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L’importanza del panafricanismo per combattere le disuguaglianze

Traduzione dell’articolo di Remi Joseph-Salisbury, pubblicato su Red Pepper con il titolo “Strength in Unity: Why Pan Africanism matters today” (24 novembre 2017).

Trump, la Brexit, le virate a destra in tutta Europa: i recenti sconvolgimenti politici hanno sicuramente distrutto l’illusione generata da Obama di un mondo “post-razziale”. Non solo questi eventi evidenziano come il razzismo e il suprematismo bianco persistano, ma indicano anche il bisogno di rafforzare i movimenti anti-razzisti. In questo senso, il panafricanismo ha molto da offrire.

Uno dei principi fondanti del pensiero panafricano è la sua insistenza nel collegare la diaspora africana al continente africano, e la storia dell’Africa a quella della sua diaspora. Questa lezione, se presa sul serio, offre una strada da percorrere per chi è impegnato nella lotta anti-razzista.

Il pensiero panafricano insiste da sempre sul fatto che gli appartenenti alla diaspora devono sempre ricordare che la storia non inizia con la schiavitù e il colonialismo. Questo è un importante sforzo anti-razzista, ma per capire l’attuale situazione dell’Africa e della sua diaspora, per fare passi avanti verso azioni sociali significative, deve essere dato il giusto riconoscimento al modo in cui questi processi hanno plasmato e continuano a plasmare la società.

Con le razzie colonialiste e imperialiste e con l’enorme sfruttamento della tratta transatlantica degli schiavi, paesi come la Gran Bretagna hanno letteralmente costruito la propria ricchezza sulle schiene dell’Africa e della sua diaspora. Come ha spiegato in maniera convincente Walter Rodney, lo sviluppo dell’Europa è intimamente e inestricabilmente connesso al sottosviluppo dell’Africa. Comprendere i legami fra questa storia, il presente e il futuro, prepara la strada all’Africa e alla sua diaspora per pretendere i risarcimenti che le sono dovuti.

Il suprematismo bianco dipende, in parte, dall’eliminazione di ogni legame della società contemporanea con la sua storia. Tirare fuori la storia è uno sforzo antitetico alla logica contemporanea dominante. La logica dominante in Gran Bretagna cerca di bloccare ogni connessione con la storia: le disuguaglianze razziali esistono ‘semplicemente perché le cose vanno così’, o addirittura – in maniera più sinistra – sono colpa delle stesse nazioni africane o dei singoli appartenenti alla diaspora africana.

Seguendo questa logica, le nazioni africane sono descritte come “corrotte in maniera incredibile”, come disse David Cameron, e mancano della morale e dell’intelligenza necessarie per sollevarsi dalla povertà. Con lo stesso spirito […] gli appartenenti alla diaspora sono descritti come senza motivazione individuale, pigri e provenienti da famiglie e culture che non forniscono i mezzi per avere successo. […]

Queste spiegazioni alternative (dei suprematisti bianchi) oscurano i collegamenti con la storia – ossia, come la storia plasma il presente. È recidendo ogni legame con la storia che David Cameron ha potuto dire alla Jamaica di “voltare pagina” rispetto al suo retaggio di schiavitù, mentre la ricchezza contemporanea della sua famiglia è collegata al possesso di schiavi africani.

Se si inizia a prendere sul serio questi collegamenti, è possibile notare come le cose contro cui lottiamo oggi sono il risultato di una storia fatta di schiavitù, colonialismo e sfruttamento. Ma c’è dell’altro: possiamo anche notare che queste questioni oltrepassano i confini nazionali e le ritroviamo in contesti differenti.

Osservando le cose da questa prospettiva, si scopre come le morti di Edir da Costa, Rashan Charles e Darren Cumberbatch sono collegate a una lunga storia di morti nere avvenute in seguito a un contatto con la polizia del Regno Unito. Questa prospettiva rivela anche che queste morti sono collegate alle brutali violenze e agli abusi su Theo di quest’anno da parte della polizia francese, alle innumerevoli morti di afroamericani che sono venuti in contatto con le forze di polizia statunitensi, quelle forze che dovrebbero proteggerli. E diventa poi evidente come queste morti sono collegate alle innumerevoli perquisizioni, alla detenzione inumana degli africani che cercano asilo in Europa. Tutti questi fatti – e molti altri ancora – sono collegati direttamente al bisogno di controllare il corpo nero che risale alla schiavitù e al colonialismo.

Se vediamo questi collegamenti, possiamo osservare come il desiderio della polizia di controllare i corpi neri è collegato al desiderio dell’azienda di sicurezza privata G4S di fare lo stesso. Su scala globale, la G4S fa letteralmente soldi dalla criminalizzazione e dal controllo dei corpi neri. […]

Anche se può sembrare campato in aria, si possono notare dei collegamenti anche con l’“omicidio sociale” di Grenfell e le recenti atrocità in Sierra Leone.

Sia il rogo di Grenfell tower che le frane in Sierra Leone, potrebbero sembrare inizialmente incidenti che capitano casualmente e che potrebbero succedere a chiunque, dovunque. Ma nel caso di Grenfell sappiamo che è molto più probabile che i bambini neri vivano in abitazioni non a norma e che la maggior parte dei bambini che vivono in piani superiori al quarto o in palazzoni sono neri o asiatici. Sappiamo che i residenti di Grenfell avevano dato l’allarme da tempo e sappiamo che queste morti potevano essere evitate.

La Sierra Leone ha visto una risposta fiacca da parte delle potenze internazionali, forse perché, troppo spesso, i corpi neri, i corpi neri africani, non hanno importanza. Inoltre, poiché l’Europa continua a causare il sottosviluppo dell’Africa, la Sierra Leone non ha il genere di infrastrutture necessarie per affrontare un disastro del genere. I cambiamenti climatici sono una delle cause di quelle colate di fango, ma mentre l’Occidente è responsabile in larga parte per i cambiamenti climatici, è sul continente africano che quelle conseguenze sono avvertite più duramente.

[…] Ciò che connette questi “disastri” è la svalutazione dei corpi neri e la noncuranza per le vite nere.

Come anti-razzisti, le sfide che abbiamo di fronte sono interconnesse e sono connesse a una lunga storia di razzismo e suprematismo bianco. Per vincere queste sfide, dobbiamo quindi offrire una risposta interconnessa: questa risposta deve prendere in considerazione il legame fra il destino dell’Africa e della diaspora africana, del legame fra gli appartenenti alla diaspora africana e del legame fra tutte le nostre lotte.

La lotta contro le politiche razziste e la lotta contro un’istruzione di scarsa qualità anti-nera sono interconnesse. E così la lotta contro il razzismo climatico, la lotta per abitazioni adeguate e la lotta per l’uguaglianza sul lavoro.

Tutte queste lotte sono collegate alle lotte delle nazioni africane e del continente africano: la lotta contro i furti di terra e la lotta contro il debito internazionale e le disuguaglianze economiche.

Riconoscere le interconnessioni fra queste lotte ci permetterà di costruire movimenti più forti, che hanno ben presente il passato e imparano da questo. Per andare avanti, la nostra forza sta nella nostra unità: questa è una lezione dal pensiero panafricano.

(Foto di copertina: Murale in Tanzania | Michael Branz)

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