Make America Great

Vi spiego la “botta”

Sollecitato dai miei amici italiani e dopo essermi preso una pausa di 24 ore per assorbire pure questa botta, metto insieme le mie riflessioni sulla sconfitta dell’otto novembre. Non sono un politologo ne’ un sociologo. Ho votato per Hillary Clinton. Faccio il chirurgo per vivere.
A chi si chiedesse chi diavolo sono: vivo negli Stati Uniti dal 1995. Laureato in Medicina e Chirurgia a Bologna nel 1988. Specializzato in Chirurgia Generale al Sant’Orsola di Bologna nel 1993. Senza una prospettiva di impiego  ho cercato fortuna negli Stati Uniti. Prima alla Cleveland Clinic Foundation, a Cleveland in Ohio. Li ho vissuto per quasi 7 anni e ho avuto modo di conoscere la realtà della crisi della produzione nel Midwest americano da vicino. Dopo un anno speso a Minneapolis, sono stato assunto all’Università di Miami dove lavoro dal 2002. Oggi sono Professore Associato di Chirurgia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Colorettale dell’Università di Miami.

Date queste premesse, quello che scrivo non ha alcuna pretesa di essere completo e nemmeno di essere giusto al 100%. Forse neanche al 50%. Non lo so. Pero’ vivo qui da 21 anni e credo di conoscere questo Paese. Quindi, se vi interessa leggetevi il mio pistolotto.

Per otto anni la macchina propagandistica della destra americana ha battuto incessantemente la grancassa del paese decaduto a casa e sbeffeggiato all’estero. Quando Trump usa lo slogan Make America great again, conferma agli americani che l’America e’ caduta in basso e che lui la riporterà dove le compete stare. Ovviamente, questo non e’ assolutamente vero. Obama ha fatto rinascere questo Paese che alla fine del 2008 era al collasso e sull’orlo della bancarotta. Per otto anni, i parlamentari repubblicani hanno, di fatto, boicottato tutte le decisioni e le proposte di Obama fino a paralizzare per giorni la gigantesca macchina amministrativa federale.

Ma non c’era solo propaganda. Di fatto esiste il problema della fuga delle industrie manifatturiere americane in Asia ed in Messico. Questo ha creato, dalla meta’ degli anni ’90, un’emorragia continua di posti di lavoro ben pagati. Col tempo e, specialmente dopo la crisi finanziaria del 2008, e’ diventato sempre più difficile riassegnare questi milioni di nuovi disoccupati a nuovi impieghi. Chi c’è riuscito, ha però generalmente svolto lavori che non pagavano bene come quello precedente, e, molto spesso, non includevano nemmeno l’assicurazione sanitaria. Di fatto, milioni di persone sono state espulse dalla classe media americana e si sono trovate a cercare di sopravvivere giorno dopo giorno. Non e’ diffiMichigan, Ohiocile, quindi, comprendere che la gente sia spaventata quando, poi, questi posti di lavoro nella produzione hanno continuato ad assottigliarsi.

Di questo hanno incolpato la Clinton per gli accordi NAFTA siglati da suo marito Bill Clinton a suo tempo. Trump ha avuto il merito di capire questo disagio e la rabbia interna che ha generato in milioni di americani. Cosi, Trump e’ andato in Pennsylvania, in Michigan ed in Ohio, stati saccheggiati dalla disoccupazione seguita al trasferimento della produzione all’estero, ed ha detto che lui avrebbe riportato le industrie in America. Ha aggiunto che se le industrie non lo facessero lui avrebbe tassato i loro prodotti con un dazio del 35%. Questo ha generato entusiasmo e speranze e, secondo me, ha segnato il destino delle elezioni.

Hillary Clinton non ha percepito questo cambiamento in un gruppo sociale che ha sempre votato per i democratici e ha dato per due volte la Presidenza ad Obama, e ha, forse, dato per scontato la vittoria in questi stati “operai”. In realtà, non e’ riuscita a farli sentire considerati e soprattutto non ha dato loro l’impressione che lei sarebbe stata dura come Trump con le grandi industrie americane. Guardate questo video di Michael Moore, un regista molto di sinistra, che secondo me ha colto il motivo della vittoria di Trump meglio di tutti noi ed in anticipo.

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