“Dio è morto, Marx è morto e io non mi sento tanto bene”. Chi meglio di Woody Allen può sintetizzare lo smarrimento a sinistra dopo il mazziatone elettorale del 4 marzo scorso? Siamo entrati nel vivo delle consultazioni del Presidente della Repubblica, ma più che ad un passaggio istituzionale importante e delicato sembra di assistere ad una puntata di In Treatment con l’unica variante di Sergio Mattarella al posto di Sergio Castellitto nelle vesti di psicoterapeuta.
Mentre il mondo intorno a noi cambia ad una velocità incredibile e ci pone praticamente ogni giorno di fronte alla necessità di valutare e interpretare nuove sfide, nuovi scenari, ci attardiamo sul lettino ad interrogarci se dare credito ai 5Stelle, se accettare la loro proposta di “contratto” (che più che sinallagmatico sembrerebbe per adesione), se ritirarci in uno sdegnato Aventino, se correre il rischio di nuove elezioni.

Probabilmente, però, lo smarrimento è la conseguenza di una situazione politica assolutamente nuova e, per alcuni versi, assolutamente originale, per quanto non imprevista e imprevedibile, complice anche una sciagurata legge elettorale. Non è più, o tanto, un problema di bi o tripolarismo, quanto il fatto che alcuni degli attori in scena hanno una concezione della società, delle istituzioni, della stessa democrazia, inaccettabile. Oltre che pericolosa. Prefigurare una sorta di democrazia diretta che superi di fatto quella parlamentare, pone un problema serio aggravato dalla circostanza che tale idea ha già fatto largamente breccia in vasta parte degli. E la democrazia diretta mette inevitabilmente in crisi non solo i partiti tradizionali e il loro rapporto con i cittadini, ma prefigura anche il superamento di tutti i corpi intermedi della società.

Del resto è nota l’idea che i 5Stelle hanno del ruolo e della funzione dei sindacati. Le Istituzioni sono oramai considerate un luogo lontano in cui non si prendono decisioni importanti e decisive per la vita di ognuno di noi, ma il luogo dove una “casta” chiusa e autoreferenziale cerca il modo di proteggere e perseverare in immeritati privilegi. Ho usato il termine “casta” non a caso. Infatti, assistiamo da anni a campagne giornalistiche, anche di giornali, diciamo così, “generalisti”, in cui non si denunciano gli abusi e l’immoralità di certi comportamenti legati a taluni ruoli istituzionali che sono comunque una quasi insignificante minoranza rispetto al totale. Al contrario, si è data l’impressione che quasi mille parlamentari, e migliaia di consiglieri e amministratori regionali, siano impegnati quotidianamente alla malversazione, all’inganno, all’arricchimento personale. Non è per fortuna così, ma è così che la situazione è generalmente concepita.

Dobbiamo, però, interrogarci su come risolvere un problema pratico, maledettamente pratico. Se avvicinassi un operaio dell’Ilva di Taranto, o di una qualsiasi altra azienda del sud, gente che ha in massa votato per i grillini e provassi a spiegargli quanto consideri pericolosa l’idea di democrazia di Di Maio, troverei – oggi – ascolto o mi prenderebbe a calci ovunque? Come, in sostanza, rendere pratico e seducente un concetto e non ridurlo ad un semplice esercizio accademico. Abbiamo di fronte un enorme pericolo che però avvertiamo solo noi. Moltissimi altri il pericolo non lo colgono. Anzi, per loro addirittura non c’è, affascinati come sono dall’ipotesi di poter davvero decidere direttamente, senza alcuna mediazione, il proprio destino. E’ una cazzata enorme, ma è una realtà con cui fare i conti.

Quello che ci attende, nel cammino di ricostruzione della sinistra e della cultura e della coscienza degli italiani, nell’indicare loro una diversa consapevolezza del loro futuro, non è una traversata nel deserto. Magari. E’ un qualcosa al cui confronto Mao riconoscerebbe che la sua “lunga marcia” era davvero un ballo di gala. Martina, in un’intervista a la Repubblica, prova ad abbozzare timidamente un percorso. Ma è un vorrei…..non vorrei……
E’ naturale riconoscergli lo sforzo, in questa difficile fase, di tenere per quanto possibile unito il suo partito, ma nel momento in cui indica nella “giustizia sociale” il campo in cui una forza di sinistra dovrebbe piantare stabilmente le proprie tende, opera di fatto una scelta netta. In natura, e nella storia, solo chi si ispira alla politca, agli ideali e alla pratica del socialismo e della Dottrina sociale della Chiesa, anela la giustizia sociale. Tertium non datur.

O all’operaio dell’Ilva siamo capaci di spiegargli non solo il pericolo, ma indicargli un orizzonte, oppure possiamo tranquillamente dedicarci ad altro. Sconfitti ed inutili: è questo il vero pericolo da evitare. E per cominciare: “cari cittadini del Movimento 5 Stelle, visto che i contratti sono l’accordo tra almeno due parti, per quanto ci riguarda vorremmo innanzitutto che il luogo di decisione, ed eventuale mediazione, sia il Parlamento e non il web. E che ci sono dei punti irrinunciabili che riteniamo siano parte integrante del negozio. Che ne pensate?”.

Foto in evidenza: Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e Luigi Di Maio (5Stelle)

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