Milano_San_Babila

La piazza di Milano e le convergenze parallele Veltroni-Castellina: c’è vita a sinistra.

Non capita spesso a chi la pensa come me di poter spesso commentare buone notizie. Ma questa volta, grazie alla manifestazione antifascista di martedì scorso a San Babila, qualche significativo segnale positivo c’è stato e sarebbe sciocco lasciarlo cadere.

Andiamo con ordine. La scossa questa volta è venuta da una piazza, più indignata che organizzata, che ha voluto manifestare per riaffermare chiaro e forte il fastidio e il disprezzo della Milano democratica e antifascista in occasione dell’incontro voluto dal ministro dell’Interno italiano con il presidente ungherese Orban: il cui fine non era certamente istituzionale, ma politico e propagandistico per mostrare una sorta di saldatura tra la destra dell’Europa del nord (poco conta, anzi è stupefacente, che l’ungherese faccia parte del Ppe) e quella che oggi si affaccia sul Mediterraneo in forza (ma sarebbe meglio dire per colpa) della maggioranza gialloverde che sostiene il Governo Conte. Certamente il fatto che in un giorno di agosto alcune migliaia di persone (magari anche un po’ meno delle 15mila stimate) si siano ritrovate in piazza per affermare la loro volontà di contrastare nel modo più pacifico possibile, l’indegna svolta a destra della guida politica del Paese è certamente motivo di conforto per chiunque abbia a cuore la tenuta democratica della Repubblica. E come tale va apprezzata e soprattutto sviluppata con prossime iniziative che vadano nella stessa direzione.

Ed è altrettanto positivo che due persone, che hanno una storia molto diversa tra loro, come Walter Veltroni e Luciana Castellina, ma entrambi appartenenti a pieno titolo alla storia della sinistra, abbiano scritto il giorno dopo cose importanti e significative per invitare tutti a fare il possibile perchè quella di Milano non resti un qualcosa di isolato ma serva a rilanciare l’azione politica della sinistra e il suo indispensabile legame con le sue tradizioni e il suo popolo.

Cominciamo da Veltroni, il quale giustamente ha tenuto a dire che chiamando populista l’alleanza grillo-leghista quasi quasi la si nobilita. Visto che ci troviamo a qualcosa che si può definire solo: “destra“, anzi “la peggior destra“. Fin qui sul fronte esterno. Ma Veltroni fa anche alcune affermazioni forti, anche se probabilmente un po’ ritardate, su quelle che sono state le parole d’ordine che recentemente hanno diviso e spaccato la sinistra italiana. Parole con le quali Veltroni, e non lui soltanto, sono stati nel passato recente colpevolmente reticenti se non addirittura indulgenti. Ma visto che si guarda avanti non si può che sottolineare con soddisfazione quanto il già segretario del Pd ha affermato a proposito della rottamazione: una parola (questo il succo del ragionamento) che non appartiene e non deve appartenere alla storia della sinistra e che non a caso fu usata la prima volta da Berlusconi contro Prodi.

Ora, in particolare sui social, non sono mancati coloro che con buone ragioni (molti negli ultimi anni hanno non poco sofferto per il trattamento loro riservato e per l’emarginazione subita da chi si riteneva l’unico depositario, assieme a pochi fedelissimi, del futuro di quella che era stata una grande comunità politica) hanno considerate tardive queste dichiarazioni di Veltroni. Eppure io penso che la sinistra debba essere soprattutto “plurale e inclusiva” (non era scritto così anche nelle carte costitutive del Pd a trazione Veltroni?). Certo al ripudio dichiarato della rottamazione il fondatore del Pd arriva in ritardo. Per esempio, e vorrei rendergli merito, Michele Prospero agli albori di quella stagione, aveva con coraggio scritto su “L’Unità” che la rottamazione era un termine chiaramente “fascistoide“. E magari fascistoide era anche una eufemistica attenuazione. Ma conta che in questo momento Veltroni, e altri come lui abbiano colto e continuino a cogliere il fatto che dinanzi ai rischi che, in conseguenza di una svolta a destra, corrono il nostro Paese e l’Europa è il momento nel quale la sinistra deve recuperare quanto più unita possibile al suo interno.

E in questa direzione va certamente anche quanto scrive Luciana Castellina su “Il Manifesto” in un articolo nel quale riprende molto di quanto aveva già anticipato in un analogo pezzo sul quotidiano spagnolo “El Pais“. La sua tesi è che la sinistra deve tornare visibile per uscire insieme al suo popolo dall’angoscia vissuta in questi anni e tornare a manifestare insieme come è avvenuto a Milano. “Cerchiamo – scrive – di non vivere in solitudine questo momento della nostra storia, proviamo a dimostrare che crediamo ancora alla forza di fare collettivo“.

E la sinistra “visibile“, cara alla Castellina, è una sinistra necessaria. E necessaria non soltanto in Italia. Non dimentichiamo che è prossima la scadenza delle elezioni europee, e che in quella occasione in Italia ci sarà la sfida con la maggioranza a trazione salviniana, ma una posta in gioco altrettanto alta riguarda l’Europa la cui tenuta democratica sarà a messa a dura prova dalla saldatura dei movimenti della destra dell’Europa del Nord e dei paesi ex comunisti con quelli altrettanto minacciosi che non si fermano più alla Francia lepenista, ma che si affacciano, grazie ai leghisti e probabilmente ai cinquestelle di casa nostra anche sul Mediterraneo. Un risultato, quello delle europee, destinato a pesare anche sui singoli stati nazionali. Come ha osservato Enrico Rossi, parafrasando uno slogan della guerra di Spagna: oggi in Europa e domani in Italia

Foto in evidenza: I 15.000 della manifestazione antifascista di Milano a San Babila

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