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Le crisi di governo non si risolvono a colpi di antipolitica, ma con percorsi istituzionali tra Parlamento e Quirinale

E’ abbastanza surreale quanto sta accadendo in questi giorni: si discute su come risolvere una crisi di governo che non è stata ancora formalizzata: Conte non si è dimesso nelle mani del capo dello Stato e il Parlamento non ha ancora sfiduciato il suo governo, pur avendo la Lega presentato una mozione in tal senso. E intanto, però, sulle spiagge che Matteo Salvini ha scelto come luogo di propaganda e anche di proposta politica si grida “al voto, al voto“, e si reclamano pieni poteri per salvare gli italiani. Sull’altro fronte torna a farsi sentire a vedere Beppe Grillo, dominus e garante dei Cinque Stelle per “elevarsi“, con un appello al Pd , per salvare il Paese dalle mire del ministro dell’Interno. E chi è il primo a raccogliere questo appello se non Matteo Renzi, l’ex segretario del Pd che quando si parlava di ipotesi non di dialogo ma di confronto con i 5 Stelle minacciava sfraceli e scissioni in nome del senza di me? Anzi il senatore semplice tiene a farci sapere che ha già sentito in proposito “i suoi“. Come dire che il lupo perde il pelo ma non il vizio.

Ecco i personaggi che oggi provano a dominare, sia pure contrapposti tra loro, la scena: Salvini, Grillo e Renzi. Una sorta di tris d’assi (?) dell’antipolitica. E così costoro invertono anche il percorso tradizionale delle crisi di governo. Una volta si cominciava con le dimissioni del Governo o la sfiducia del Parlamento e poi si cercava una soluzione attraverso lo svolgersi delle consultazioni del capo dello Stato. Questa volta si va al contrario. Prima la soluzione reclamata dagli stabilimenti balneari o dai social: e, sempre in quei luoghi, proposte di soluzioni più o meno improvvisate per alimentare più la propaganda che le ragioni della politica.

E quali sarebbero queste soluzioni? La prima è quella del Papeete beach: al voto subito, senza se e senza ma per abbassare le tasse con la cosiddetta flat tax, senza che l’Europa o ministeri competenti ci mettano bocca, e anche a prescindere dai nostri conti, perchè si può fare tutto in deficit. La seconda è quella del combinato disposto Grillo-Renzi: un governo istituzionale per salvare i conti e fare la manovra economica con il sostegno dei 5 Stelle e delle diverse articolazioni del Pd.

Nella foto: Nicola Zingaretti, segretario del Pd

E qui qualche problema c’è perchè il segretario Zingaretti ha subito sentito puzza di bruciato e ha bocciato l’idea, che molti ritengono finalizzata più a mantenere (da parte di Renzi) il controllo dei gruppi parlamentari e a preparare un eventuale partito neocentrista, che a risolvere i problemi del Paese. E allora?

Allora da oggi la parola della politica dovrebbe tornare nelle sedi istituzionali. La capigruppo del Senato dovrà decidere quando discutere la mozione di sfiducia della lega a Conte.

Prima o dopo Ferragosto. Poi, se verrà approvata, Conte rassegnerà le dimissioni, e il presidente della Repubblica, forte anche delle indicazioni che verranno dal dibattito parlamentare, aprirà le consultazioni con le forze politiche. Insomma dalle spiagge e dai twitter si dovrà tornare a Parlamento, Quirinale e (se ci fossero ancora) i partiti. Che alla fine sono gli unici baluardi per limitare i danni dell’antipolitica. Poi tutto sarà possibile. Il Governo del presidente? Lo scioglimento e il voto? Le alleanze per le elezioni? Certo. Ma tutto nei luoghi appropriati e con i tempi giusti e necessari. “Adelante Pedro … cum juicio“, come ci raccontava l’ ironia di Alessandro Manzoni, descrivendo nei “Promessi sposi” il tumulto di san Martino.

Foto in evidenza: Matteo renzi, Beppe Grillo, Matteo Salvini

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