Renzi1 in Direzione

La direzione nazionale dei rinvii, ma non è stata come le altre

Nonostante le preoccupazioni iniziali di una direzione poco incentrata sui temi interni al Partito e al Paese, alla fine la discussione nella Direzione nazionale si è sviluppata in maniera abbastanza lucida e seria (viene in mente l’intervento di Piero Fassino e di Barbara Pollastrini), anche e soprattutto sui temi interni e nazionali. A parte, l’intervento di Enrico Rossi, che ha spostato ed alzato il tiro. Lo vedremo più avanti.

Il Segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, ha concentrato buona parte del suo intervento non solo sugli eventi tragici di Dacca, ma anche sulla cultura e le disuguaglianze e la crescita economica. Una breve frase di Renzi, mi ha profondamente colpito: “la crescita è una forma di contrasto alle disuguaglianze”. E’ una frase che userei come termometro per misurare l’alto tasso di demagogia nella relazione introduttiva del Segretario.

La crescita, se non è distribuita tra la popolazione, accresce le disuguaglianze, non le attenua. Basta guardare il rapporto annuale dell’Istat per il 2016: il 20% più ricco della popolazione detiene il 67,7% della ricchezza nazionale, mentre il 60% della popolazione più povera detiene il 14% della ricchezza nazionale.  Lo dice bene l’OCSE nel suo rapporto sulla disuguaglianze del 2015:” In italia la metà dell’incremento di ricchezza (53,7%) è andata al 10% più ricco della popolazione, mentre la metà più povera degli italiani ha dovuto accontentarsi di appena un settimo della crescita economica stessa“.   L’idea di una crescita economica come strumento di contrasto alla povertà, è la classica visione dei liberali degli anni ’90; non dei progressisti del 2016.

Molto applaudito e condiviso anche dalla minoranza interna è stata la parte della relazione riguardante l’Europa. Su questo Renzi ha segnato il punto. E non a caso ha  incentrato buona parte del suo discorso  proprio su questa.

Sul Jobs Act, cosi come sulla cultura, il discorso è sempre il solito, che si sente da tempo: quello dello “storytelling” renziano , quello dell’ “Italia col segno più”. Applausi per le decisioni del Governo e basta, non si ammette nient’altro.  Come in Parlamento, non si è fatta una discussione seria sul Jobs Act, come sempre si è fatto sull’analisi dei suoi effetti nelle altre direzioni nazionali, compresa questa. Sulla cultura, anche qua stessa storia, tanti applausi alla scelte del Governo, ma nessuna discussione sulla bassa accessibilità al mondo della cultura che molte famiglie italiane riscontrano anche oggi (Istat 2016: 19% di minori in condizioni di povertà, senza possibilità di accedere al mondo della cultura). Servirebbero investimenti seri sulla diffusione di biblioteche pubbliche,  crediti d’imposta o addirittura rendere scaricabile dall’imposizione fiscale le spese delle famiglie italiane per il mondo della cultura (cinema, teatri, musei, ecc.).

Lucidissimi e fortemente “politici”, gli interventi di Fassino, della Pollastrini e di Cuperlo.  Tutti e tre hanno centrato un punto fondamentale: la necessità di ritrovare l’unità del centrosinistra e il contrasto alle sacche di emarginazione sociale che, trasversalmente, si diffonde tra giovani e meno giovani.  Interventi  e richiami all’unità, che però sono stati lasciati cadere nel vuoto dagli interventi successivi  dei diversi sostenitori del Segretario nazionale.

L’intervento di Vincenzo De Luca ha posto una questione interessante all’interno della discussione: la sicurezza. Per anni la sicurezza è stato un tema sul quale la sinistra ha troppo spesso arrancato, prestando il fianco alle destre.

Nella foto: Enrico Rossi, il Presidente della Toscana, durante l’intervento nella Direzione del Pd 

Un altro Presidente di Regione, intervenuto nella Direzione Nazionale, è stato Enrico Rossi. Rossi, che ha anche lanciato la settimana scorsa, e riproposto in Direzione, la proposta di un ufficio politico dentro il PD che parli della linea politica del Partito. Il suo è stato l’unico intervento che ha centrato la necessità di investimenti pubblici per smuovere la crescita economica dallo +0,1. Gli investimenti pubblici devono essere fatti dal Governo e dalle Regioni assieme, in questo Rossi ha lanciato l’idea di una maggiore flessibilità per la spesa pubblica delle Regioni e gli investimenti pubblici di queste. Da tempo infatti, il Patto di stabilità interno, impedisce a numerosi Comuni e Regioni di fare spese utili e necessarie a spingere per un aumento della crescita economica. Sul “cantiere sociale della legislatura”, che Renzi ha lanciato nella relazione introduttiva, Enrico Rossi ha rilanciato chiedendo che a ottobre si discuta una legge di stabilità e crescita che sia fortemente d’impronta sociale e che si basi sugli investimenti pubblici e non sulla defiscalizzazione. Le disuguaglianze sociali, per Rossi, non si contrastano solo con investimenti pubblici ma è necessario “un’alleanza con tutte le attività dinamiche del Paese” per sostenere anche gli investimenti privati e le forme di associazionismo più disparate.  Intensificare la lotta all’evasione, abolire le forme precarie di lavoro nel Jobs Act, abolire il blocco dell’assunzioni nella Pubblica Amministrazione per ridare fiducia alle giovani generazioni.  Oltre a questo anche Rossi ha chiesto ad una rimodulazione dell’organizzazione del Partito Democratico, ripartendo proprio dalla discussione politica su questioni reali, con l’istituzione di ufficio politico dentro al Partito. Infine, Rossi, ha concluso con la richiesta di rispettare l’opinione di tutti sul referendum senza deridere nessuno.

Critiche al Jobs Act ed ai suoi effetti limitati, sono state mosse anche da Maurizio Martina (Ministro delle politiche agricole). Il suo intervento non si è basato solo sulla necessità delle politiche sociali, ma anche di un rafforzamento del tema dell’organizzazione del partito e di capire come si tiene un partito strutturato come il PD nel 2016.

Il video di Eric Cantonà, che Renzi aveva fatto vedere nell’intervento iniziale, ha fatto breccia tra molti membri della direzione nazionale. Eppure è stato rigirato contro di lui;  in numerosi interventi è stato chiesto di fare lo stesso al Segretario, ovvero di fidarsi dei compagni di squadra e non solo di se stesso.

Molte le critiche nei confronti della presidenza per la gestione dei tempi degli interventi e per la mancanza delle possibilità di esaurire tutti gli interventi che erano stati registrati dalla presidenza stessa.

La relazione conclusiva di Renzi, oltre a citare alcune parti degli interventi di De Luca sulla sicurezza o di Fassino sulle pensioni, non ha avuto una concretizzazione reale nella risposta alle critiche, più o meno velate, mosse nei suoi confronti dai diversi interventi. Unico riconoscimento è stato quello del problema del Partito, di come è strutturato e di come si deve struttuare un partito al tempo degli streaming, delle piattaforme politiche online e nel tempo in cui i luoghi pubblici e gli spazi pubblici sono sempre di meno. Ma anche su questo tema, il Segretario, ha rinviato la discussione specifica.

Commenti