Saharawi

Mirko Tutino: la “missione umana” della sinistra e la fine di un pensiero tiepido

Come amministratore locale mi occupo di lavori pubblici e di manutenzioni e in questi anni ho vissuto la straordinaria possibilità di entrare in contatto con tantissime persone.

In questi contatti mi vengono raccontati e trasmessi i piccoli problemi concreti legati alla vita quotidiana dei quartieri: la manutenzione di strade e parchi, la necessità di intervenire sulla rete fognaria, l’eccessivo traffico su una strada.

Si tratta di cittadini non filtrati da collocazioni di partito e che non rappresentano il classico pubblico delle iniziative politiche che chi milita in una forza politica è abituato ad incontrare.

Questo pubblico è vario e non selezionato ed è un ottimo termometro della città, Reggio Emilia.

Una città medaglia d’oro della Resistenza, amministrata dal PCI (prima) e dal centrosinistra (poi) interrottamente da 70 anni. Una città punto di riferimento per politiche pubbliche incentrate sulla solidarietà e su un welfare universale.

Un cittadino col quale ho avuto modo nei mesi scorsi di avere uno scambio costruttivo sui problemi della sua zona, e che per sua precedente ammissione si considera un elettore del centrosinistra, mi scrive: “perché non sistemate le buche sulla mia via anziché spendere soldi per i profughi?“.

Potrei citare almeno una decina di messaggi di questo tipo ma se riporto questo scambio è perché non ritengo la persona in questione minimamente accusabile di un pregiudizio politico verso l’amministrazione di cui faccio parte. La “sua via” è una tranquilla via ai margini di una delle frazioni più ricche di Reggio Emilia.

Una zona dove la qualità della vita è alta, di confine tra città e campagna, dotata di servizi di ogni genere e dove esistono quasi solo ville singole o bifamiliari. Un pezzo di città acquisito dalla trasformazione della campagna. “La sua via” non ha più problemi di manutenzione di tante altre.

A Reggio, in Emilia ed in Italiala sua via” si potrebbe inserire tra quelle più fortunate.

Non voglio dividere il mondo in categorie, sarebbe facile accusare questa persona di populismo, di razzismo o evocare l’egoismo che distingue il nostro gemo. Credo, invece, che le sue considerazioni debbano farci pensare a quanto terreno abbiamo perso.

Non siamo stati capaci di far passare il messaggio che esiste una “missione umana” di solidarietà che viene prima di qualsiasi nostra esigenza locale, tanto più se viviamo in un quartiere privilegiato di una città privilegiata di una regione privilegiata di un paese facente parte della parte privilegiata del mondo.

Abbiamo smesso di trasmettere alle persone la profonda connessione esistente tra cambiamenti climatici, guerre e povertà. Quella che un tempo, talvolta in maniera sprezzante, era chiamata “ideologia” altro non era che una forma per semplificare il complesso quadro umano, sociale e politico del nostro pianeta. Una chiave di lettura che, con tutti i suoi limiti e le degenerazioni che nella storia si sono viste, ha fornito a milioni di persone la percezione di essere parte di un contesto globale dove ogni azione ha una conseguenza in un altro angolo del pianeta.

Nonostante l’enorme disponibilità di informazioni su ciò che avviene nel mondo che tocca una parte rilevante della popolazione italiana, il quadro di insieme si è gradualmente perso. Nell’abbattere le ideologie si sono persi gli ideali ed in particolare si è perso – in politica – un giudizio sul mondo e sull’analisi dei fenomeni di portata storica.

Non è colpa del cittadino che mi ha scritto se la becera propaganda di chi di ideologia continua a vivere (la destra) riesce a turbare anche la più tranquilla strada della nostra città ed è un preciso compito della sinistra ricostruire un quadro che sia comprensibile anche senza la lettura di migliaia di libri sulla storia delle migrazioni.

Il Partito Democratico, con la vergognosa marcia indietro sullo ius soli, ha preso una strada molto precisa. Hanno votato in tempi record l’aumento dell’uso del contante, i bonus generalizzati, l’abolizione delle tasse sulla prima casa anche a coloro che possiedono abitazioni lussuose. Ma su una norma di civiltà fatta per più di un milione di bambini, si fermano per paura dell’opinione pubblica.

Se la sinistra non riesce o non vuole spiegare che non esiste differenza tra i “migranti economici” e coloro che fuggono da contesti in cui si muore per l’acqua infetta, per malattie non debellate o per cambiamenti climatici che desertificano intere regioni, allora non è la sinistra. E’ un gruppo che sta insieme come potrebbero stare insieme i bagnanti che casualmente si trovano ogni estate allo stesso lido.

La sinistra ha sempre avuto l’ambizione di rendere qualsiasi individuo un attore collettivo, dare al singolo gli strumenti perché possa ragionare come uno Stato.

Oggi la politica – anche di parte di quello che una volta era il centrosinistra – sta facendo esattamente il contrario: portare lo Stato e le organizzazioni collettive ad acquisire e fare proprio il linguaggio ed il pensiero dell’individuo. Senza entrare nel campo del giudizio, dirò qualcosa su quella che ritengo la strada da seguire per invertire questa tendenza.

Non è più il tempo di un pensiero tiepido.

Soprattutto a sinistra. A fronte di tanti individui che cercano nella politica e nelle istituzioni protezione al punto da mettere in discussione le stesse ragioni di convivenza umana, dobbiamo essere chiari nel fare una proposta radicale e concreta.

Una proposta capace di sostenere che la spesa pubblica che alimenta investimenti, consente a quel 40% di giovani senza lavoro di poter avere una possibilità. Un programma che non si senta a disagio nel sostenere l’azzeramento delle tasse universitarie per chi fatica a pagarle o la ripubblicizzazione di settori dove il profitto ha portato ad un peggioramento della qualità e a costi più alti per l’utente finale.

Macron e Renzi si sono lanciati in una sciagurata e pericolosa avventura. Negando il diritto di un essere umano a scegliersi un luogo dove possa vivere – e far vivere i propri figli – senza il timore della fame e della guerra, questi politici “della nuova sinistra” stanno facendo al campo progressista più danni di quanti ne abbiano mai fatti gli avversari.

Una sinistra di prossimità che dimostri che la cura delle strade che devono fare i Comuni non è in contrasto con le politiche di accoglienza che lo Stato e l’Unione Europea possono e devono attivare per dare dignità alla vita di milioni di esseri umani.

Nella foto di copertina: Mirko Tutino, con la fascia blu, e una delegazione di bambini del popolo Saharawi ricevuta in consiglio provinciale di Reggio Emilia

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