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LeU: come offrire un’alternativa credibile a chi è fuggito dal Pd

La campagna elettorale che ci condurrà alle elezioni di marzo è alle sue prime battute, ma già si delineano chiaramente alcuni temi che ci accompagneranno fino al voto. E emergono anche alcune insidie, che possono indebolire le potenzialità espansive della lista “Liberi e uguali”. Il problema, in definitiva, si può riassumere in un interrogativo: che tipo di rapporti si devono instaurare tra la nuova lista e il PD? Possiamo immaginare il tormentone che caratterizzerà tutti i talk-show televisivi o le interviste sulla stampa, ma poi anche i discorsi quotidiani : “ma voi di LeU, cosa farete dopo le elezioni? Dialogherete con il PD? O con altri?”…E, sullo sfondo, si erge un problema non da poco; la linea politica che terrà LeU, il “tono” che darà al suo discorso, la capacità che avrà di affermare la propria agenda, e di non subire quella che gli altri tenteranno di imporre.
Il crinale lungo cui deve muoversi Leu è sottile, e le difficoltà obiettive: bisogna caratterizzare il discorso politico in modo aperto e unitario, sottrarsi al rischio che questa lista sia marchiata come l’ennesima espressione di una sinistra minoritaria; ma, nello stesso tempo, offrire un’alternativa credibile ai molti elettori che sono fuggiti dal Pd e non hanno alcuna intenzione di tornare a casa (e che anzi sospettano che ci possa essere in futuro un qualche “ritorno a casa”). Non è facile tenere insieme i due poli di questo dilemma.

Per venirne a capo, bisogna sgomberare il campo da alcuni possibili equivoci: non sono possibili, né politicamente né tecnicamente, forme di “desistenza” o forme di appeasement tra il Pd e LeU. Lo impedisce la legge elettorale, ma lo vieta anche un dato di fatto politico: avendo giudicato impraticabile una qualche forma di coalizione, quale la legge elettorale avrebbe consentito (nella forma di un apparentamento tra liste), come giustificare ora una qualche forma di collaborazione o non belligeranza nei confronti del PD? Sarà inevitabile una dura competizione con il PD, collegio per collegio, anche a partire dalla definizione e dalla dislocazione territoriale delle candidature.
Ma questo non significa affatto che la campagna elettorale di LeU debba essere dominata dalla polemica contro il PD: significherebbe cadere nella trappola che il Pd ha immaginato di tendere, quando ha concepito questa folle legge elettorale. E sarebbe anche poco efficace: si rischierebbe di ricacciare tra le braccia del PD elettori dubbiosi e incerti.
Al contrario, LeU deve rivolgersi all’elettorato democratico e di sinistra in modo unitario, positivo e propositivo: il voto a LeU è il vero “voto utile”, innanzitutto, per ridare voce e forza ai valori e alle idee della sinistra, e poi anche per fermare la deriva moderata e trasformista del PD, per dare voce e rappresentanza parlamentare a interessi e valori che il Pd renziano ha abbandonato. E alle domande, di cui sopra, sul “dopo”, occorre rispondere in modo semplice: si vota con un sistema elettorale in gran parte proporzionale, e quindi la nostra futura forza parlamentare sarà spesa nella ricerca delle soluzioni più innovative, assumendoci le nostre responsabilità, ma escludendo ogni accordo con la destra. Ed è per questo che è necessaria una presenza forte della sinistra in Parlamento: il vero “argine”, che può bloccare i fin troppo evidenti disegni di future maggioranze tra il PD e Forza Italia.

Naturalmente, è facile prevederlo, il Pd farà leva sulla competizione nei collegi uninominali maggioritari per tentare di “drenare” il voto degli elettori di sinistra che temono la vittoria della destra o del M5S. E qui la risposta deve essere netta: la competizione in questi collegi non sarà decisiva, solo in alcuni casi (basta guardare la geografia elettorale italiana) ci sono collegi veramente “in bilico”. E in ogni caso, si sconfigge la destra – molto semplicemente – abbassando le sue percentuali (e i suoi seggi), facendo sì che ci sia una forte partecipazione e recuperando i molti elettori che, in ogni caso, non voterebbero mai e poi mai per il Pd. Anzi – qualora il Pd insistesse in una chiave polemica a sinistra o concentrasse qui la sua campagna – si potrebbe facilmente ribattere: ma perché il Pd non tenta di recuperare quei voti moderati che – altrimenti – finiranno alla destra (ad esempio, rivolgendosi a quel 10%, e non è poco, che nel 2013 votò per Monti)? Non era questa la “vocazione” che il Pd renziano si è data? E’ vero, i nostri nemici sono a destra: ma allora, perché avete fatto questa ignobile legge elettorale? Non è sempre più evidente che questa legge favorisce il ricompattamento della destra, sotto l’egemonia leghista?

Non sappiamo ancora fino a che punto il PD concentrerà la sua campagna sulla questione del “voto utile”, pensando di ridimensionare il risultato di LeU, o se invece cercherà un altro “frame” per la sua campagna (ad esempio, proporsi come la forza che evita “salti nel buio”, come un tempo faceva, e con un certo successo, la Dc…). Possiamo dare un sommesso consiglio, se ci legge qualche amico del PD: meglio non insistere sul tasto del voto “utile”…può rivelarsi perfino un boomerang: “utile”, forse, in qualche caso, ma del tutto “inutile” in molti più casi, sia nei collegi toscani o emiliani in cui il PD gode di un largo margine di vantaggio, sia – soprattutto – nei molti collegi del nord in cui è il centrodestra ad avere un vantaggio incolmabile..E, in questi casi, quale sarebbe il vero “voto utile”?

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