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Né euroscettica, né grillina, né leghista. La sinistra secondo Enrico Rossi

Pubblichiamo il testo integrale dell’intervento di Enrico Rossi all’iniziativa di Articolo 1 – MDP, Restart, svoltasi oggi a Roma.

Condivido molto la relazione introduttiva che ha fatto Roberto [Speranza], condivido anche tanti interventi, tra questi quello di Provenzano. Credo, quindi, che con chiarezza si stiano ponendo le basi per il nostro lavoro.

Forse avremmo dovuto farlo prima. In politica i tempi hanno evidentemente un peso.

Mi convince molto l’impostazione di lavorare per un soggetto politico che si richiami esplicitamente al socialismo. La critica del capitalismo porta lì, a questo punto, cioè l’idea di una società diversa che regola il mercato.

Credo anche, come diceva Roberto, che l’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa è utile. Quindi, nessun recinto ideologico. Ad esempio su un tema recentissimo come questo dell’ecologia, su cui l’insegnamento di Papa Francesco è stato importantissimo, di recente.

E questo deve essere il nostro linguaggio, la nostra identità, il nostro bagaglio politico.

Per me, però, il socialismo aggiunge un punto, e cioè mette l’accento sul conflitto fra lavoro e capitale, lì individua il punto. Ecco perché mi convince anche l’idea che occorre lavorare, come diceva anche Roberto, per un partito del Lavoro per il futuro.

Io penso che tutto ciò che oggi è definito populismo sia il tentativo di nascondere la centralità di questo conflitto, sia il modo di sviare l’attenzione dalla centralità del conflitto fra capitale e lavoro così come oggi si presenta.

Su questo tema del socialismo io avevo scritto anche un volumetto, un paio d’anni fa, perché sono anch’io convinto che da lì si debba ripartire.

Vorrei limitarmi a portare un contributo.

Il primo è sull’Europa. Sarà perché vengo da questa iniziativa che si tiene a Firenze, The State of the Union. Le notizie sono negative: avremo un taglio pesantissimo alle politiche sociali, avremo più finanziamenti per la difesa, per l’immigrazione. Si profila una fortezza europea chiusa in se stessa, che alza i muri.

Pensiamo a cosa succederà con il contributo che l’Italia darà al gruppo di Farage, che nel frattempo è uscito, ha vinto la sua battaglia con la Brexit, o al gruppo di Visegrad. Io ho presente il Comitato delle Regioni: si allarga l’area euroscettica, sovranista, e si restringe quella socialista.

Non ho mai sentito da parte di quest’area euroscettica e sovranista una posizione sensibile alle questioni sociali e di rivendicazione di battaglie per gli investimenti, per i giovani, per lo Stato sociale o per i diritti dei lavoratori. Mai.

Noi con questo risultato elettorale daremo un forte contributo a questo gruppo, con i socialisti che rischiano di diventare terzi come appunto siamo diventati terzi anche noi, la sinistra e il centro sinistra in generale.

Io sono convintamente europeista, come diceva prima anche Roberto.

Ma se vogliamo combattere le speculazioni finanziarie, se vogliamo combattere l’evasione e l’elusione fiscale, il grande capitale delle grandi piattaforme digitali, pensiamo di poterlo fare in una dimensione nazionale? Io credo di no.

Sfugge secondo un’indagine fatta dall’università di Copenhagen, qualcosa come 600 miliardi di elusione dalle piattaforme digitali. E queste naturalmente si rifugiano nei paradisi fiscali che sono il Lichtenstein, l’Olanda etc.

Solo una dimensione europea può tassare al 20% e al 10% questa enorme ricchezza, che inizia a essere pari a quello che spendiamo in Europa in termini di coesione sociale.

Io penso che lì si svolge un’enorme battaglia e noi dobbiamo condurla a testa alta, con le nostre idee, con chiarezza, con convincimento. La Tobin tax sulle transazioni finanziarie nei vari paesi europei, pensate si possa applicare in una dimensione sovranista?

Io credo che nel capitalismo globalizzato l’Europa sia un’esempio: un continente che si è globalizzato senza regole, dove una prospettiva di socialismo, di battaglia politica, di battaglia sociale deve rimettere al centro un rapporto e un compromesso diverso tra capitale e lavoro.

La Tobin tax non la fermi in Italia, perché le transazioni si fanno pigiando un bottone. E se fai sfuggire da questo tipo di tassazione di ricchezza – che si produce a volte con poca occupazione – la capacità di regolamentazione, le nostre prospettive nazionali penso che ci trasformeranno in una Lega nazionale appena un po’ a sinistra.

Io credo che occorra anche qui grande radicalità, ma occorre anche grande chiarezza sulla dimensione dentro cui dobbiamo collocare la nostra battaglia.

Ha ragione Provenzano, non si tutelano meglio i diritti dei lavoratori e della parte più debole della popolazione, dei ceti popolari, in una dimensione che non sia quella europea. È lì che dobbiamo combattere fino in fondo. Anche lottando rispetto al tema del pareggio di bilancio, rispetto anche a tante questioni che sono state introdotte.

Io così penso. Credo di avere legittimità nel dire quello che penso e di dover dare qui dentro, se c’è bisogno, da qui al congresso, battaglia politica.

Non vorrei si cedesse nemmeno sul tema dell’immigrazione. Sento aleggiare culture che non mi appartengono. Quella scettica rispetto all’Europa, ma anche su questo tema.

Vedete, il decreto 78 del 2011, con Tremonti, ha bloccato i finanziamenti per le case popolari. In Toscana ne abbiamo 50.000, solo il 10% sono occupate da immigrati. E in Toscana gli immigrati contribuiscono per il 10% al fisco e alle entrate che si realizzano. Che problema c’è?

Per 10 anni noi abbiamo bloccato i finanziamenti verso il patrimonio pubblico, che è uno dei più bassi d’Europa. La Francia ne ha il 40%, la Germania anche oltre, e noi siamo al 6% nelle regioni migliori, dove contribuiscono le regioni stesse.

Io penso che dobbiamo combattere affinché si allarghi il patrimonio pubblico, non affinché si restringa. Altrimenti un giorno non solo ci restringeremo nei quartieri alti, ma davvero non potremo più incontrare gli immigrati che stanno nelle case popolari. Sarebbe una posizione singolare per la sinistra.

E, ancora, ho sentito parlare di Comuni, di Regioni. Sapete quanto sono stati dimezzati, ridotti i finanziamenti, le possibilità d’intervento a carico dei Comuni e delle Regioni.

E perché non si è cercato di mettere in testa il problema dell’immigrazione alla gestione dei Comuni e non delle prefetture, facendolo così diventare soltanto un problema di ordine pubblico. Forse le discussioni da astratte bisogna portarle a essere un po’ più concrete.

Io non vorrei un’Europa che si frammenta, che alza le frontiere, costretta da un lato da Trump e dall’altro da Putin, che paiono essere riferimento per le forze che hanno vinto queste elezioni. Riferimento piuttosto interessante.

E non vorrei un paese che si chiude in se stesso anche con il nostro contributo. O che perde la capacità, non solo di difendere i propri valori, ma di fare politiche concrete perché questi valori poi possano trovare delle soluzioni.

Penso che siamo davvero di fronte a un cambiamento di sistema. Hanno vinto forze che non hanno a che fare con il crogiolo costituzionale, con quella cultura anti-fascista che finora ha in qualche modo accompagnato la storia della Repubblica.

E forse si decreta anche la chiusura di una fase per quello che ci riguarda. La fase che è stata quella dell’incontro tra le grandi forze popolari. L’idea di puntare al centro dello schieramento sociale, dello schieramento politico.

A mio parere hanno vinto due estremismi. Uno è un estremismo sovranista, nazionalista, con una pulsione fascistica e razzista, che è quello della Lega; e un altro è un estremismo populista e interclassista, che ha i caratteri di sovversivismo rispetto alla Costituzione. Così io vedo. E non a caso si trovano, e non a caso s’incontrano.

Non siamo mica per criminalizzare nessuno, ma per prendere atto di questo cambiamento. Lo vediamo. Lo vediamo quando si celebrano i 25 aprile, quando si discute di questioni costituzionali.

Io sarei anche preoccupato del fatto che di partiti azienda non ce n’è solo uno in questo paese. E la democrazia interna di un partito si riflette anche nella democrazia che questo partito poi esercita quando assume responsabilità di governo.

Ma come possiamo reagire?

Io sono convinto che per noi si è esaurita anche l’idea di cercare verso il centro, perché la crisi ha messo così in tale difficoltà i ceti medi, il loro impoverimento, che – non avendo una proposta alternativa, razionale, socialista, progressista convincente; anzi, essendo stati spesso noi artefici di politiche riduttive, restrittive in tanti settori – lì si è trovata la promessa, lo sbocco. Verso la Lega da un lato.

Molti ceti medi, anche produttivi, che non stanno ad esempio attaccati alle dinamiche dell’export, al netto di loro, quelli che hanno un’esigenza di domanda interna, o che la legge 1, quella sulla concorrenza, ha messo in seria difficoltà e ha dato spazio ai grandi supermercati.

La corsa verso il centro non paga più.

Io sono d’accordo sull’idea che bisogna costruire un programma forte nei contenuti, molto robusto nei contenuti, molto radicale.

Credo che per il paese bisogna trovare finanziamenti per decine e decine di miliardi e che vanno trovati laddove ci sono, anche chiedendo un sacrificio ai ceti medio-alti, anche imponendo la patrimoniale. Per iniziare a operare quel riequilibrio, per iniziare a ridare in maniera corretta ed equilibrata in termini di ridistribuzione.

E questo programma sono convinto che debba essere sostenuto da uno schieramento ampio di forze.

Io non ho problemi di identità, né penso francamente di rientrare dalla finestra, anche perché sono uscito dalla porta tra i primi. Ma il problema di cosa accade nel paese in termini politici, qual è la proposta politica da avanzare, credo sia un problema che dobbiamo porci, non possiamo eluderlo.

Noi abbiamo davanti anche scadenze non banali. Le nostre posizioni nelle amministrazioni locali le diamo per perse? A proposito di cambiamento di sistema, basta dire che rischiamo in Toscana e in Emilia Romagna. Forse a qualcuno questo non dice nulla, a me dice ancora molto.

Non ne vogliamo ragionare di questo? Non è problema nostro, questo? E non è problema nostro tallonare e capire il dibattito che c’è dentro il Partito Democratico? E porre la questione che qui ha posto Roberto: dove volete andare? Ancora verso il centro? Ancora sotto l’egemonia renziana? Oppure pensate che si debba costruire un’alleanza plurale, di sinistra, dentro cui un partito del Lavoro, un polo di sinistra deve avere la sua forza, le sue garanzie, il suo peso.

Io credo che star fuori da questo dibattito e da questa prospettiva sarebbe per noi esiziale. Vorrebbe dire rinchiuderci in una posizione minoritaria e gruppettara che non può essere la nostra. Scusate la franchezza con cui mi esprimo.

Quindi, sì, andiamo avanti su questa discussione. Io mi auguro che si possa fondare un soggetto politico, presto, di Liberi e Uguali, tutti insieme, forte di questa identità, di questi ragionamenti, con un chiarimento interno sui temi politici, che ritengo possibile, dando battaglia politica, perché si può e si deve dare battaglia politica su questi temi a viso aperto.

E penso che una delle questioni fondamentali sia questa di quale prospettiva noi diamo.

Per non rinchiuderci, per non isolarci, per non sentirci puri da un lato e poi lasciare andare le cose per conto loro.

Ai compagni della sinistra della PD io vorrei porre questa domanda: ho sentito toni, accenti autocritici rispetto alle politiche fatte che finora non si erano ancora sentiti.

A me pare che risiamo tornati, per tanti aspetti, alla vicenda così come si sviluppò nel febbraio ormai di un anno fa, quando si doveva fare il congresso, qualcuno voleva discutere nel merito sui temi, per produrre un cambiamento di svolta nei contenuti economici e sociali.

Mi auguro anche che si riapra dentro la sinistra una discussione di questo tipo. E se poi questa discussione dovesse produrre un esito negativo, cosa vogliamo fare, continuare come prima?

Io penso che sarebbero maturi i tempi perché quella sinistra decida di costruire qualcosa di più ampio da mettere a servizio di questa alleanza democratica e sociale.

Qui il video integrale dell’intervento:

Assemblea nazionale di Articolo UNO – Movimento Democratico e Progressista
Oggi a Roma #Restart

Pubblicato da Enrico Rossi su sabato 12 maggio 2018

 

Foto in evidenza: Enrico Rossi interviene all’iniziativa di Articolo 1 – MDP, Restart.

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