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Il Parlamento e la sua centralità in tempo di emergenza e pandemia. Dannoso evocare militarizzazioni

In questi giorni ha in me provocato non poca meraviglia, e altrettanta indignazione, il fatto che esponenti dell’ antiparlamentarismo nazionale abbiano cominciato a chiedere a voce alta e stentorea che si riaprano le Camere (ma quando mai sono state chiuse?) e, visto che ci siamo, le rispettive assemblee siedano in Parlamento. Per essere chiaro mi riferisco al capo della Lega Matteo Salvini (assenteista collaudato anche in Europa e recente assertore che occorrano pieni poteri, naturalmente per sè medesimo) e a Giorgia Meloni capa di Fdi (che anche in questi giorni di coronavirus ha continuato a chiedere l’elezione diretta del presidente della Repubblica). Più defilato questa volta Matteo Renzi che il suo contributo all’antiparlamentarismo l’aveva dato con il tentativo, alla fine fallito, di varare una riforma costituzionale che avrebbe dovuto abolire il Senato.

Ora io penso che sia più che ragionevole che le opposizioni chiedano che le Camere siano aperte e altrettanto ragionevole che ad esse il Governo dia la massima informazione sull’andamento della pandemia e dei provvedimenti che si stanno prendendo per contenerla e contrastarla. Non tutta la informazione può essere delegata alla quotidiana conferenza stampa dei bravissimi Borrelli e Brusaferro. Bene ha fatto, quindi, il presidente del Consiglio Conte a dirsi pronto a riferire in Parlamento. E mi auguro che possa farlo domani come preannunciato. Le istituzioni prima di tutto. Anche e soprattutto in tempi di emergenza.

E qui, però, mi permetterei di osservare che mi sembra davvero un fuor d’opera chiedere, come hanno fatto Meloni e Salvini (esiste anche una petizione popolare in tal senso) che Camera e Senato siano in seduta a oltranza. Il Parlamento in un sistema come il nostro, si riunisce nella rispettive assemblee per discutere e deliberare sulla base di precisi ordini dei lavori messi a punto dalla conferenza dei capigruppo e dalle rispettive presidenze. Le assemblee permanenti, quelle sì, sono un vecchio retaggio delle retoriche sessantottine.

Quindi giustissimo che Montecitorio e palazzo Madama siano aperti e funzionanti per il maggior tempo possibile. Sono il luogo non soltanto simbolico della politica. Stavo per scrivere “di quel che resta della politica”. Ma non è questo il momento. E mi torna in mente la bella battaglia democratica che ogni estate conduceva Marco Pannella perchè il portone di Montecitorio non si chiudesse dinanzi all’incedere del generale agosto. Allora c’era un po’ più di politica. E partiti un po’ più partiti.

Altrettanto positivo, e lo abbiamo detto che, le assemblee si riuniscano per sentire e discutere ciò che dirà il presidente del Consiglio. Già. Ma dove e come? Perchè anche in Parlamento varranno le regole anticontagio e soprattutto quel metro e mezzo di distanza tra un deputato e l’altro. Credo che sia un problema logisticamente risolvibile: una ridotta presenza dei gruppi parlamentari, tenuto anche conto che il dibattito si può ascoltare dagli uffici. E, male che vada da Radio Radicale o altro. Già, ma al momento del voto? Anche questo è un problema più che risolvibile con strumenti tradizionali. A cominciare dalla esperienza e bravura dei commessi a regolare questi adempimenti. A mali estremi c’è anche la proposta Quagliariello per trovare una sede più grande. A Roma non ne mancano.

Si è parlato molto in questi giorni di voto a distanza e voto on line. Se possibile meglio evitare soprattutto quest’ultimo, peraltro accolto nell’assemblea di Strasburgo. Da noi ho qualche perplessità, probabilmente per l’incombere sullo svolgimento della politica italiana della cosiddetta piattaforma Rousseau, patrimonio di un unico gruppo parlamentare. O viceversa.

Vorrei fare un ulteriore osservazione. Credo che finora il governo Conte 2, con tutti i suoi difetti di comunicazione spesso palesati, non abbia mai rifuggito gli appuntamenti parlamentari. Traendone il più delle volte vantaggio. Vale la pena ricordare che poche possono essere storicamente le crisi di governo parlamentarizzate più di quella che ha portato dal governo Conte 1 al quello Conte 2. E’, infatti, nelle aule parlamentari, in conseguenza di una mozione di sfiducia della Lega, poi ritirata in corso d’opera, che si verificò la rottura tra Conte e Salvini. Uno scontro che per la sua asprezza è ormai parte della storia parlamentare.

In conclusione, una chiosa sulle decisioni che l’Esecutivo ha preso e si prepara a prendere. Finora i cittadini italiani hanno reagito con grande disciplina e altrettanta dignità alle misure dei decreti per contrastare il corona virus. Lo dimostrano le strade vuote e anche l’alto livello di gradimento del presidente del Consiglio, cresciuto in questi giorni. Questo è un patrimonio democratico importamte, e sarebbe davvero un grave errore politico dissiparlo con provvedimenti inutilmente afflittivi. E quindi, se possibile, evitiamo di evocare dannose e inutili militarizzazioni.

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