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In un Europa senza europeismo Salvini lancia la “superlega” degli egoismi nazionali e minaccia il “trentennio”

Dal pratone di Pontida, a capo di una Lega con Bossi che non va e con Maroni che preferisce tenersi ai margini, Matteo Salvini, vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno, ha lanciato due minacciosi proclami. Il primo all’Italia: “Governeremo per 30 anni“. Il secondo più in generale all’Europa annunciando per le prossime elezioni una sorta di “superlega” europea per raggruppare gli ormai tanti partiti populisti e sovranisti. Una specie di internazionale degli egoismi nazionali, dunque, in grado di mettere in riga i cosiddetti “poteri europei“.

Della prima minaccia, quella del trentennio, si potrebbe dire che basta pensare a chi in Italia ha comandato per un ventennio e con quali drammatici risultati, per sentire più di un brivido nella schiena. Una minaccia che comunque ha bisogno di una dura e decisa risposta da parte di chi quel disegno ha il dovere di contrastare: dalle forze di opposizione prima di tutto ma non solo. Come si porranno e come replicheranno gli alleati di Salvini e come proveranno a contenere almeno questa prospettiva (altro che contratto di governo!) i suoi alleati dei 5Stelle, e come reagiranno il presidente del Consiglio Conte e i ministri più attenti ai problemi del Paese che alle irragionevoli tentazioni della propaganda dovremo vederlo e valutarlo a partire da subito.

Fin qui l’ambito nazionale, ma la seconda parte del disegno leghista riguarda l’Europa e il suo futuro. L’idea del leader leghista è quella di lanciare alla prossima consultazione elettorale del prossimo anno una sfida finale all’ Europa dei De Gasperi e degli Adenauer, dei Saragat e dei Brandt, ormai affidata alla generosa quanto usurata resistenza della Cancelliera Merkel, poco e mal supportata da Macròn fragile, incerto e guardingo sugli interessi francesi. L’obiettivo leghista è quello di concretizzare nelle istituzioni europee (la Commissione prima di tutto, ma non solo) la ormai evidente prevalenza degli Orban, dei polacchi, degli slovacchi, dei Seehofer, degli austriaci del gruppo di Viseagrad e con Salvini che, al di là delle Alpi, dal pratone di Pontida prova a mettere la ciliegina finale sulla torta degli egoismi nazionali.
Vedremo se e quanto la Merkel sarà in grado di resistere e se il leader bavarese si spingerà fino all’apertura formale della crisi di governo. Colpisce comunque anche in Germania, ma non solo lì, la quasi assoluta irrilevanza dei socialisti che furono di Brandt e Schmidt.

Per tornare alle cose di casa nostra sarebbe una grave errore sottovalutare il talento e l’abilità politica di Salvini. Il quale ha sinora dimostrato di saper far politica non soltanto con un’insopportabile arroganza e prepotenza, ma anche con i tempi giusti. Sfruttando fino in fondo la straordinaria coincidenza di un vertice europeo finito nel migliore dei casi con un nulla di fatto e dell’apertura di una crisi politica in Germania. Come già aveva fatto in Italia (e ne sanno qualcosa Renzi e Berlusconi e potrebbe presto scoprirlo Di Maio) il leader leghista sa approfittare meglio di altri della fortuna, ma soprattutto della debolezza degli altri. E questo spiega in buona parte le sue vittorie elettorali nell’Italia dei partiti leggeri e nell’Europa della politica subordinata alla finanza e alle ragioni dei mercati.

Questo è il quadro (in Italia come in Europa) al quale toccherebbe reagire e presto: ma per farlo ci vuole una politica forte, la quale non ci può essere senza partiti forti. Senza i quali anche l’idea (pur generosa e volenterosa) di fronti repubblicani si rivelerebbe velleitaria dinanzi ai Salvini e gli Orban di turno.

Foto in evidenza: Matteo Salvini al raduno di Pontida

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