Il cambiamento di Mattero Renzi si è fermato nella rottamazione di D’Alema? Quali sono gli orizzonti del suo progetto? Per assistere al dibattito referendario con serenità e profondità di tematiche trattate ci vorrebbe tutto un altro clima, tutta un’altra classe dirigente in campo, una nuova mentalità insomma. A partire dal Presidente del Consiglio Renzi che ha fin da subito personalizzato la competizione dopo aver delineato e concretizzato un percorso di riforme a dir poco controverso, partito con il patto extraparlamentare con Berlusconi e conclusosi con votazioni a botte di maggioranza (con Verdini al posto di Berlusconi).

Sul podio, però, non possiamo non inserire i grillini che, dopo aver speso tutte le loro forze in una campagna più anti-renziana che per il no al referendum, hanno deciso di dire una cosa molto chiara: Noi non ci alleiamo con nessuno! Vogliamo il proporzionale! Una chicca quest’ultima non di poco conto visto che l’Italia intera sta pagando gli esiti di entrambi i punti proposti: Per non parlare della velocità con la quale hanno perso il controllo delle problematiche (esistenti già in passato, ovviamente) della città di Roma.

E allora? Dove rivolgiamo con serenità e speranza il nostro sguardo? Massimo D’Alema?…anche no. Premetto, non ho nulla contro e penso sia una delle persone più acute del panorama politico italiano, ma non è concepibile che il vuoto a sinistra di Renzi sia così drammatico da essere colmato da un personaggio che sfrutta la battaglia referendaria per astio personale e cercando di dividere tanto quanto lo fa il Segretario del Partito.

Aggiungiamo poi lo scontro a destra tra un Parisi che tenta, con ottime ragioni ma probabilmente invano, di prendere le redini di una coalizione di impresentabili e finisce per litigare con Razzi, gli scivoloni grammaticali e di politica economica dei vari geni Sibilia e Di Maio e, infine, un folle vestito di felpe verdi che gira l’Italia a suon di dirette streaming inquietanti su Facebook (degne dei più terrificanti horror d’autore) per mostrare gli immigrati che sono l’unico vero problema di questo paese.

Qual è il risultato? Che al prossimo referendum probabilmente andrà a votare pochissima gente e che se non cambia la classe politica, attraverso una vera e radicale riforma istituzionale e dei partiti politici (si parla di selezione della classe dirigente) la situazione entrerà in un cortocircuito inarrestabile.
Siamo arrivati a questo punto perché nel vuoto della politica si sono inseriti dei leader e delle forze politiche che hanno cavalcato il dramma dove ci aveva portato chi c’era prima di noi che ha due colpe gravi: non aver saputo gestire i cambiamenti mondiali in atto e non aver saputo combattere la corruzione dilagante, bensì arrivandoci spesso a patti aumentando la polvere che si nasconde nel sottoscala di questa Repubblica.

E allora in quest’ottica quale è l’orizzonte del Partito Democratico?
Su questo argomento sono tre gli errori che imputo a Matteo Renzi:
– Aver costruito il suo percorso politico su parole d’ordine sbagliate, a non aver rispettato ciò che veniva promesso.
– Aver governato il partito e il paese senza dare una prospettiva, senza spiegare il punto di vista delle sue scelte.
– Essersi immedesimato totalmente in quell’establishment e in quell’ideologia economica e politica dilagante che ci ha portato fin qui e che non riesce a farci uscire dalla crisi.

Dove è finita la promessa di stravolgere la politica italiana? Dove è finita la promessa di rottamare la classe dirigente corrotta e stanca di questo paese? O tutto questo si concretizzava semplicemente nel rottamare massimo D’Alema?
Non credo che questa sia la prospettiva giusta. Credo ci sia bisogno di tornare a parlare di quella maggioranza invisibile a cui nessuno più da anni pensa, ai ragazzi senza lavoro o che lavoro neanche più lo cercano per disperazione, ai professori italiani da troppo tempo sfregiati nel loro orgoglio, ai tanti artigiani e imprenditori sani che fanno fatica a resistere alle morse di una crisi dalla quale il governo e l’Europa ancora non riescono a tirarli fuori.

E’ arrivato il momento di tornare a parlare con parole tanto nuove quanto vecchie, parole in disuso da così tanto tempo da risultare innovative, per far tornare a scaldare i cuori di un popolo, quello del centrosinistra, che ha bisogno di rimettersi in cammino ridisegnando e sognando un orizzonte migliore e diverso per i prossimi decenni. E per far questo non basta rottamare D’Alema e non bastaunSì.

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