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La “Bestia” battuta al Senato. La crisi ritrova un percorso istituzionale

Diciamo la verità Salvini e la sua “Bestia” propagandista, fortissimi sulle spiagge e sul web, si sono dimostrati ieri nella convulsa battaglia di palazzo Madama, piuttosto scarsi nella pratica di percorsi e regole istituzionali. E così ieri l’aula del Senato ha – come peraltro aveva già fatto la conferenza dei capigruppo bocciando la proposta della Lega di anticipare il tutto ad oggi – stabilito che il presidente del Consiglio Conte verrà in Parlamento il 20 agosto e spiegherà le ragioni della crisi politica e delle conseguenze di esse nella sede opportuna.

In questo modo sarà formalizzata in Parlamento la crisi di Governo e tutto lascia intendere che subito dopo il presidente del Consiglio presenterà le dimissioni nelle mani del capo dello Stato che avvierà le consultazioni con le forze politiche. Nè sembra che sia stata una mossa vincente quella offerta da Salvini all’ultimo momento ai Cinquestelle. “Volete il taglio dei parlamentari – ha detto rivolto loro SalviniBene. Noi siamo pronti a farlo subito. Lo votiamo e lo approviamo e poi andiamo subito al voto“. Ipotesi acrobatica visto che quella del taglio dei parlamentari è una legge costituzionale e, sia pure giunta alla quarta lettura, la sua entrata in vigore, una volta approvata, avrebbe un iter complesso con tempi lunghi: anche per consentire la eventuale raccolta di firme da parte di chi volesse sottoporla a referendum oppositivo. E, in ogni caso, si dovrebbero riadeguare i collegi al diverso numero dei parlamentari da eleggere. Alto che elezioni subito dopo la sua approvazione. Peraltro la legge costituzionale, potrebbe essere applicata (in caso di voto anticipato) solo solo nelle elezioni del 2024. Comunque a tagliare la testa al toro ci hanno pensato la capigruppo della Camera e il presidente Fico: il taglio dei parlamentari è calendarizzato per il 22 agosto. Cioè due giorni dopo le dichiarazioni di Conte e la prevedibile apertura formale della crisi.

Insomma quella che doveva essere la mossa a sorpresa leghista si è subito rivelata essere soltanto un petardo bagnato. Senza contare che dal Quirinale si faceva subito notare che con la riduzione dei parlamentari, eleggere i deputati e i senatori con il vecchio sistema, porterebbe ad avere un nuovo Parlamento delegittimato. E a sua volta Di Maio ha tagliato corto definendo quella del leader leghista: “la mossa ella disperazione“.

Al momento, tutto lascia intendere che la crisi torni dai bagnasciuga di Milano Marittima nell’alveo istituzionale. E che quindi, dopo il discorso di Conte e le sue prevedibili dimissioni, sia il momento di Mattarella. Il quale, come è noto, non ha alcuna intenzione di orientare le decisioni delle diverse forze politiche, ma soltanto di decifrarne gli orientamenti e verificare se in questo Parlamento è ancora possibile trovare una maggioranza per formare il Governo.

E qui non si può fare a meno di registrare che nel campo delle ipotesi se ne è affacciata una nuova di difficilissima realizzazione, ma se realizzata di una certa consistenza. Quella di un accordo per un governo, magari di legislatura, tra Pd e Cinquestelle. Ipotesi, alla quale non sarebbe ostile neanche quel Matteo Renzi che aveva più volte detto che in quel caso il Pd lo avrebbe fatto “senzadime“.

E’, dunque, quella del governo Pd-Cinquestelle la più probabile soluzione della crisi?
Per quanto possibile io la credo un’ipotesi altamente improbabile. Anche in caso di avvio di confronto politico tra i due partiti. Perchè una cosa è un confronto politico tra Pd e Cinquestelle (quello al quale Renzi contrapponeva il suo vigoroso “senzadime“), altra cosa un accordo per formare un Governo di ampio respiro o di legislatura.

Vedremo come si muoveranno i partiti. Per quanto riguarda il Pd la gestione dovrebbe essere del tutto nelle mani di Zingaretti. Renzi , dopo una accorta conferenza stampa, ha preannunciato che non andrà neanche alla riunione della direzione, quasi ad indicare che avrà un comportamento leale (chissà se ci riuscirà) nei confonti del segretario, ma manterrà una certa distanza dal Pd, mantenendo così sullo sfondo anche l’ipotesi della nascita del suo nuovo partito centrista. Quanto ai Cinquestelle l’impressione è che siano disposti a molto pur di evitare un probabile bagno di sangue elettorale.

Credo tuttavia che il Pd e il centrosinistra, farebbero un errore gravissimo a concentrarsi soltanto sull’ipotesi di trovare una rapido accordo con i Cinquestelle a tutti i costi, magari anche inserendo una disponibilità al taglio dei parlamentari. Insomma, attenzione a non cedere alle sempre forti pulsioni antipolitiche di Casaleggio e Grillo, che davvero hanno poco a vedere con la storia e la sostanza politica della sinistra. Si rimettano in campo temi forti: l’europeismo che è patrimonio della storia riformista e riformatrice, ma soprattutto la scuola, il lavoro (altro che jobs act) e, perchè no, le lotte sociali, il Mezzogiorno le politiche per l’occupazione.

Giorgio Amendola concludendo i suoi comizi diceva: “E ora compagni al lavoro e alla lotta!” Ecco la sinistra deve ritrovare il suo popolo e con esso riconnettersi. E quindi non temere le elezioni, ma ad esse prepararsi e rapidamente. Perchè l’ipotesi del voto anticipato è ancora sul tavolo. Ma, in forza della giornata di ieri, a gestirlo non sarà la “Bestia” del Papeete ma le istituzioni della Repubblica, a cominciare dal Parlamento  e del presidente della Repubblica. E’ importantissimo. Ma non basta. Per tornare a vincere in politica, in politica, il centro sinistra dovrà avere molto filo da tessere.

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