Facebook_Bufala11

Le amare verità di Facebook. Un appello

Cosa ci dice Facebook in questi giorni? Ci dice che ormai i social network sono un potentissimo mezzo di costruzione delle narrazioni, delle interpretazioni della realtà. E tale mezzo oltre che potente è in massimo grado rozzo, quasi volgare nella sua estrema semplicità, dal momento che non riesce ad andare oltre la ricerca di un capro espiatorio, situato, negli ultimi due-tre anni per spiegare fenomeni epocali che riguardano assetti sociali, mentalità, visioni del mondo, rapporto tra tecnica, economia e idea dell’individuo e cioè la nuova idea di mondo neoliberale nato non ieri con il PD o con Renzi e non solo in Italia, ma in tutto l’Occidente e a partire dagli anni Settanta.

E quindi nel giro di poche settimane è possibile perpetuare un’infallibile interpretazione dei fatti, tale per cui Renzi ha distrutto la sinistra, al massimo prima di lui D’Alema, e adesso il cosiddetto popolo sarebbe inferocito dal momento che si sentirebbe tradito da quella sinistra che non avrebbe fatto più il suo dovere.

Ormai, questa interpretazione è inscalfibile. A nessuno interessa vedere invece il nucleo del problema che ha a che fare con la crisi del compromesso socialdemocratico tra capitale e lavoro, che significa anche la crisi e la fine di un intero mondo, dall’idea di individuo, al rapporto tra i sessi, dall’idea di politica come soluzione di problemi e non più come costruzione collettiva di un’identità tramite la trasformazione sociale, dal rapporto tra tecnica, economia e idea stessa dell’uomo nel rapporto con se stesso e la sua finitezza, dal ruolo dei corpi intermedi a quello della cultura sentita come sorta di divertimento museale e non più come assillo per capire il posto dell’uomo nel mondo e il suo bisogno di vivere in equilibrio tra ordine e libertà.

È molto più semplice parlare di tradimento di un bulletto di provincia che esercitare il pensiero – e la calma – sulla crisi dei Trent’anni gloriosi, sull’insostenibilità di quel modello che presentò il conto a sinistre impreparate già alla fine degli anni Settanta, quando c’erano Berlinguer, Palme, Brandt, Mitterand e non quelli che vengono fischiati oggi. Ed è molto più consolatorio pensare che vi siano stati dirigenti infedeli e corrotti che ammettere il fatto che il mondo neoliberale è diventato egemone, proprio in senso gramsciano; ha conquistato, cioè, mente e cuore dei subalterni a partire dalla sua idea di libertà, che non è più libertà come capacità di trasformare il mondo assieme agli altri e, allo stesso tempo, capirlo e apprenderlo, ma come libertà di consumare e godere senza vincoli.

Sono persuaso del fatto che la lotta qui dentro, nei social network, sia impari, perché il pensiero complesso non può farcela contro poche righe assestate in modo che arrivino direttamente alla pancia, perpetuate come un mantra giorno dopo giorno fino a diventare una verità inoppugnabile.

Avremmo bisogno di nuclei di pensiero e di elaborazione culturale città per città che non si ponessero l’obiettivo di presentarsi alle elezioni il giorno dopo. Gruppi di uomini e donne di buona volontà, senza l’ansia delle percentuali, delle elezioni, della competizione, senza la paura di essere minoranza. La destra neoliberale ha lanciato una sfida contro-egemonica alla fine degli anni Settanta e le sinistre devono rimettersi in cammino con un pensiero non solo economico, ma con un’idea complessiva di umano, di mondo, di rapporto tra l’uomo e le cose, ecc… E lavorare sulla paura che ha a che fare con lo spaesamento dato dal fatto di vivere in un mondo che sembra finalmente liberato e trasparente grazie alla tecnica, ai consumi e alla fine di qualsiasi trascendenza, ma lascia tutti appunto spaesati e senza la capacità di rispondere alla domanda fondamentale scolpita nel cuore dell’uomo: perché devo morire, perché non sono mai soddisfatto fino in fondo da qualcosa, cos’è questo desiderio di desiderio che non si soddisfa mai?
E avere quindi uomini e donne all’altezza, dotato di profondità spirituale e politica.

Il mio è una specie di appello. Utilizziamo le conoscenze stabilite qui in questi anni e mettiamoci al lavoro nelle nostre città, stringiamo alleanze fra noi e con tutti quelli che ci vorranno stare. Usciamo fuori di qui e proviamo a costruire giorno per giorno e senza l’assillo di essere massa o maggioranza. Abbiamo bisogno di stare assieme, di partire da quello che c’è per capire se l’idea di libertà neoliberale è criticabile e contestabile, se ne possiamo costruire un’altra a partire dall’idea che la felicità umana sta non nel godimento compulsivo ma nell’elaborare assieme agli altri la propria difficile costituzione ontologica. E, per fare questo, al primo punto viene la critica del capitale e non il risentimento moralistico contro i ricchi o le varie cosiddette caste.

Commenti