BCE

Le banche e il mercato

Nei giorni scorsi, Sabine Lautenschläger, vice presidente della Vigilanza europea e membro del board della BCE, ha tenuto un importante discorso, a Firenze (Palazzo Incontri), sulla resilienza delle banche. Nel suo intervento, Lautenschläger ha affrontato i temi delle crisi bancarie, dei crediti deteriorati e degli strumenti per far sì che le banche, piccole e grandi, possano fallire in modo ordinato senza trascinare nella loro crisi l’intero sistema bancario. Il testo in inglese dello speech si può trovare nel sito della Vigilanza bancaria europea.

La sintesi della “lectio magistralis” di Sabine Lautenschläger: “Le banche sono molto importanti per l’economia, in particolare in Europa. Queste devono essere libere di scegliere il modello di business più idoneo anche a produrre utili, ma le banche devono poter fallire. Per quanto grandi possano essere, non devono più esistere banche “too big to fail”.
 Il fallimento è il risultato meno desiderabile, ma quando avviene, deve svolgersi in modo ordinato senza che ne risenta la stabilità del sistema bancario e dei mercati.
Il nuovo quadro di regolamentazione e di Vigilanza bancaria aiuta a rendere possibile il fallimento ordinato. Abbiamo bisogno di banche, grandi e piccole, redditizie e resilienti. Una regolamentazione armonizzata e una supervisione più forte possono fare la loro parte, ma alla fine spetta alle banche assicurarsi di poter condurre una vita lunga e sana”.

A dieci anni dalla crisi di Lehman Brothers e della grande recessione che ne seguì, sono state riscritte le regole bancarie e istituita la Vigilanza europea per rendere le banche più resilienti.
 Si è fatto tanto, ma non si possono impedire i fallimenti bancari. La possibilità di fallire è insita in tutte le attività ed è un caposaldo delle economie di mercato che funziono bene.
 “Non è compito dei supervisori tenere in vita banche deboli, destinate a crollare alla prima crisi“, ha sostenuto Lautenschläger. Anzi, impedire che le banche falliscano in modo ordinato, può creare enormi problemi a causa dei rischi di contagio all’intero sistema, rischi tragicamente sperimentati 10 anni fa.
Il fallimento di una banca può indebolire la fiducia verso l’intero sistema bancario e far entrare in crisi di liquidità persino le banche più solide.
 Per evitare ciò, in passato i governi hanno salvato le banche sistemiche con denaro pubblico. Questo rappresentava una garanzia governativa implicita che aveva spesso finito per aumentare il moral hazard dei manager bancari, spinti ad aumentare la redditività, investendo in attività rischiose, sicuri che in caso di crisi i costi sarebbero rimasti a carico dei contribuenti.
 Naturalmente, ha precisato l’esponente della BCE, il fallimento è l’ultima risorsa, ma per garantire che le banche possano fallire in modo ordinato, oggi esiste un meccanismo di risoluzione, come secondo pilastro dell’unione bancaria, accanto alla vigilanza europea.
 Quando la crisi di una banca diventa irreversibile questa viene dichiarata “fallita o probabile che fallisca” ed entra in gioco l’autorità di risoluzione, per scegliere se la banca deve essere “risolta” o liquidata. Ciò sempre con l’obiettivo di impedire una crisi singola “infetti” il sistema.
La novità è che il costo dei fallimenti bancari o delle risoluzioni non è più a carico dei contribuenti, ma degli azionisti ed in parte dei creditori.
 Oggi le banche devono avere più patrimonio, con buffer specifici più grandi per assorbire eventuali perdite. Se ciò non dovesse bastare, entra in gioco il bail-in, uno strumento di risoluzione che pone il fallimento a carico dei proprietari e dei depositanti.
Il sostegno pubblico alle banche in difficoltà è stato fortemente limitato, ma con alcune eccezioni. Una di queste è la ricapitalizzazione precauzionale, utilizzata per il salvataggio del Monte dei Paschi. Lautenschläger, non ha citato direttamente il caso, ma ha indirettamente spiegato il motivo della scelta usata per la banca senese, rispetto alla liquidazione delle due popolari venete. La ricapitalizzazione consente ai governi di aiutare le banche con fondi pubblici, purché si tratti di banche solvibili, vada solo a coprire le carenze di capitale da scenario avverso di uno stress test e sia di natura precauzionale e temporanea. Tutte condizioni che MPS rispettava.

Nella foto: Sabine Lautenschläger, membro del Comitato Esecutivo e Vice-Presidente del Consiglio di Vigilanza della BCE

Le nuove regole e la Vigilanza unica intervengono molto prima che una banca vada in crisi, con interventi precoci, piani di recupero e interventi che i supervisori possono usare quando servono.

 Una base molto importante per individuare e rimuovere tempestivamente i punti deboli nella resilienza delle banche, afferma Sabine Lautenschläger, è rappresentata dalle ispezioni e dalle prove di stress. Da queste, ad esempio, sono emersi 760 miliardi di euro di crediti inesigibili (NPL) nei bilanci delle banche della zona euro e italiane in particolare.
 Avere tanti NPL è un grosso problema perché impedisce alle banche di svolgere bene il proprio lavoro, che è di finanziare l’economia. È, quindi, importante che le banche risolvano i loro NPL in modo rapido. Eliminare i NPL, ristrutturandoli o vendendoli, richiede, a giudizio della “Vigilante” europea, uno sforzo congiunto di banche, politici e supervisori. Le banche devono porre in atto le giuste strategie, i politici devono migliorare le norme e le procedure giudiziarie per consentire un rapido recupero di tali crediti.
 Infine Lautenschläger ha illustrato brevemente l’addendum, pubblicato nella giornata del 15 marzo, che fornisce indicazioni sui tempi che la Vigilanza si attende per lo smaltimento dei crediti che verranno classificati a sofferenza dal 1° aprile 2018 (due anni per i crediti con garanzia chirografaria e sette anni per quelli assistiti da ipoteca o altre garanzie reali). Un addendum non vincolante nella forma, ma che, nella sostanza, indica le aspettative della Vigilanza europea e che servirà da punto di partenza per il dialogo con le singole banche.
Un discorso chiaro e diretto, come sono soliti fare i tedeschi (specie quando si riferiscono a debolezze e rischi altrui), sull’evoluzione delle regole e della supervisione bancaria europea, nella cui elaborazione e gestione noi italiani, come spesso accade, siamo presenti come attori “non protagonisti” in entrambe le fasi.
Assenti nell’elaborazione delle regole, a parte il lodevole impegno del Presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, che ha stimolato l’adozione di una proposta della Commissione leggermente più attenuata per coprire le perdite insite nei nuovi crediti deteriorati, e sotto rappresentati nell’organismo della Lautenschläger, dove operano pochi italiani, in rapporto al peso specifico del nostro paese, e per giunta in posizioni di secondo piano.

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