Estate 1977, Misano Adriatico. Eravamo giovanissimi adolescenti ma, complice la fortunata coincidenza della presenza dei genitori di un nostro amico, abbiamo fatto la nostra prima vacanza da soli e lontani da casa. Eravamo in quattro in una spaziosissima stanza attrezzata anche di cucinino. L’entusiasmo di quella vacanza era inversamente proporzionale alla disponibilità di denaro e, di conseguenza, le serate in pizzeria erano necessariamente rare. Uno dei nostri amici millantava competenze culinarie ed una sera si cimentò, in pieno luglio, alla preparazione di un brodino. Quando si passò alla distribuzione dei piatti, era evidente la quantità – notevole! – di pastina, ma non altrettanto evidente era il brodo. Mi permisi di farlo notare al nostro masterchef il quale con assoluto sprezzo del ridicolo ebbe a rispondermi: “il brodo c’è. Guarda bene, c’è”.

Ecco, questa immagino sia la condizione in cui si troverà un elettore di sinistra, allergico a qualsiasi inutile furia identitaria, quando si appresterà a votare il prossimo 26 maggio alle europee orientandosi verso la lista PD più Calenda più uno spruzzo di PSE, come un’oliva in un Martini dry. Chi votare?

Personalmente, votando nella circoscrizione sud, non ho l’imbarazzo di leggere il nome di Carlo Calenda, ma non è che l’eurodeputata uscente Picerno – capolista, pare – sia una collettrice di voti convinti ed entusiasti. A tale proposito credo che Peppino Caldarola abbia ragione da vendere quando dice che la politica napoletana ogni volta che appare in TV faccia ammalare il PD di emofilia elettorale. Così come per il brodo, la difficoltà di trovare qualcosa di autenticamente di sinistra e socialista nelle dichiarazioni dei candidati più esposti mediaticamente è dura. La capa gira (la testa gira) come direbbero a Bari e come il titolo del fortunato film d’esordio del regista barese Alessandro Piva.

Mi piacerebbe che qualcuno riproponesse almeno la metà del programma elettorale di Antti Rinne, leader socialdemocratico finlandese che ha appena vinto le elezioni nel suo paese, con la promessa di rafforzare il welfare, di una riconversione ecologica dell’economia….aumentando le tasse! In Finlandia, come in quasi tutti i paesi del nord Europa, la tassazione è già piuttosto consistente, diciamo. E’ pari al 51% del reddito, roba che farebbe sembrare anche l’Italia un paradiso fiscale. Solo che a quelle latitudini i servizi funzionano davvero e davvero lo Stato ti “accompagna dalla culla alla bara”. Lì una “patrimoniale” non la temono. Ritengono, pensate un po’, che la ripresa deve essere sostenuta finanziariamente da chi ha di più. Prevengo la facile e forviante obiezione: i socialdemocratici hanno vinto di un soffio nei confronti dei “Veri Finlandesi” la formazione di destra antieuropeista e xenofoba. Intanto è una vittoria che mancava da 20 anni e, in secondo luogo, l’intera sinistra finlandese ha quasi raddoppiato i consensi.

Da noi, invece, si fa a gara a chi è più contrario. Si ha paura di perdere i voti del centro, del famigerato e, oramai, mitologico ceto medio produttivo. Al netto del fatto che con la discesa in campo di Berlusconi il centro è oggettivamente sparito, vista la radicalizzazione delle posizioni che ha provocato, vorrei sommessamente far notare che il ceto medio, produttivo e non, si è pressoché generalmente impoverito e nulla avrebbe da temere in tal senso. Forse, al contrario, avrebbe la percezione che qualcosa si potrebbe muovere sul versante della ripresa economica andando a sfruculiare chi oggettivamente lo sfruculiamento non lo teme. Chi, per dire, non deve indebitarsi con una finanziaria per festeggiare il compleanno di un figlio e per farlo studiare all’università, per il semplice motivo che è lui stesso la finanziaria!

Enrico Rossi, nella scorso appuntamento congressuale di Art. 1, ha rilanciato quelle che a suo avviso dovrebbero essere le principali opzioni programmatiche del Partito Socialista Europeo: 1) Il budget dell’Unione va fissato dall’attuale 1% al 4% del Pil dei paesi aderenti. 2) L’Eurozona deve essere completata con un salario minimo garantito e un fondo comune per la disoccupazione. Come? Tassando le grandi imprese che eludono il fisco e sfruttano il dumping sociale; i redditi più alti (oltre i 200mila euro all’anno), i grandi patrimoni (oltre 1 milione di euro) e le emissioni di Co2 (30 euro per ogni tonnellata).

Mi convince. Voterò, pertanto, il/la candidato/a che sosterrà con forza queste posizioni una volta eletto.
Poi sosterrò chi avrà il coraggio di “procedere con passo deciso verso la ricostruzione della sinistra nel nostro Paese, (…) anche allo scopo di iniziare a costruire un’alternativa credibile di fronte alla rovina in cui il governo gialloverde sta portando l’Italia. Questa è l’unica strategia possibile per quella sinistra socialista a cui, insieme a tanti altri, iscritti o non iscritti a un partito, mi sento di appartenere” . La citazione è di un altro Enrico, non di quello di cui ho scritto ieri. Nomen omen?

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