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L’Argine mondo: Sanders alla conquista della California per poter sfidare Trump

MASSA E POTERE. DA SPONDA A SPONDA.

Stati Uniti, primarie. Bernie Sanders vuole conquistare la California alle primarie del 7 giugno e ribaltare il risultato della convention democratica (tramite convention contestata), a luglio, uscendone con la nomination in mano. Il suo cavallo di battaglia? Il fatto che, nei sondaggi, è molto più forte di Hillary Clinton contro Donald Trump ed è, per questo, dice, il candidato più adatto a batterlo (The Guardian). David S. Bernstein pubblica, su Politico, un articolo dal titolo “Come perde Hillary“, “Donald Trump può davvero vincere se la Clinton fa questi quattro errori. Spoiler alert: li sta già facendo tutti“. Quali sono questi quattro errori? Eccoli: 1) Dare l’entusiasmo della popolazione ispanica per scontato; 2) Isolare i giovani; 3) Lasciare andare i repubblicani che avrebbero votato lei al posto di Trump; 4) Non avere una posizione chiara sugli accordi di commercializzazione internazionale e allontanare, così, i sindacati.

Spagna. Il PSOE propone un patto politico con la Catalogna che fissi nel testo costituzionale il riconoscimento della sua “peculiarità” e porti a uno Statuto catalano riformato in cui si fissano competenze chiare per il governo locale. Questa riforma dovrà essere votata in un referendum da tutti gli spagnoli. Il leader del Partito Socialista Catalano, Miquel Iceta, ha accolto positivamente la proposta, vedendola come una possibile alternativa al referendum separatista. (El País)

Brasile. Il governo ad interim di Michel Temer perde un altro membro. Fabiano Silveira, ironicamente Ministro della Trasparenza, incaricato di combattere la corruzione, ha dato le dimissioni a causa di una conversazione risalente a febbraio, registrata in segreto e poi diffusa dai media, in cui, parlando con il Presidente del Senato Renan Calheiros, indagato per corruzione, critica le indagini sulle tangenti che coinvolgono la compagnia petrolifera statale Petrobas e offre consigli per una strategia difensiva. (The Guardian)

Continua lo scontro fra la Commissione Europea e la Polonia a causa delle norme decise dal governo di destra polacco per il controllo dei media e per depotenziare la Corte Costituzionale, ritenute liberticide dai vertici europei. Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione, aveva oggi in programma una telefonata con il primo ministro polacco Beata Szydlo, per cercare di risolvere la situazione di stallo che si è andata a creare. Jaroslaw Kaczynsky, il leader del partito di governo Legge e Giustizia, minaccia di rivolgersi alla Corte di Giustizia Europea, se le “ingerenze senza precedenti” (per parafrasare) verso uno stato membro dovessero continuare. (Politico)

DA ORIENTE A OCCIDENTE. GUERRA ED ECONOMIA

UNHCR: dall’inizio dell’anno 2.500 migranti sono annegati nel tentativo di raggiungere l’Europa, di cui 880 solo nell’ultima settimana. (Al Jazeera)

Secondo il Global Slavery Index 2016, uscito oggi, più di 1.2 milioni di persone sono in condizioni di schiavitù in Europa. Queste persone sono vittime del traffico di esseri umani e di organi, del lavoro forzato, dei matrimoni forzati e di sfruttamento sessuale. Il 65% sono cittadini europei, di cui la maggior parte provengono dall’Europa dell’Est. Il numero delle persone in condizioni di schiavitù è aggravato dall’operato dei trafficanti di esseri umani che sfruttano le ondate migratorie e la condizione di fragilità dei profughi. (Politico)

Le forze speciali irachene, che da ieri hanno iniziato un assalto per strappare Falluja dalle mani dell’ISIS, stanno incontrando una dura resistenza da parte dello milizie dello Stato Islamico, mentre più di 50.000 persone sono intrappolate dagli scontri. (Al Jazeera)

Siria. La Russia nega di essere responsabile dei bombardamenti che, durante la notte di lunedì hanno colpito la città di Idlib, capitale de facto dei ribelli, uccidendo 23 persone. (Al Jazeera)

L’avvocatessa generale della Corte di Giustizia Europea, Julianne Kokott, sostiene che le imprese in Europa possono proibire alle proprie impiegate di portare e il velo, perché quel simbolo mette in discussione la neutralità religiosa. Con queste motivazioni, oggi, ha emesso una sentenza in cui giustifica il licenziamento di Samira Achbita, una donna musulmana che perse il lavoro in Belgio dopo aver manifestato la propria intenzione di portare il velo al lavoro. L’avvocatessa considera che non c’è stata discriminazione diretta verso l’impiegata perché l’impresa proibisce, in generale, che si esibisca qualsiasi simbolo politico, filosofico o religioso sul posto di lavoro. La proibizione, quindi, “può essere giustificata”, secondo un comunicato della Corte di Giustizia Europea. La conclusione, al momento, costituisce solo l’opinione della Kokott, ma solitamente la CGUE appoggia queste posizioni nell’80% dei casi. (El País)

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