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La marcia che cambierà la Turchia?

Quattrocentocinquanta chilometri in venticinque giorni di cammino da Ankara a Istanbul per protestare contro la detenzione di un deputato del CHP, partito socialdemocratico e principale forza di opposizione a Erdoğan. “Giustizia” come parola d’ordine e dieci richieste al governo di Ankara, tra cui: fine dello stato d’emergenza, tutela della libertà di stampa, uguaglianza e laicità dello Stato. E, al termine di questa lunga “marcia della giustizia”, centinaia di migliaia di persone, un milione secondo gli organizzatori, scese in piazza a Istanbul per la manifestazione conclusiva.

Quella di domenica scorsa è stata la più grande manifestazione organizzata dall’opposizione contro il governo di Erdoğan dal 2013 a oggi e, secondo alcuni, sta cambiando la Turchia.

Nel corso dei venticinque giorni di marcia, a capo c’era il presidente del CHP, Kemal Kılıçdaroğlu, seguito da sempre più persone a ogni tappa. «Che nessuno pensi che questa sarà l’ultima marcia: il 9 luglio segna il giorno della rinascita», ha dichiarato Kılıçdaroğlu dal palco, alla folla in piazza. «Abbiamo marciato per la giustizia, per i diritti degli oppressi, per i deputati e per i giornalisti in carcere, per i professori universitari licenziati. Abbiamo marciato per denunciare che il potere giudiziario è sotto il monopolio dell’esecutivo. Abbiamo marciato perché ci opponiamo al regime di un solo uomo. Romperemo i muri della paura».

«La Turchia – scrive Murat Yetkin sul quotidiano turco Hürriyet Daily Newsnon è più il paese di venticinque giorni fa, quando un osservatore esterno poteva vedere solo il presidente Tayyip Erdoğan […]. Ci sono segni che la […] “marcia della giustizia” ha iniziato a cambiare le posizioni del partito di governo, l’AK. E potrebbe anche aver cambiato sia lo stesso CHP, trasformandolo da un organismo statico a uno dinamico, sia la cultura politica in Turchia».

«Il giorno dopo l’inizio della marcia – continua Yetkinil primo ministro Binali Yıldırım ha attaccato Kiliçdaroğlu e accusato l’iniziativa di essere “illegale”, perché “le strade non sono il posto in cui cercare giustizia”. L’8 luglio, Yıldırım ha ribattuto che “è possibile cercare giustizia in strada”». Lo stesso Erdoğan aveva accusato la marcia di essere “in linea” con il tentato golpe: «Loro avevano gli F16 e i carri armati. Queste persone marciano con lo stesso scopo». Ma Kılıçdaroğlu gli ha replicato: «Non stiamo facendo del male a nessuno. Stiamo solo camminando pacificamente».

«Appena è stato evidente che la marcia era pacifica – spiega YetkinErdoğan ha abbandonato questa linea di attacco. Paragonare la marcia al tentato golpe non ha avuto una grande eco nella società e, tramite alcuni sondaggi, l’AK Parti si è reso conto che anche all’interno del proprio elettorato c’è insoddisfazione in merito al sistema giudiziario».

La marcia ha iniziato a cambiare anche il CHP, il più vecchio partito turco, fondatore della Repubblica e guidato un tempo da Atatürk. Prima di tutto, scrive Yetkin, «ha rappresentato una sfida organizzativa per il CHP. Il suo presidente sessantanovenne ha camminato quasi venti chilometri al giorno, battendo il record del 1930 della marcia del sale di Ghandi. I membri del parlamento, di conseguenza, hanno dovuto adeguarsi. Adesso discutono come coinvolgere più persone». Infatti, le persone che si sono unite a Kılıçdaroğlu nella marcia non provenivano solo dalla base del CHP, ma avevano provenienze politiche molto diverse. «La strategia di non utilizzare bandiere o slogan del CHP ha funzionato». Si è rivelata azzeccata la scelta di utilizzare solo la bandiera turca, cartelli con la parola “Giustizia” e lo slogan “Diritti, legge e giustizia”.

«Un mese fa – scrive ancora Yetkinnon erano molte le testate internazionali interessate a quello che aveva da dire il CHP. Adesso, c’è la consapevolezza che qualcosa in Turchia si sta muovendo». Un articolo di Kemal Kılıçdaroğlu è stato addirittura pubblicato sul New York Times: «La manifestazione a Istanbul del 9 luglio è stato il primo evento di questa portata organizzato, da anni, da un leader di centro-sinistra».

«La marcia – conclude Yetkinha cambiato anche lo stesso Kılıçdaroğlu: l’ha iniziata come presidente del CHP, ma l’ha conclusa come leader. E ora sembra avere il potenziale per diventare il capo dell’opposizione».

Nella foto di copertina: La marcia della giustizia da Ankara a Istanbul (AFP/Adem Altan)

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