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Liberi e Uguali deve farsi partito per andare oltre e rilanciare un’alleanza a sinistra che parta da socialismo e lavoro

Magari questa sarà la volta buona e finalmente, dopo tante incertezze e qualche colpevole ritardo, Liberi e Uguali si farà partito. Naturalmente la prospettiva non sarà quella di chiudersi in sè stessa ma di allargare il campo il più possibile a sinistra e non solo. Per questo credo sia anche giusto pensare a guardare alla nostra sinistra ma più in generale a tutto quello che può servire a far sì che si possa coprire l’intero arco del centrosinistra: vuoi con un’alleanza vuoi con l’ambizioso progetto di ritrovarsi in tempi successivi in uno stesso partito politico.

A questi appuntamenti si può arrivare anche per gradi: senza frettolosi e prematuri abbracci e senza inutili o dannosi rallentamenti: quello che conta sono le radici, che devono essere solide, come quelle della storia del socialismo non soltanto italiano e fortemente radicate nella storia del movimento operaio e delle sue organizzazioni politiche e sindacali: da quelle del mondo cattolico a quelle del sindacato a cominciare dalla Cgil.

Proviamo ad andare per ordine. Ee cominciamo dal perchè LeU deve farsi partito a partire da subito. E conforta in questo che Pietro Grasso abbia indicato tempi e tappe precise che dovrebbero portare entro l’anno alla conclusione del processo costituente. Dobbiamo farci partito soprattutto perchè lo dobbiamo (lo avevamo promesso in campagna elettorale) a quel milione e centomila cittadini elettori che ci hanno votato. Ma soprattutto perchè, più che mai oggi, dopo il risultato per certi versi drammatico delle elezioni politiche di marzo, c’è bisogno di partiti politici robusti e veri che riprendano il loro posto e non si riducano ad occasionali comitati elettorali, che presto si rivelano in balia delle peggiori lobbies affaristiche, spesso identificabili o confinanti con il malaffare. Le vicende dei maneggi attorno allo stadio della Roma che coinvolgono diverse forze politiche, sono particolarmente eloquenti in materia.

Nostro obiettivo dovrà prima di tutto quello di riaffermare quanto previsto dall’articolo 49 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Altro che partiti liquidi, leggeri e via dicendo! E soprattutto ricordiamo che per essere partiti autorevoli non basta certo dichiararsi pomposamente “a vocazione maggioritaria”. Al tempo stesso credo che riproporre il finanziamento pubblico sia proprio un punto di partenza per contrastare quei comitati di affari che hanno sinora profittato della intrinseca fragilità anche finanziaria dei cosiddetti partiti leggeri.

Il partito di Liberi e Uguali non sarà certo un partito di massa. La sua base elettorale di partenza è certamente limitata. Proprio per questo il riferimento al socialismo e al lavoro dovrà essere molto robusto e andare anche oltre i confini nazionali. Qualcuno obietterà che i partiti socialisti in Europa e non solo sono in crisi, e che la socialdemocrazia sembra aver fatto il suo tempo. Si potrebbe replicare che questo non è stato un bene ed è invece un motivo in più per recuperare quei valori e rilanciarli e meglio. L’esempio del compagno Corbyn nel Regno Unito e quello dei socialisti spagnoli nella vicenda Aquarius mi sembrano particolarmente eloquenti e promettenti. Altro che partiti della nazione e fronti repubblicani!

Naturalmente il partito di LeU dovrà confrontarsi soprattutto in Italia. Quindi con il governo italiano (un governo certamente sbilanciato a destra) e con le altre forze politiche che a quel governo dovrebbero opporsi. E’ chiaro che nei confronti del Governo a trazione leghista il nostro non potrà che essere un ruolo di ferma e intransigente opposizione. E soprattutto di dura denuncia delle intollerabili sbandate autoritarie, a cominciare dai problemi dei migranti e dal modo di porsi nei confronti di un’Europa che noi vorremmo sempre più europeista e sempre meno affidata agli egoismi nazionali e alle pulsioni populiste non soltanto di casa nostra. Naturalmente saremo particolarmente attenti ai temi del lavoro e del precariato e a ogni possibile varco che dovesse aprirsi (anche all’interno della maggioranza di governo)in sede parlamentare per ridurre i gravi danni prodotti dal jobs act.

Quanto ai rapporti con gli altri partiti che si dichiarano di sinistra o centrosinistra, questi non dipenderanno soltanto da noi. Al momento, infatti, non fare altro che guardare con attenzione a quanto sta accadendo o non sta accadendo nel Pd. Vogliamo capire se la stagione del renzismo è davvero alle nostre spalle. Pronti anche a fare “il fioretto” di nominare il meno possibile il senatore semplice di Scandicci. Il quale, tuttavia, non perde occasione per riproporre il suo peso in ogni occasione televisiva o no. Oggi si legge in una dichiarazione del segretario facente funzioni Maurizio Martina che per il Pd c’ è bisogno di “un coro senza fughe solitarie“. Sarebbe cosa buona e giusta e potrebbe favorire il tentativo di avviare qualche prova di disgelo. Un motivo in più per seguire, senza intromissioni velleitare, ma con rigorosa attenzione e magari anche un po’ di passione, quanto, a partire dall’assemblea di luglio, accadrà nel Partito Democratico.

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