L’avvio di Articolo1 (spero che sarà questo il nome definitivo della nuova formazione politica) rivela , ovviamente, una serie di problemi da risolvere.

Il primo è dettato dal rapporto col partito da cui abbiamo traslocato. E’ ovvio che c’è un tasso di polemica fisiologica ma il nostro sforzo dovrà essere a non approfondirla. Vivremo per le nostre ragioni, non per quelle contrarie al partito da cui siamo usciti.

In secondo luogo vanno respinte due etichette. La prima è quella di rappresentare un mondo tradizionale. Qui serve duttilità e cultura. Noi amiamo il passato, tutti gli uomini amano il passato. Discuterne in modo distruttivo è da stupidi. Il nostro passato è fatto da storie, cose e persone riprovevoli da cui ci siamo staccati. Pur negata da tanti commentatori, la fine del Pci è stata la più grade autocritica di massa in Occidente per rifiutare il comunismo. Resta la storia dei comunisti italiani con luci e ombre ma soprattutto con lotte fondamentali e leaders eccezionali. Scrive Piero Bevilacqua su “Felicità d’Italia” (Laterza): “Un’importante istituzione è stato il Partito Comunista italiano strumento di costruzione politica e civile dell’Italia repubblicana nel secondo dopoguerra”. Quindi, il passato è nella nostra bisaccia ma resta lì con i suoi valori morali, la luce viene dallo sguardo verso il futuro. Non va accettata neppure la discriminazione personalistica della nostra classe dirigente. Chi sta con noi, qualunque ruolo abbia avuto, può avere fatto errori politici, e in qualche modo averli riconosciuti, ma per noi è una risorsa per quel che farà o dirà.

Il nuovo partito-movimento nasce per due ragioni. La prima è l’appropriazione privatistica di Renzi del Pd. Il Pd renziano è un partito personale, che riserva spazi alle minoranze solo se accettano un diritto di tribuna. Questo partito è ispirato da una cultura trasversale-trasformista che è fuori dallo scontro politico-culturale mondiale. Renzi, poi, ha diviso un partito nato per unire. Con lui per questa ragione non per odio personale, non può esserci dialogo. Con altri sì. Infine, la crisi del Pd nasce dalla crisi di un’idea politica che nacque in un contesto di sviluppo della globalizzazione e del ruolo redistributivo del centro-sinistra. Anche questo ruolo fu svolto in modo da non eliminare le diseguaglianze. Infine, la crisi del 2007 ha dato un colpo a un ordine mondiale e a strutture economiche e culture politiche. Noi nasciamo perché, almeno per quel che riguarda la nostra associazione, sentiamo lo stesso stimolo intellettuale di altre formazioni di sinistra occidentali che tendono a riformare il socialismo.

Il nuovo partito sarà un partito. Oggi non lo è. Per essere partito dovrà seguire un itinerario che comprende: gruppi dirigenti provvisori che imparino a lavorare assieme e a unificare culture; creare un largo bacino di lavoro libero per l’intellettualità critica e neo-socialista a cui dare un ruolo decisivo; condurre battaglie parlamentari semplici e di massa; creare sul territorio organizzazioni e iniziative comunitarie nuove. Insisto, non solo circoli o sezioni, ma iniziative comunitarie.
A mano a mano che il processo andrà avanti si potrà arrivare all’idea di partito tenendo d’occhio, in chiave di alleanza, sia il movimento di Pisapia sia quello di Pizzarotti. E’ una lunga marcia, accidentata e difficile. Ma va fatta.

Nella foto di copertina: Enrico Rossi alla presentazione di Articolo1-Movimento Democratico e Progressista

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