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L’intervento pubblico sta tornando di moda. Anche in Australia.

L’Australia sta assistendo, sia a livello di governo nazionale (conservatore) che a livello dei governi degli stati federali, a una nuova spinta verso le rinazionalizzazioni. L’intervento pubblico è tornato di moda, dopo essere stato gettato nel dimenticatoio da anni di egemonia neoliberista. Ma questa ortodossia sta finalmente iniziando a scricchiolare. In Australia come nel resto del mondo.

Ne scrive l’avvocato giuslavorista australiano Josh Bornstein sul Guardian, in un articolo dal titolo “Regulation is back, after years of neoliberal neglect” (22 ottobre 2017). Ve ne proponiamo una traduzione.

[…] L’intervento pubblico è tornato di moda. La regulation con la “r” maiuscola. Dopo anni passati nel dimenticatoio, si sta plasmando una nuova narrazione politica causata dallo schiacciante bisogno di agire. «Sempre più – scriveva Laura Tingle sull’Australian Financial Review alla fine di agosto – ciò che anima le politiche dei governi è il bisogno d’intervenire e correggere i fallimenti del mercato». Questo cambiamento «è avvenuto in maniera così graduale che è stato quasi impercettibile».

Il fallimento diffuso del mercato è una conseguenza inevitabile di decenni di politiche neoliberiste. Sia la deregulation che la cattiva regulation sono destinate inevitabilmente a fallire e nell’economia australiana c’è troppo di entrambe le cose.

Il cambiamento potrà anche essere avvenuto “in maniera graduale”, ma il collasso dell’ortodossia neoliberista è stato spettacolare. Solo quattro anni fa, il governo Abbott aveva provato a rimuovere il requisito legale che imponeva ai dipendenti bancari di agire nel migliore interesse dei clienti. Quest’anno è arrivato il dietrofront: è stata introdotta una nuova tassa per le banche ed è stata inserita una clausola di responsabilità per i dirigenti.

Decenni di deregulation e la fiera dell’avidità che ne è conseguita hanno avuto come conseguenza soprusi sistemici – dei consumatori, dei lavoratori, dei pensionati, dei migranti, degli studenti e delle persone più svantaggiate dal punto di vista sociale ed economico. I monopoli e gli oligopoli adesso dettano legge in settori come quello bancario, assicurativo, finanziario, della grande distribuzione, energetico, estrattivo e delle telecomunicazioni. […]

In un paese con abbondanti fonti energetiche […], gli australiani pagano le bollette più care al mondo. L’industria dei servizi finanziari è piena zeppa di contratti e prodotti deliberatamente opachi. […] Combinare finanziarizzazione di cose come il fondo previdenziale o le case di riposo con persone vulnerabili porta inevitabilmente a una carneficina.

Il mercato del lavoro, poi, è un casino. Le leggi esistenti in materia non sono più adatte al loro scopo e sono facilmente aggirabili dalle aziende che frammentano e indeboliscono la forza lavoro. Le autorità di controllo non possono più tenere testa a un numero senza precedenti di casi di furto di salario. Le vittime, solitamente, sono studenti sottopagati, migranti e lavoratori più anziani senza competenze con poco o nessun potere contrattuale. Serve una revisione completa delle leggi.

Questa situazione non è completamente nuova per l’Australia. Né esclusiva di questo paese. All’inizio del Ventesimo secolo, il presidente Theodore Roosevelt smantellò i monopoli statunitensi attraverso una combinazione di nuove leggi e forti interventi da parte delle autorità di controllo.

Per i politici australiani, il compito di supervisionare e controllare le grandi corporazioni è enorme. Da dove iniziare?

Primo, riconoscendo che il mercato libero non esiste. Tutte le imprese operano sotto una qualche forma di regulation. […] Secondo, l’intervento pubblico è una forma d’arte, non una scienza. Richiede sperimentazioni costanti, dinamismo e accettare che gli errori sono inevitabili.

Facebook, Google e Apple maneggiano tutti un potere di mercato eccessivo e stanno sovvertendo i regimi fiscali, danneggiando il giornalismo e commerciando spietatamente le informazioni personali. Le autorità di controllo in Europa stanno iniziando a mettere freno a certi eccessi. L’Australia è indietro di anni. Rana Foroohar, giornalista del Financial Times, si è unita al coro di coloro che sostengono che «i monopoli della Silicon Valley dovrebbero essere divisi, come prima veniva fatto con tutti gli altri monopoli naturali». […]

[…] Se vuole avere successo, questa nuova era di robusta regulation avrà bisogno di una nuova generazione di organismi di controllo aggressivi e dotati dei mezzi necessari. […]

I politici australiani devono ancora esprimere in maniera ben articolata o afferrare la nuova narrazione della regulation, ma o saliranno a bordo o ne verranno travolti.

Foto di copertina: Image Source/Getty Images)

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