Quando fino a trent’anni fa parlavi di Cerignola, ovunque in Italia si pensava alla patria di Giuseppe Di Vittorio, la città delle lotte bracciantili, dei diritti dei lavoratori delle campagne e, per estensione, dei diritti tutti i lavoratori. I più informati e acculturati ricordavano anche la circostanza che avesse dato i natali a Nicola Zingarelli. La sinistra, sino alla fine degli anni ’80, aveva le stesse percentuali che ha ancora oggi a Sesto Fiorentino, poi dagli inizi degli anni ’90 non ha più toccato palla.

Oggi, se e quando si parla di Cerignola, è per le relazioni della DIA, nei reportage (quattro pagine) de l’Espresso sul peso e la pericolosità della criminalità organizzata locale. Tre aziende del territorio colpite da interdittiva antimafia emesse dalla Prefettura di Foggia, il Comune che ha ospitato per circa sei mesi la commissione prefettizia per la verifica di infiltrazioni mafiose e dei cui si attende l’esito. La più grande realtà industriale del territorio di proprietà pubblica sull’orlo del fallimento e, di contro, la TARI più alta d’Italia.

Ce ne sarebbe abbastanza perché la parte sana e maggioritaria della popolazione si indignasse e trovasse il modo per manifestare pubblicamente la propria indignazione. E invece nulla. Qualche affollata manifestazione di consiglieri dell’opposizione sul modo di ricorrere contro gli aumenti della tariffa sui rifiuti e nulla più. Però, c’è un però. Se la FIGC, all’opposto di quanto deciso dal CONI, decide di non far accedere la locale squadra di calcio al campionato di Lega Pro, la ex serie C, in città non si discute d’altro. L’indignazione, questa volta sì, raggiunge toni epici. Nei bar, sul corso principale, nei social, dappertutto non si parla d’altro. Pronti a manifestare in massa anche a Roma per lavare – anche con il sangue, paventa qualcuno – la terribile ed inaccettabile ingiustizia nei confronti dell’intera città.

Prima di ritenere Cerignola una sorta di “Repubblica a sé”, forse è il caso di interrogarci – interrogarsi – se tutto sommato questa strana città non sia il paradigma dell’intero Paese, un Paese in cui oramai ci si indigna poco o punto di una serie di orrori quotidiani. Di crimini quotidiani.

Perché se era orribile il primo “Decreto sicurezza”, è criminale il “Decreto sicurezza bis” che non solo restringe ancora di più del “Codice Rocco”, cioè di quelle parti sopravvissute del codice penale fascista, alcune libertà individuali, ma ha anche l’ardire di prenderci per il culo! E’ noto che un Decreto Legge può essere emanato solo in casi in cui vi si ravvisi la necessità e l’urgenza di provvedere a regolare determinati fatti. Ebbene, il decreto in questione oltre a riaffermare la necessità ed urgenza di intervenire per bloccare un’emergenza che non c’è, quella migratoria, afferma – testualmente – che è ravvisata “la straordinaria (straordinaria!) necessità ed urgenza di assicurare i livelli di sicurezza necessari per lo svolgimento dell’Universiade Napoli 2019”. Quindi, quei disgraziati che rischiano la vita nel Mediterraneo, oltre a rubare il lavoro agli italiani e alla loro naturale propensione a stuprare le nostre donne e a spacciare lo spacciabile, metterebbero a rischio la sicurezza dell’Universiade Napoli 2019.

Hai visto mai che a qualche atleta universitario, magari proveniente da qualche paese illiberale dell’Africa o da qualche altro posto del pianeta nelle stesse condizioni politiche (e ce ne sono non pochi), venisse in mente di richiedere asilo politico da noi e per ottenerlo magari sequestra Di Maio che a Napoli è di casa? Sarà forse per questo che l’hanno votato anche i 5 Stelle? Lo stesso decreto che, ribadisco, non ha alcun rispetto per i nostri fondelli, recita (art. 1) “il Ministro dell’Interno … nel rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia, può limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta delle navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo, … limitatamente alle violazioni delle leggi di immigrazione vigenti …”. In un solo articolo, questo governo, nella sua interezza, e la maggioranza parlamentare, certificano che la maggioranza degli italiani sono dei somari che mai andranno a leggersi la norma, che mai la capiranno e meno che mai la contesteranno. Fatta eccezione per la solita sparuta ed irrilevante minoranza di radical chic. Perché lì c’è scritto tutto e il contrario di tutto. E’ sancito il rispetto degli accordi internazionali, a meno che non ci siano violazioni delle norme interne sull’immigrazione. Non mi dilungo affatto sulla prevalenza delle norme internazionali su quelle interne, mi limito a far rilevare la circostanza che proprio quegli accordi internazionali, che il nostro governo non si è mai sognato di far cambiare, impongono al nostro Paese di far sbarcare quei disperati del mare. E dell’accenno alle navi militari che sembrerebbero essere escluse? Bloccano in porto due motovedette della Guardia Costiera piene zeppe di migranti a cui vietano lo sbarco e hanno l’impudicizia di scrivere che sono escluse dal provvedimento!

Vi è la denuncia pressoché giornaliera di atti di intolleranza e di puro razzismo nei confronti di adolescenti di colore nati in Italia o adottati da genitori italiani e tutto sembra scivolarci addosso come pioggia d’estate che fastidio non dà.
E della storia dei presunti rubli? Un esponente di spicco della Lega, amico e consigliere del Ministro degli Interni è intercettato mentre tratta una maxi tangente in un lussuoso hotel di Mosca e l’indignazione anche in questo caso latita. Bettino Craxi per molto ma molto meno fu schernito e aggredito fisicamente da una folla inferocita e forcaiola. Erano, per lo più, leghisti della prima ora.

Cerignola, allora, non è un’eccezione. E’ non altro che lo specchio di una pessima Italia. Specchio di una pessima classe dirigente, politica e non. Una classe dirigente fatta di giovani e meno giovani, di destra, di sinistra o grillina, piegata su se stessa, sul proprio ombelico e che di questo pare abbia fatto la propria bussola. Le strategie vertono sul proprio futuro personale, non su quello del futuro del proprio Paese, della propria regione, del proprio comune.
E allora ci meritiamo ciò che abbiamo. Siamo in serie C. E non è una promozione.

Foto in evidenza: Barca di migranti dall’oblò della nave Ong “Open Arms” nel mar Mediterraneo, giugno 2019. (Olmo Calvo, Ap/Ansa)

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