crediti cattivi, dipende pure da inefficienze e lentezze della giustizia civile italiana. Negli ambienti bancari si confida tuttavia che la Vigilanza di Francoforte possa allungare i tempi di azzeramento dei NPL.

Il presidente, in scadenza, dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, d’accordo con la BCE, ha tentato (vanamente) di rassicurare gli italiani, affermando che i nuovi requisiti “servono per essere sicuri che i problemi delle banche italiane non accadano più in futuro”. Dijsselbloem ha aggunto di “avere molto rispetto per il lavoro che l’Italia sta facendo con le banche, ma allo stesso tempo dobbiamo guardare avanti e dare alle banche un solido sguardo di prospettiva, prepararle e prevenire che lo stesso problema non torni in futuro”.

Da Madrid, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha chiesto di andare avanti nelle regole sugli Npl ma con giudizio, per evitare di scatenare una valanga di vendite dei crediti a pochi operatori con effetti negativi sui bilanci bancari. Visco ha anche sollecitato la revisione delle regole per permettere, con celerità e in limitati casi, i salvataggi pubblici, ribadendo l’importanza di una bad bank di sistema per gli NPL. Quest’ultima non ben vista dai partner UE per il debito pubblico eccessivo italiano, oltre il 130% del PIL.

Le indicazioni di Daniele Nouy spingono a sveltire lo smaltimento dei NPL e in BCE si ritiene che le banche italiane possano fare gli accantonamenti necessari, in quanto la ripresa economica sta facendo calare i fallimenti a livelli che non si vedevano dal 2005.

Sebbene le critiche italiane abbiano un certo fondamento, sembra che tanti in Italia rimpiangano i tempi in cui le sofferenze potevano rimanere in bilancio a oltranza, con svalutazioni discrezionali.
Si chiede una bad bank comunitaria (in sostanza altri aiuti per decine di miliardi alle banche), ed eccezioni per tenere conto di “peculiarità” e “specificità”, mentre i dati rivelano uno stock in diminuzione, per le cessioni, la crescita economica e gli aiuti di Stato.
In un momento come l’attuale, le priorità sono ben altre e i cittadini ben difficilmente sarebbero disposti a tollerare altri interventi a favore di banche e banchieri.

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