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Macron, si scrive “né di destra né di sinistra”, si legge “mai a sinistra, più a destra”

Emmanuel Macron lo aveva ammesso sin dall’inizio: non sono un socialista. […] Quando ha lasciato il governo Hollande per lanciare la sua candidatura a presidente […] la domanda è diventata: ma almeno è di sinistra? « – aveva risposto – sono di sinistra. Di quella sinistra che si confronta con la realtà, che vuole riformare il paese, che crede nella libertà proprio perché questa crea uguaglianza per tutti. La sinistra rappresenta la mia cultura, le mie origini, la mia storia familiare. Sono sempre stato chiaro su questo punto».

Man mano che la sua campagna elettorale andava avanti, però, è diventato meno chiaro su quel punto. Ha promesso di superare il «settarismo» francese e l’«opposizione sterile» – e ha affermato di non essere «né di destra né di sinistra». Non tutti se l’erano bevuta questa storia. Lo storico della sinistra francese Gilles Candar aveva commentato: «Quando uno dice di non essere né di destra né di sinistra, solitamente significa una cosa: non è di sinistra».

Questo si conferma vero per il presidente Macron, il cui motto, dopo tre mesi di presidenza, comincia a suonare molto simile a «mai a sinistra, più a destra».

Macron ha mandato segnali positivi al centro-destra sin dall’inizio, assegnando ruoli di alta responsabilità ai politici Repubblicani: «Il primo ministro e i ministri dell’economia e delle finanze sono alcune delle posizioni di governo più importanti e ne guidano la politica», commenta Candar.

Durante la campagna elettorale, Macron non ha mai nascosto le sue posizioni liberiste, soprattutto sull’economia e sul mercato del lavoro. Ma su argomenti tipo l’immigrazione era percepito come più progressista – percezione che è cambiata, dopo la sua elezione. […]

Tutte le recenti misure approvate dal governo Francese – a parte, forse, quella sulla moralizzazione della politica – sono chiaramente orientate a destra. Le restrizioni sul budget stanno colpendo tutti i settori, il contributo affitto per gli studenti universitari verrà ridotto e le promesse di Macron di ridurre l’imposta patrimoniale (pagata solo dalle persone che guadagnano più di 1,3 milioni di euro l’anno) e le tasse per le aziende favorirà i ricchi. […]

Durante la campagna elettorale, l’economista Thomas Piketty, che ha sostenuto il socialista Hamon, ha criticato la mancanza di «visione» in merito alla «giustizia sociale e fiscale» […] nel programma di Macron. «[…] Come può definirsi di sinistra con un programma del genere?». Hamon era d’accordo: «Mette in dubbio le 35 ore, vuole creare posti di lavoro estremamente precari, mette in discussione la tassa sui ricchi. Non è di sinistra».

Per Mathieu Fulla, ricercatore di storia della sinistra francese a Sciences Po, Macron incarna l’accelerazione di un cambiamento che è iniziato nella sinistra di governo nel 1981, con l’elezione di François Mitterand. Fino a quel momento, […] la sinistra aveva dato la priorità alle riforme sociali, nel solco di quelle del 1936. Sotto Mitterand si spostò verso un maggiore dialogo con il mondo della finanza e delle imprese, introducendo però, al contempo, diritti dei lavoratori e diritti sociali. […] «Macron rompe un tabù con le sue riforme liberali e realizza quello che alcuni del partito socialista volevano fare».

La sinistra, storicamente, ha sempre preso le parti dei lavoratori – Macron non lo ha mai fatto. Già nel 2015, in un editoriale su Libération intitolato “Macron non è di sinistra”, il giornalista economico Luc Peillon individuava nell’amore di Macron per il liberismo e nel suo prediligere i datori di lavoro e gli imprenditori ai lavoratori i segni di una «unità d’intenti con la destra».

Queste tendenze sono poi diventate ancora più chiare. «Sia la riforma del lavoro […] che la riforma del sistema contributivo […] sono i segnali che questo governo è chiaramente di destra», afferma Peillon. […]

L’attuale presidente francese è sempre stato esplicito sulla sua volontà di liberalizzare e modernizzare la Francia – ma il suo motto «né di sinistra né di destra» aveva convinto durante la campagna elettorale grazie ai valori socialmente liberali che comunque Macron difendeva […]. La realtà della sua presidenza è però differente. «Ha scontentato con le sue politiche liberali dal punto di vista finanziario, ma non compensa introducendo diritti sociali o democratici» commenta lo storico Candar. «Non vediamo cosa c’è di sinistra nella sua componente di sinistra».

[…] Candar nota che Macron ha «manifestato fastidio» nei confronti dell’opposizione, in un contesto politico in cui il partito del presidente controlla il parlamento […]. «Uno poteva pensare che […] avrebbe riconosciuto il ruolo dell’opposizione, […] ma adesso sta prendendo una strada autoritaria, à la francese. È chiaramente molto disturbante».

Dopo un’estate difficile che ha visto il suo indice di gradimento colare a picco, però, Macron può davvero permettersi certe politiche di destra? «C’è nervosismo nel governo sulla riforma del lavoro», dice Peillon […]. «Stanno rivedendo alcuni passaggi minori con i sindacati, si rendono conto che hanno esagerato». I sindacati e la sinistra radicale di Mélenchon (che ha ottenuto il 20% al primo turno delle presidenziali) stanno organizzando manifestazioni contro la riforma per l’autunno. «La logica “né né” ha dei limiti», commenta Peillon. E rispettarne solo una parte, quella di destra, può ritorcersi contro chi la usa.

Questa è una sintesi dell’ultimo articolo di una serie, pubblicata sul New Statesman, a cura di Pauline Bock, sul perché Emmanuel Macron non è l’eroe liberale che tutti dipingono.

(Foto: Charles Platiau, Afp)

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