Ombra Renzi

Il talent show a vuoto: più da premier che da segretario

Da due anni e mezzo faccio parte della direzione nazionale del Partito Democratico. Ho assistito alla fase in cui ci veniva detto che si doveva appoggiare il Governo Letta accettando l’accordo con la destra, quella in cui quel Governo era passato di moda e serviva la giusta guida per andare al voto, quella in cui – una volta Renzi ha sostituito Letta – si doveva lavorare per riforme e portare a termine la legislatura (sempre con la destra).

Sono sempre stato minoranza. Non mi stupisce quindi che nonostante il risultato elettorale che ci ha portato a perdere in tantissimi Comuni ed in particolare in 3 delle prime 4 città italiane, la maggioranza della Direzione si sia accontentata di uno spot del Presidente del Consiglio sui suoi due anni di operato e di una minimizzazione del risultato del voto fatta dal Segretario. Che poi sono la stessa persona.

Mi ha colpito però che la Direzione, rispetto a tutte le precedenti convocazioni, si sia spostata in una sede diversa, in via Palermo a Roma. Una sede blindata. Le camionette della Polizia fermavano il traffico nel tratto di strada davanti alla sala, gli accessi erano consentiti solamente alle persone iscritte in un elenco di autorizzati. La stampa era lasciata al di là del cordone di sicurezza. Non so quali siano le ragioni di questo spostamento. Ai componenti della Direzione non sono state comunicate. Ma colpisce la distanza che si é frapposta tra la sede del confronto ed il resto del mondo. Sembra quasi che il Partito Democratico metta in mostra, anche plasticamente, la distanza dai cittadini della capitale, che al 70% hanno votato per una sindaca del Movimento 5 Stelle.

Un’ora abbondante di relazione del premier, poco più di venti minuti di intervento del segretario. Così potrei definire l’intervento di Matteo Renzi. Intervallato da tre video (novità assoluta per una Direzione di Partito), in diretta nazionale. Un vero e proprio evento mediatico fatto di fronte ad una platea che per due terzi sembra quasi in estasi mistica. Vengono presentati i risultati del Governo ed il voto di giugno viene ridotto al concetto che non c’è una lettura univoca del risultato e che il vero problema sono coloro che vedono i problemi. Che poi sono le milioni di persone che hanno smesso di votare PD.

Un dirigente del mio Partito si alza e definisce “bambolina” il nuovo Sindaco di Roma (eletta con il 67% dei voti). Il premier ride, così come buona parte dei componenti della presidenza e dei presenti in sala. “Il ghigno e l’ignoranza dei primi della classe”, direbbe Guccini.

Tutto va bene, avanti su questa strada. Nessuna messa in discussione delle scelte fatte in materia di lavoro, nessun ragionamento autocritico su politiche fiscali che non redistribuiscono nulla e favoriscono i grandi proprietari di immobili, nessuna riflessione seria sulle difficoltà dei Comuni nel garantire servizi ed investimenti nei quartieri, nessuna marcia indietro sulla legge elettorale, nessun ripensamento su come é stata posta la campagna referendaria, nessun confronto sul conflitto che si é aperto con il mondo della scuola.

Una platea divisa tra entusiasti, sostenitori di mestiere e critici. Una direzione-show che si riunisce con eventi mediatici dove va in onda il gioco delle parti e che – quando vuole decidere in fretta – decide a distanza con votazioni telematiche in cui vige il silenzio assenso. Una sorta di tele-voto. Mi ha colpito molto, nell’estate 2015, la votazione fatta per eleggere il nuovo commissario del PD ligure dopo la sconfitta elettorale alle regionali. Una sconfitta frutto di un indirizzo politico che avremmo visto riproposto anche nelle elezioni del 2016 e che – senza alcuna discussione di merito – é stata archiviata con una delibera assunta con 1 o 2 contrari e quasi 200 “favorevoli” con un voto telematico.

Senza consenso, cosa si riforma? E per chi, visto che l’azione del Governo non sembra avere nessuno scatto verso la redistribuzione?  Che risposta diamo in Italia all’euroscetticismo inglese o ai movimenti che, da sinistra (Grecia, Spagna) come da destra (Austria, Francia, Olanda), stanno trasformando la politica europea?

Le persone ci chiedono coerenza, passione, visione, ideali. Ci chiedono spazi in cui partecipare ad un progetto collettivo. Trovano invece un talent show con un protagonista molto abile nel raccontare quello che fa, ma molto poco attento ad ascoltare quello che dovrebbe rappresentare. Un protagonista che ha promesso di rottamare le ideologie ma ha rottamato gli ideali. Lasciando dove erano quasi tutti i vecchi protagonisti e circondandosi di qualche fedelissimo per i ruoli operativi.

Si é scelto di centrare in pieno il muro premendo il piede sull’acceleratore. Ogni giorno passato così, costerà carissimo nei prossimi anni.

Recuperare tutto questo ci costerà una fatica immane.

 

 

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