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MPS, la vicenda si chiude, non senza polemiche

Dopo la controversa soluzione trovata per le due banche venete è stato approvata dalla Commissione Europea la ristrutturazione di MPS, nel contesto della “Ricapitalizzazione Precauzionale” con intervento del Tesoro.
L’operazione, con importanti modifiche, ricalca il progetto presentato dopo il fallimento della “ricapitalizzazione di mercato” e prevede la cessione a una società veicolo di quasi tutte le sofferenze, attraverso una complessa cartolarizzazione, con cessione al fondo Atlante II dei titoli Junior e Mezzanine della stessa.

L’aumento di capitale ammonta a 8,1 miliardi, di cui 3,9 sottoscritti dal MEF (a valere sui 20 miliardi stanziati per il “fondo salva risparmio”) e 4,3 derivanti dal coinvolgimento degli obbligazionisti subordinati secondo le regole attenuate del burden sharing.
Per gli obbligazionisti retail anch’essi coinvolti nella conversione in azioni, si prevede un meccanismo di ristoro stimato in 1,5 miliardi. Si tratta dei risparmiatoti cui furono venduti nel 2008 titoli della specie per 2,1 miliardi, necessari all’epoca per la nefasta acquisizione di banca Antonveneta. I rimborsi andranno solo a chi ha acquistato i titoli prima del 1 gennaio 2016 attraverso la rete di MPS. Sono quindi esclusi coloro i quali hanno speculato su tali obbligazioni in epoche successive.
Dopo l’operazione il MEF avrà il 70% del capitale di MPS.

Così risanata, la banca più antica del mondo potrebbe tornare a nuova vita fino a produrre (il condizionale è d’obbligo) nel 2021 un utile netto superiore a 1,2 miliardi.
La rete subirà un completo ridisegno, riducendosi dai 2.000 sportelli attuali a 1.400 nel 2021. Ciò comporterà un taglio di 5.500 dipendenti entro il 2021 (4.800 con l’attivazione del Fondo di solidarietà, 450 con la cessione/chiusura di attività e 750 coi pensionamenti). La differenza è rappresentata da 500 assunzioni che MPS si è impegnato a fare per rinnovare la compagine.
Sono state, inoltre, cedute a “CartaSi”, dell’Istituto Centrale delle Banche Popolari, il business delle carte di pagamento e le partecipazioni in Bassilichi S.p.A. e nel Consorzio Triveneto. Analogamente, verranno vendute le banche estere, una lunga lista di partecipazioni e parte del patrimonio immobiliare.

Molto importante la fissazione di un limite alle retribuzioni del top management non superiore a 10 volte il salario medio dei dipendenti del Monte.
Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan si è dichiarato soddisfatto, rivendicando la positività di una operazione che, a suo giudizio “non scarica il costo dei salvataggi sui contribuenti“. Nella conference call del 5 mattina, l’AD di MPS, Marco Morelli ha comunicato che la banca ha recuperato nel primo trimestre di quest’anno una parte, pari a 5,5 miliardi, dei depositi persi durante la crisi.

Dopo le lunghe traversie, i numerosi aumenti di capitale bruciati e i cambi di governance, si chiude con relativa soddisfazione di tutti la vicenda di Monte Paschi.

Tuttavia, questa conclusione non mancherà di suscitare polemiche, anche forti, per il diverso trattamento riservato agli obbligazionisti sub di MPS, rispetto agli sfortunati possessori di titoli della specie delle due banche venete e delle quattro dell’Italia centrale, oggetto di (mala) “risoluzione” nel novembre del 2015.
Mentre i risparmiatori di MPS si ritroveranno con un rimborso medio attorno all’80%, oltre agli interessi percepiti nel tempo, per gli altri, gli stretti paletti previsti dal meccanismo di ristoro – già operante in particolare per gli agguerriti sottoscrittori di Banca Etruria – le restituzioni saranno ben più basse.

Anche se le situazioni sono differenti sotto l’aspetto giuridico, identica è la situazione dei risparmiatori cui semplicemente non dovevano essere venduti titoli con un profilo di rischio così elevato.

Con la campagna elettorale alle porte ed i referendum promossi per dichiarare la “specialità” degli Statuti regionali della Lombardia e soprattutto del Veneto, proteste e polemiche certamente cresceranno

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