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Islanda: un governo guidato dalla Sinistra verde? Intervista alla leader Katrín Jakobsdóttir

Oggi l’Islanda va al voto per la seconda volta in un anno a causa dell’ennesimo scandalo che ha fatto cadere il governo in carica. In queste elezioni, tuttavia, la principale opposizione al Partito dell’Indipendenza di centro-destra è rappresentata dal Movimento della Sinistra verde, un partito d’ispirazione socialista, ecosocialista e femminista, che, per la prima volta, potrebbe trovarsi di fronte alla possibilità di guidare un governo.

Formatosi nel 1999 dai gruppi contrari alle politiche social-liberali della nuova Alleanza Socialdemocratica, il Movimento della Sinistra verde si è alleato con i partiti europei movimentisti e contrari al neoliberismo. Nel 2009, è andato al governo per la prima volta come alleato dei socialdemocratici. La loro partecipazione a quel governo è stata controversa, a causa dei tagli alla spesa pubblica e dei rimborsi, molto impopolari, al governo britannico e olandese per il collasso della banca IceSave.

Ma quattro anni dopo aver lasciato il governo, il partito, che porta avanti un programma in difesa del welfare e per il rinnovo della politica, è molto vicino al potere e, in tutti i sondaggi, lotta per il primo posto con il Partito dell’Indipendenza.

Ronan Burtenshaw, il direttore di Jacobin Europe, ha intervistato la leader del Movimento della Sinistra verde, Katrín Jakobsdóttir, in merito alle ragioni che stanno dietro l’ascesa del partito, il programma per queste elezioni e cosa farà una volta al governo (Europe’s Next Left Government? – Jacobin Magazine – 26 ottobre 2017).

Di seguito, vi proponiamo una traduzione dell’intervista.

La destra, storicamente, è stata dominante nella politica islandese, con le coalizioni di sinistra che hanno governato per solo quattro anni dal 1980. Cos’è cambiato? Perché un partito come il Movimento della Sinistra verde sta andando così bene nei sondaggi?

«Per buona parte della nostra storia, il Partito dell’Indipendenza è stato quello più forte in Islanda. Brevemente, dopo la crisi, è stato rimpiazzato dall’Alleanza Socialdemocratica, ma oggi la destra è nuovamente al potere. Quindi, l’Islanda ha una storia diversa rispetto agli altri paesi nordici e della Scandinavia.

Al momento, quello che vediamo è una polarizzazione della politica – la sinistra si sta rafforzando, ma anche la destra sta raccogliendo le energie. Il fattore insolito è che il Movimento della Sinistra verde è davanti ai socialdemocratici, sia alle ultime elezioni che nei sondaggi. Da quando è stata fondata, l’Alleanza Socialdemocratica è stata sempre stato il partito più grosso, fra il 25% e il 30%. Questo fino al 2013.

Il Movimento della Sinistra verde era al governo dopo la crisi. Abbiamo perso voti alle elezioni successive, ma da allora siamo cresciuti in maniera stabile. […] Credo che la ragione risieda nell’aver adattato il nostro approccio. Non siamo più un partito anti-establishment – dopo che vai al governo è difficile continuare a definirsi tale – ma in compenso parliamo di ciò che abbiamo imparato durante la nostra esperienza di governo, le politiche positive e quelle negative di cui siamo stati responsabili. Inoltre abbiamo messo in chiaro che siamo pronti per tornare a governare.»

Nel vostro programma ci sono alcune proposte radicali – ridurre la settimana lavorativa, un referendum sull’appartenenza alla NATO, estendere in maniera significativa il congedo parentale, una nuova costituzione – ma anche la promessa di non aumentare le tasse per la maggior parte delle persone e la proposta di adottare un approccio “professionale e trasversale ai partiti” sul settore finanziario. Dal momento in cui il Movimento della Sinistra verde non è più un partito anti-establishment, quanto cambiamento propone?

«La questione principale per il nostro partito è il sociale, e per la precisione il welfare. Abbiamo parlato di sanità pubblica e istruzione – e come i soldi pubblici vengono utilizzati per facilitare le privatizzazioni in quei settori. […] Stiamo inoltre discutendo altre proposte in merito al welfare, come estendere il congedo parentale, le politiche sulla casa […]. Proponiamo anche di alzare le tasse sui più ricchi […]. Questo è stato un tema chiave della nostra campagna e quello su cui ci ha attaccato maggiormente la destra nelle scorse settimane.

Siamo il partito più a sinistra nella politica islandese, quindi sappiamo che per andare al governo dobbiamo conquistare il consenso su molti temi. Ad esempio, vogliamo ristrutturare il sistema finanziario. Adesso, grazie al nostro impegno, più partiti ci stanno pensando, dicendo che dobbiamo fare molto di più che seguire le normative europee e vendere le banche nazionalizzate durante la crisi. A nostro avviso è necessario pensare in maniera sistematica, di utilizzare quelle banche e di non venderle finché non sono state ristrutturate. Abbiamo anche proposto di tenere una banca nelle mani dello stato e fare in modo che il pubblico tragga vantaggi dai profitti attraverso investimenti nelle infrastrutture e nuove tecnologie […].»

La risposta dell’Islanda alla crisi finanziaria è stata ampiamente mistificata, con i commentatori che l’hanno presentata come un paese dove i “banchieri cattivi” andavano in prigione e una rivoluzione dei cittadini ha cacciato la corruzione dalla politica. Chiaramente, visti i recenti scandali relativi ai Panama Papers […], questo non è un ritratto preciso. Cosa pensi del tempo passato al governo da parte del Movimento della Sinistra verde in quel periodo?

«È importante dire che siamo stati al governo nel mezzo di una crisi. Il deficit era di duecento miliardi di corone islandesi (circa 1,2 miliardi di euro ai tempi) nel 2009. Se vuoi davvero cambiare la società, quella è una posizione molto difficile in cui trovarsi. Ma, quando abbiamo lasciato il governo, i conti erano nuovamente in ordine e questo senza nessuna privatizzazione. Ci siamo riusciti alzando le tasse ai più ricchi e alle grandi aziende, come quelle dell’industria ittica, ma anche tagliando qualche voce in bilancio – cosa molto difficile per un partito di sinistra. Abbiamo dovuto lavorare con il Fondo Monetario Internazionale, che era qualcosa che non volevamo fare – ma quando guardo alle esperienze di altri paesi in Europa, quelli che hanno lavorato con l’Unione Europea e la Troika, penso che la nostra esperienza sia stata migliore.

Abbiamo portato avanti riforme progressiste sulla tassazione – prima del governo del 2009-2013, in Islanda c’era principalmente il sistema della flat tax e noi l’abbiamo rimpiazzato con una tassazione progressiva. […]. Abbiamo anche aumentato la tassa sulle rendite derivate da risorse naturali, in particolare nell’industria ittica, che tradizionalmente sono il settore principale nell’export, in Islanda. Abbiamo fatto passare l’idea che quelle risorse sono un bene comune e che dovrebbero portare vantaggi anche per i cittadini. Ci siamo anche concentrati sul tentativo di arrivare a una nuova Costituzione, dopo una grande consultazione in tutto il Paese, ma non è stata approvata a causa della forza dell’opposizione. […]

Quello che non siamo riusciti a fare, purtroppo, è ristrutturare completamente il sistema finanziario. Ecco perché ci stiamo concentrando su questo tema nell’attuale campagna. Ad esempio, vogliamo creare un la possibilità di avere diversi tipi di banche – delle cooperative, ad esempio – che quasi non esistono in Islanda. Abbiamo l’opportunità di farlo finché grossa parte del sistema rimane in mano pubblica.»

La sinistra nordica è famosa per dare la priorità alle questioni femministe, che sono molto importanti nel programma elettorale del Movimento della Sinistra verde. Che aspetto avrebbe un governo femminista in Islanda e quale politiche volete introdurre?

«Stiamo discutendo due politiche chiave al momento. La prima legata all’occupazione – mettere fine al divario retributivo tra i generi e cambiare il mercato del lavoro nei settori completamente dominati dagli uomini o dalle donne. […] L’altra grande questione è quella della violenza di genere […]. Mentre eravamo al governo abbiamo […] reso l’acquisto di sesso illegale per combattere la prostituzione, secondo il modello svedese, e abbiamo cambiato la legge sulla violenza domestica, dove è chi compie la violenza a essere allontanato dalla casa. […]

In termini di femminismo, c’è un ampio consenso nella società. Tutti vogliono essere femministi nella politica islandese – anche quelli che non propongono politiche femministe. Ma anche se siamo molti avanti sulla parità di genere, non siamo una società eguale. Questa è una disuguaglianza che ha radici profonde. Quindi vogliamo essere femministi nelle azioni, oltre che nelle parole. Come donna che guida un partito vedo la differenza. Le discussioni su di me sono spesso basate sul genere – si parla del mio aspetto o di quanto sia affascinante. Sono molto sorpresa quando leggo che ho fatto qualcosa d’intelligente.»

L’Islanda è un membro della NATO al momento. Nel vostro programma voi vi dichiarate contrari a questa cosa. Cosa farebbe il Movimento della Sinistra verde per ritirare il paese dall’alleanza militare?

«Il Movimento della Sinistra verde è l’unico partito in Islanda che vuole lasciare la NATO. La questione era prioritaria nell’agenda politica durante la guerra in Iraq, quando due ministri dell’attuale governo decisero che l’Islanda sarebbe dovuta entrare nella “coalizione dei volenterosi”, cosa profondamente impopolare. Ma, finora, siamo ancora troppo isolati per avanzare la proposta. Visto che non abbiamo il consenso nella società, abbiamo proposto un referendum per decidere se lasciare o restare nella NATO. Ma ci rendiamo conto che è un percorso complicato. […]»

Quanto è importante la questione dell’ambientalismo per la vostra campagna e cosa cambiereste se doveste vincere le elezioni?

«Penso che che la sostenibilità riguardi l’avere uguali diritti per tutte le generazioni, quindi è un tema inestricabilmente legato alle politiche di sinistra. […] Chiaramente la questione dei cambiamenti climatici è cruciale al giorno d’oggi e abbiamo fatto campagna elettorale impegnandoci a rendere l’Islanda a emissioni zero entro il 2040.

Ma l’ambientalismo non è solo questo. È anche cambiare il sistema in cui viviamo. Il capitalismo lavora contro i nostri interessi ecologici – ruota attorno all’aumento dei consumi e della crescita, ma la sostenibilità necessita la riduzione di queste cose. In Islanda abbiamo risorse rinnovabili altamente sviluppate. Il nostro obiettivo è espanderle e usarle e iniziare un processo di transizione verso nuove industrie e un’economia più sostenibile.»

Se, come dicono i sondaggi, il Movimento della Sinistra verde avrà la possibilità di formare un governo, quali saranno i prossimi passi?

«Sarà molto complicato, specialmente se otto partiti entreranno nel parlamento islandese come suggerito dai sondaggi. La nostra priorità è una coalizione che sostenga il welfare e combatta le privatizzazioni, che garantisca misure per la giustizia fiscale e per ricostruire il sistema politico islandese. Chiaramente, preferiamo formare un governo con i partiti della sinistra e del centro.

Ma questo sarà un percorso molto complicato. I sondaggi al momento mostrano che c’è la possibilità di formare sia un governo di sinistra che un governo di destra. In questo caso – e i partiti del centro hanno il potere decisionale qui – sarà difficile. In Islanda non abbiamo una tradizione di un blocco di sinistra e un blocco di destra, come in Scandinavia, dove spesso puoi sapere in anticipo le probabili coalizioni. C’è anche la richiesta, da parte dei cittadini, di governare insieme alla destra, al Partito dell’Indipendenza.

Questo lo sentiamo un sacco dagli elettori che vogliono stabilità. La loro opinione è che il modo migliore per ottenerla è un governo che non sia forte dal punto di vista ideologico. Non l’abbiamo escluso – ma non è ciò che vogliamo. Il nostro obiettivo è avere un governo di sinistra che possa ottenere i risultati che abbiamo in mente.»

(Foto: Haraldur Guðjónsson)

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