Enrico Rossi Mirko Tutino

Mirko Tutino: Dopo le amministrative, una ragione in più

Il risultato delle elezioni amministrative 2017 non lascia grande spazio all’interpretazione e ci fornisce una ragione in più per ricostruire un centrosinistra capace di parlare al cuore del proprio elettorato. Dopo il secondo turno di domenica scorsa il centrosinistra perde 10 dei 16 capoluoghi di provincia che amministrava fino a sabato scorso. Un’analoga tendenza, anche se ridimensionata nel crollo, si ha nei comuni non capoluogo superiore ai 15 mila abitanti. In ogni città il centrosinistra perde migliaia di voti, lasciando il campo ad una destra che invece si ricompatta e riconquista il proprio elettorato. Complessivamente sono circa 200 mila per persone che tra il 2012 ed il 2017 hanno smesso di votare il centrosinistra nelle città che hanno partecipato a questa tornata elettorale.

Frasi quali “il risultato é stato a macchia di leopardo“, oppure, “in politica come nel calcio vince ci fa un gol in più dell’avversario” non fanno altro che rendere ancora più chiara la distanza tra il PD e l’elettorato di centrosinistra. Lombardia, Toscana, Liguria ed Emilia-Romagna segnano i risultati peggiori. In Emilia-Romagna fallisce l’idea di riconquistare Parma dopo vent’anni con un candidato di provenienza civica, si perde a Piacenza e – soprattutto – si perdono alcune roccaforti tra le quali spicca la cittadina bolognese di Budrio.

Penso che siano quattro le principali componenti che hanno portato a questi risultati:

1) l’elettorato progressista e di centrosinistra non si riconosce nelle politiche attuate in questi tre anni di larghe intese in materia di lavoro, di aumento delle disuguaglianze, di taglio alla spesa sociale e di riforme scritte male e con arroganza.

2) i comuni hanno sempre meno risorse la difficoltà nel mantenere i servizi e nel contrasto del degrado, portano tanti cittadini a non trovare più le tradizionali risposte delle quali il centrosinistra é stato garante negli ultimi 20 anni.

3) la frammentazione e la minore competenza delle classi dirigenti del centrosinistra, che tendono ad assomigliarsi sempre di più a quelle delle altre forze politiche, perdendo quel “vantaggio competitivo” che ha sempre reso la sinistra più forte nel voto delle città.

4) difficoltà nel rispondere al tema globale delle migrazioni ed alla connessione che parte dei media e dell’opinione pubblica fanno con la sicurezza.

A questo punto non resta che chiedersi cosa possiamo fare.

Ripeto ciò che ho già detto e scritto: sul piano nazionale dobbiamo ricostruire un centrosinistra capace di ripartire dalla dignità del lavoro, dalla difesa dei più deboli e che ponga l’ecosistema tra le proprie priorità. Un nuovo soggetto politico con queste caratteristiche dovrebbe restituire ai Comuni la loro autonomia fiscale, sostenere le realtà che vogliono investire creando lavoro e sviluppando servizi, invertire la tendenza che ha portato per anni a privatizzare le municipalizzate locali che funzionavano ed a tagliare sui servizi. A livello locale deve essere scelta con decisione la strada del centrosinistra sul modello di Padova, dove le due esperienze del nostro campo si sono unite su un programma innovativo e nettamente alternativo alla destra.

Serve, quindi, un centrosinistra alleato delle comunità locali. Nei comuni e nell’impegno politico locale non ci deve essere la classe dirigente del futuro ma quella del presente.

Nell’affrontare i problemi quotidiani delle persone, le amministrazioni locali hanno modo di misurare le politiche nazionali giorno per giorno e comprendere gli effetti sociali della crisi economica. I numeri dati da Renzi sui posti di lavoro guadagnati con il jobs act, se osservati dall’osservatorio di un Comune, svaniscono. Perché se si amministra un ente locale e si ha un rapporto quotidiano con la cittadinanza, si ha a che fare con chi non riesce a pagare una retta dell’asilo o con chi viene pagato con i voucher e chiede un alloggio popolare non potendo accendere un mutuo. Ecco perché perdere le elezioni amministrative è un segnale gravissimo e perché, attraverso la formazione politica ed il costante confronto tra chi produce politiche nazionali e chi opera negli enti locali, si deve restituire dignità all’impegno politico ed amministrativo locale.

Tantissimi amministratore se ne vanno dopo il primo mandato e si sentono soli. E sul tema delle migrazioni globali e dell’accoglienza, sono tantissime le comunità locali che hanno bisogno di essere sostenute e supportate. La politica nazionale di accoglienza in questo senso deve essere meno dirigista e costruire prima di tutto una comune sensibilità con gli amministratori di tutto il territorio nazionale, distribuendo con intelligenza gli sforzi e le disponibilità e non scaricando sugli enti locali – come purtroppo è avvenuto in varie occasioni – l’intera responsabilità dell’accoglienza.

Dopo l’esito di queste amministrative ho una ragione in più per essere il primo luglio in Piazza Santi Apostoli a Roma all’iniziativa promossa da Giuliano Pisapia, Articolo UNO e Campo Progressista. Credo che ora più che mai serva un pensiero radicale, concreto e capace di mettere la politica nazionale in sintonia con il territorio.

Nella foto di copertina: Enrico Rossi e Mirko Tutino

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