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Intervista al filosofo Ernesto Paolozzi: “Libertà e giustizia sociale si guadagnano e perdono assieme”

Ernesto Paolozzi è fra i più noti studiosi di Benedetto Croce e del liberalismo interpretato come un metodo, una concezione della vita. Oggi è candidato di Liberi e Uguali alla camera dei deputati nel collegio plurinominale di Napoli. “Libertà e giustizia sociale si guadagnano e perdono assieme”.

E’ una scelta difficile, che va spiegata.

Certo. Io ho sempre pensato che il liberalismo si fondasse su una filosofia della libertà più che su un insieme di dottrine particolari. Senza pretendere di averne il copyright, credo che un liberalismo moderno non possa appiattirsi sul cosiddetto liberismo economico. Sono convinto che libertà e giustizia sociale si guadagnano e perdono assieme. Non si può essere a favore dello Ius soli e dimenticare i diritti dei lavoratori, il diritto di molti di quei bambini nati in Italia ad avere un lavoro certo e dignitoso. La precarietà contrabbandata per flessibilità è una sottrazione di libertà, di giustizia sociale e, conseguentemente, di diritti politici.

Da qui la scelta di una forza politica, Liberi e Uguali, che sembra rappresentare queste esigenze, questi bisogni. Però LeU è molto caratterizzata a sinistra.

Sono stato a Napoli fra i fondatori dell’Ulivo e poi del PD proprio perché, dopo la crisi della prima repubblica, abbiamo sperato che si potesse creare un movimento di sinistra moderno, di grande respiro. Negli ultimi tempi, per dirla con Berlinguer, quella spinta propulsiva si è arrestata. Negli ultimi mesi la spinta ha cambiato verso, verso destra.

A cosa si riferisce, in particolare?

Alla legge sul lavoro e a quella sulla scuola, riforme coerenti con un sistema politico liberista se non ultra-liberista. Io, come detto, nella polemica fra Croce ed Einaudi, peraltro rispettosissima, sulla distinzione fra liberalismo e liberismo, sono sempre stato dalla parte di Croce. Non è solo una questione di principio, ovviamente fondamentale, ma anche una considerazione storica: il liberismo che pure aveva qualche ragione, si è trasformato in una sorta di darwinismo sociale, di disprezzo per i più deboli, di rancore per chi ce la fa. L’altra faccia dell’antipolitica, del populismo. Perciò penso che una nuova prospettiva può nascere solo a sinistra. Altrimenti vince la destra regressiva che si mangia anche il liberismo. E’ la battaglia che si combatte negli Stati Uniti d’America.

Pensa alla terza via di blairiana memoria?

Per la verità no. La terza via aveva senso quando lo Stato sociale era andato in crisi per troppe politiche sbagliate, il clientelismo, la corruzione e così via. Sono passati decenni. Oggi ha ragione Yeremy Corbyn nel prospettare un socialismo più radicale, un ritorno, che è un andare avanti, ai principii fondativi della sinistra socialista, laburista. Come prospetta anche Enrico Rossi nel suo libro, Rivoluzione socialista.

In che senso più radicale?

Sulla questione del lavoro, ad esempio, non solo riaffermando diritti e garanzie per lavoratrici e lavoratori, non solo redistribuendo il reddito attraverso interventi pubblici, ma affrontando la questione della liberazione dal lavoro inteso in senso tradizionale. Tutto sommato va recuperato il senso della proposta: lavorare meno lavorare tutti. Qualcosa si muove in Germania e nei paesi scandinavi. Sto per pubblicare un pamphlet su questo argomento con il direttore del Il Tirreno Luigi Vicinanza per l’editore Guida di Napoli.

Si tratta, se ben capiamo, di mettere in campo una prospettiva che, innanzitutto, modifichi il senso comune, l’egemonia culturale del momento storico. Vaste programme…

Esatto. Oggi non è il momento delle piccole scelte. Non si va avanti in politica se non si accompagna l’attività pratica con una visione culturale e strategica più ampia. Anche per questo deficit ideologico nascono e muoiono partiti e movimenti ogni cinque, dieci anni. La politica va in esilio e si lascia spazio alla comunicazione, alla moderna sofistica, alla politica spettacolo. La nuova maschera dei totalitarismi. I quali, prima o poi, gettano la maschera e rivelano il loro volto violento.

Pensa che quella di Liberi e Uguali sia solo una battaglia simbolica, di testimonianza o che possa avere uno sbocco politico?

Le previsioni astratte sono frutto dell’immaginazione e dell’impotenza. Nascondono, spesso, l’ansia degli opportunisti che non riescono a capire chi vince. Però, se proprio devo provarci, credo che stiano maturando i tempi per una svolta anche politica, in America, in Europa e, prima o poi, anche in Italia. Il ciclo delle destre si sta consumando. Non dobbiamo immaginare, però, che si possa riproporre il passato sic et simpliciter, la globalizzazione e l’impetuoso crescere della tecnica ci obbligano a rivedere molte nostre certezze. Sinistra significa anche saper affrontare il futuro con spregiudicatezza di pensiero pur rimanendo ancorati ai valori di fondo: giustizia sociale e libertà. In questa prospettiva Liberi e Uguali potrà essere il primo nucleo di un movimento politico di grande rilievo. In piena sbornia nuovista e giovanilista, retaggio del fascismo, paradossalmente l’unico movimento nuovo nasce a sinistra anche se la stampa la dipinge come vecchia.

Nella foto in evidenza: Ernesto Paolozzi, candidato di Liberi e Uguali alla Camera nel collegio plurinominale di Napoli

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